di Ciro Scotto
La separazione dell’anima dal corpo viene associata prevalentemente al concetto definitivo di morte. Tuttavia esistono esperienze particolari in cui l’anima di un soggetto può temporaneamente uscire dal proprio involucro materiale per poi farvi di nuovo ritorno. Si tratta di esperienze di cui le religioni e le tradizioni di ogni tempo e luogo già riportano nei loro testi sacri e filosofici.Nell’antichità, letterati e filosofi come Socrate, Plotonio, Platone, Plinio e Plutarco ci narrano di esperienze fuori dal corpo. In particolare, Plotonio afferma di aver vissuto tale esperienza più volte; Platone, invece, nel suo dialogo La Repubblica ricorda l’esperienza extrasomatica di Ero.
Nell’induismo, le Upanishad narrano spesso di grandi iniziati capaci di uscire dal proprio corpo fisico e compiere viaggi verso altri piani di realtà tramite un secondo corpo immateriale, più “sottile”, detto corpo astrale, dal quale si dipartirebbe un cordone che lo terrebbe legato al fisico. Così come nel libro Ecclesiaste della Bibbia (tradizione giudeo-cristiana), al versetto 12,6, si legge proprio di un “cordone d’argento” che terrebbe unita l’anima al corpo. I riti di iniziazione al culto di Mitra prevedevano viaggi astrali. Ancora, nel Libro Tibetano dei Morti si parla di un doppio (corpo bardo) capace di uscire dal corpo fisico. Nella tradizione egizia, invece, ogni uomo possedeva ben quattro anime, di cui una corrispondente al corpo astrale (ba), raffigurata come un uccello dal volto umano. Inoltre, sia nel Buddismo Mahayana che nell’antica tradizione cinese si riconosce la capacità di poter provare esperienze extracorporee in seguito a pratiche meditative. Ed esperienze fuori dal corpo vengono anche riportate da stregoni e sciamani di vari culti tribali.
Negli ultimi anni poi, con la nascita del movimento New Age (successivamente Next Age), il fiorire di numerosi libri sull’argomento e l’avvento di internet, il concetto di esperienza fuori dal corpo o viaggio astrale ha subìto oltre che una diffusione spropositata anche una distorsione del suo significato, presentatoci sotto una forma piuttosto grottesca che ha poco a che vedere con la serietà e la profondità di tale fenomeno.
Cos’è precisamente dunque un’esperienza extracorporea oppure OBE (acronimo dell’inglese Out of Body Experience), talvolta chiamata anche proiezione, sdoppiamento o viaggio astrale?
Si definisce OBE un’esperienza in cui un soggetto percepisce il proprio io al di fuori del proprio corpo fisico. Questo tipo di esperienza può avvenire in seguito a svariate cause, come un incidente, una malattia, periodi di stress, ma anche spontaneamente durante il sonno o addirittura in seguito ad un atto volontario. E proprio in base alle cause che ne provocano il fenomeno, si può subito fare una distinzione tra le OBE vere e proprie e le cosiddette NDE (Near Death Experiences) o esperienze di pre-morte, che invece riguardano pur sempre esperienze extracorporee ma propriamente di soggetti che si vengono a trovare in situazioni molto critiche o addirittura in punto di morte e che, una volta rianimati e quindi “tornati alla vita”, riferiscono poi non solo di essersi ritrovati fuori dal proprio corpo e di averlo visto dall’esterno (autoscopia), ma anche di aver vissuto esperienze in luoghi particolari e con entità di altre dimensioni. Possiamo quindi inglobare le NDE sempre nel filone più generico delle OBE, cioè delle esperienze extra-corporee, ma facendo attenzione a non ritenerle soltanto tali, in quanto si tratta di esperienze ancora più complete e più estreme.
Inoltre, per essere ancora più precisi, andrebbe fatta un’ulteriore distinzione tra i termini OBE e viaggio astrale, in quanto il primo è più generale mentre il secondo è tipico delle proiezioni ambientate nel cosiddetto piano astrale. Ma per comprendere meglio questa differenza e anche la dinamica precisa di queste esperienze è opportuno fare prima un piccolo approfondimento su quella che potremmo definire la struttura fisio-energetica dell’uomo riportata (seppur con nomi diversi) dalle varie mistiche di tutto il mondo presentandola anche in relazione ai vari piani di esistenza.
L’uomo sarebbe in effetti un’entità molto complessa costituita da sette “corpi”: tre superiori (spirituali) e quattro inferiori detti della personalità. Per spiegare la dinamica di una OBE o di un viaggio astrale sarà sufficiente prendere in considerazione soltanto i quattro corpi inferiori della personalità, per i quali useremo nomi che oggi possono essere definiti universali, in quanto largamente diffusi dal movimento New Age, e quindi più “familiari” al vasto pubblico, e che elenchiamo qui in ordine dal più “denso” al più “sottile”: corpo fisico, corpo eterico, corpo astrale e corpo mentale (inferiore).
Il corpo fisico, il più “denso”, è quello che noi tutti conosciamo e che spesso viene identificato con l’intero essere umano. È il corpo tangibile, costituito di materia ordinaria, che ci permette di fare esperienza del mondo fisico attraverso i cinque sensi fisici (vista, udito, olfatto, gusto e tatto).
Il corpo eterico, meno denso del fisico, non è un vero e proprio corpo. Possiamo paragonare il corpo eterico a una sorta di campo in cui è strutturata l’energia vitale (prana, chi, pneuma, ka, ecc..) di un uomo, la quale circola in un sistema molto complesso formato da centri energetici (chakras) e da canali (meridiani), simile all’apparato circolatorio sanguigno. Il corpo eterico è detto anche corpo vitale perché dà vita al corpo fisico ed è responsabile della sua struttura: l’eterico è il campo che dice alle cellule fisiche come disporsi. La morte del corpo fisico infatti avviene soltanto con la rottura del cordone d’argento e la definitiva separazione del corpo eterico da quello fisico.
Il corpo astrale, meno denso dell’eterico, è composto di materia astrale, cioè appartenente almondo astrale che possiamo immaginare come un piano di realtà o una dimensione con una “vibrazione” propria superiore a quella in cui “vibra” il mondo fisico, e che quindi coesiste con esso ma senza interferirvi. Il corpo astrale è anche detto corpo emozionale perché, filtrando le informazioni provenienti dall’ambiente esterno, percepisce ed elabora sensazioni ed emozioni.
Il corpo mentale (inferiore), meno denso di quello astrale, corrisponde a quella che noi tutti chiamiamo mente, cioè la sede delle facoltà e attività intellettive e conoscitive dell’uomo.
Dopo questo breve approfondimento sulla struttura fisio-energetica dell’uomo e dei relativi piani di esistenza, possiamo finalmente descrivere l’effettiva dinamica di una proiezione, che esporremo prima da un punto di vista “esoterico” e successivamente da un’ottica accademico-scientifica.
Il corpo responsabile dello sdoppiamento è il cosiddetto corpo astrale. Durante lo stato di veglia e durante la fase di sonno profondo (senza sogni), il corpo astrale combacia quasi perfettamente col corpo fisico, uniti insieme tramite il corpo eterico. Ma nella fase di sogno, cioè la fase REM (acronimo diRapid Eye Movement), il legame tra il complesso fisico-etericoed il corpo astrale “si allenta”, permettendo così la separazione o fuoriuscita del corpo astrale da quello fisico, il che avviene inconsapevolmente più volte al giorno. Si parla però più propriamente di “esperienza” extracorporea soltanto quando il soggetto è consapevole dello stato in cui si trova. Questa separazione può essere considerata come un processo naturale di ricarica energetica del corpo fisico, il quale infatti durante il giorno, in seguito alla sua attività, consuma energia eterica o vitale che quindi dovrà poi essere recuperata attraverso l’esposizione del corpo astrale all’ambiente esterno che invece risulta sempre essere pregno di questa energia.
La maggior parte delle esperienze fuori dal corpo, quindi, avviene in maniera del tutto involontaria, anche se esistono modi e tecniche per indurle volontariamente. Di solito il punto di partenza di uno sdoppiamento involontario sembra essere quel particolare tipo di sogno detto “sogno lucido” in cui ci si rende conto di stare appunto sognando. Di qui il passo da fare per tramutare un sogno lucido in una OBE è davvero breve, basta infatti che il soggetto acquisisca maggior consapevolezza per “sintonizzarsi” sullo stato superiore di OBE.
Tuttavia in ogni OBE, a seconda dello stato di coscienza del soggetto, vi può essere una certa deformazione onirica degli eventi. E come già accentato in precedenza, si parla di OBE quando l’esperienza extrasomatica è ambientata sul piano fisico, mentre si parla più propriamente di viaggio astrale quando ambientata sul piano astrale.
Per quanto riguarda le proiezioni volontarie esistono svariate tecniche, ma occorrerebbe in merito una trattazione molto ampia che però esula da quelli che sono gli scopi del presente articolo. Esistono comunque numerosi libri che trattano di OBE e che illustrano tecniche per indurle, tra i quali segnaliamo al lettore il primo libro di Robert Allan Monroe, considerato da molti come uno tra i migliori testi sull’argomento.
Robert Monroe è stato un vero e proprio pioniere del XX secolo nel campo delle esplorazioni extracorporee. In circa trent’anni di pratica ebbe numerosissime esperienze fuori dal corpo, descritte con grande minuziosità nei suoi libri, per le quali elaborò una sua personale teoria senza fare mai uso della terminologia “esoterica”, ma coniando termini propri e affrontando la questione più da un punto di vista scientifico. Chiamò il corpo responsabile degli sdoppiamenti (corpo astrale) semplicemente col nome di “secondo corpo”, e ne elencò e descrisse tutte le caratteristiche da lui osservate. Anche per i vari piani di esistenza adottò una sua terminologia. Egli individuò tre “dimensioni” da lui chiamate: localizzazione 1 (olocale-attuale), localizzazione 2 e localizzazione 3. La localizzazione 1 coinciderebbe con il livello energetico più alto del piano fisico, la localizzazione 2 invece col famoso piano astrale, mentre la localizzazione 3 si potrebbe definire più come una sorta di universo parallelo, molto simile al mondo fisico ma con delle leggi proprie leggermente differenti a quelle fisiche.
Le sue esplorazioni nel “secondo stato” (così Monroe chiamava la condizione di sdoppiamento) attirarono l’interesse di molti studiosi, tra i quali ricordiamo soprattutto il dottor Charles Tart, anche autore della prefazione del già succitato primo libro di Monroe.
Tart effettuò il primo esperimento, nel pieno rigore del metodo scientifico, sull’esteriorizzazione della coscienza, realizzato presso l’Università Davis in California,avvalendosi della collaborazione di un particolare soggetto femminile. Nell’esperimento, mentre un elettroencefalografo le misurava l’attività cerebrale, questa doveva addormentarsi ed uscire dal proprio corpo e sempre in tale stato spostarsi per vedere l’orario su di un orologio posto sopra un ripiano abbastanza alto (lontano dalla portata della sua vista fisica) e leggere poi un numero di cinque cifre scritto a caso da Tart su un biglietto. La donna, dopo circa due notti, riuscì a leggere sia l’ora che il biglietto e si notò che effettivamente, a quell’ora, l’elettroencefalogramma aveva un andamento irregolare. Tart ed i suoi collaboratori conclusero che sicuramente qualcosa di singolare era accaduto, ma non arrivarono a nulla di conclusivo sul fenomeno.
Dopo Tart, vi sono stati numerosi altri scienziati che si sono interessati al fenomeno OBE e che, grazie alla collaborazione di soggetti capaci di sdoppiarsi spontaneamente o in modo volontario, hanno potuto raccogliere dati ed elementi necessari per realizzare uno studio accurato sul fenomeno, ed alcuni di essi sono riusciti realmente a riprodurlo nell’ambiente rigoroso di un laboratorio sperimentale. La domanda fondamentale alla quale si cerca di dare una risposta tramite questi studi è sempre la stessa: «Vi è realmente uno “spostamento” nello spazio di una parte non-fisica del soggetto, oppure egli immagina solamente di uscire dal suo corpo?». Cioè, dal momento che è indubbia la realtà soggettiva del fenomeno, l’obiettivo principale resta quindi di capire e dimostrare se le esperienze fuori dal corpo possano essere realmente tali, e quindi abbiano una certa realtà oggettiva, oppure siano addirittura soltanto frutto dell’immaginazione di chi le sperimenta, o il risultato di un’alterazione percettiva che avverrebbe in particolari stati diversificati di coscienza, magari dovuti all’effetto di qualche disfunzione a livello cerebrale o indotti dall’uso di particolari sostanze.
A tal riguardo, è da menzionare lo studio condotto da Karl Jansen, farmacologo e psichiatra del Maudsley Hospital di Londra, il quale osservò che le percezioni descritte da coloro che affermano di aver avuto un’esperienza extrasomatica somigliano molto alle allucinazioni indotte da una sostanza nota col nome di ketamina. Precisamente si tratta di un farmaco, sintetizzato nel 1962, usato per decenni in chirurgia come anestetico generale. Oggi però il suo impiego legale, a causa delle forti proprietà allucinogene e dei suoi pericolosi effetti sul sistema nervoso centrale, è limitato soltanto all’ambito veterinario. La ketamina viene tuttavia ancora usata illegalmente da alcuni individui come droga e induce stati alterati di coscienza che ricordano non soltanto le esperienze extracorporee, ma anche le NDE (tunnel buio verso una sorgente di luce, rivisitazione di episodi della propria vita, ecc… ). Questa sostanza, secondo Jansen, produrrebbe allucinazioni nel cervello, perché blocca i recettori del neurotrasmettitore glutammato, il quale ha un ruolo importante nei processi della percezione, della memoria e del pensiero cosciente. In particolare, se una persona non riceve abbastanza ossigeno o ha una carenza di zuccheri, i suoi neuroni potrebbero produrre grandi quantità di glutammato che così diverrebbe tossico per le cellule del cervello. A questo punto Jansen ipotizza che probabilmente i neuroni stessi, per prevenire i danni, rilascino anche delle molecole in grado di bloccare i recettori del glutammato, svolgendo così la stessa funzione della ketamina. E questa ipotesi sembra essere avvalorata dal fatto che la maggior parte delle esperienze extracorporee avvengono soprattutto d’estate in individui asmatici, che quindi a causa di una respirazione scorretta subirebbero una sorta di “intossicazione” del cervello dovuta proprio ad una carenza di ossigeno e ad un accumulo di anidride carbonica. Ma l’ipotesi di Jansen, non trovando finora alcuna conferma sperimentale, resta anch’essa ancora soltanto tale.
Anche la psicologa Susan Blackmore, dell’Università inglese del West England, a Bristol, si è dedicata per anni allo studio delle OBE e alla sperimentazione personale di esperienze di esteriorizzazione indotte con l’aiuto di sostanze psicotrope e svariate tecniche di meditazione. Secondo la Blackmore, una OBE ha luogo quando una persona perde contatto con gli input sensoriali provenienti dall’ambiente esterno ma rimane tuttavia cosciente. La risposta del cervello alla mancanza di dati esterni da elaborare sarebbe così quella di creare autonomamente “falsi input”, provenienti anche dalla memoria, creando così una realtà esterna illusoria. Il soggetto, quindi, oltre a conservare la sensazione di possedere un corpo, percepirebbe anche l’esistenza di un mondo molto simile a quello in cui vive da sveglio, ritenendo così la sua esperienza reale. In definitiva quindi, possiamo dire che, per la Blackmore, una OBE sarebbe in tutto e per tutto soltanto un sogno lucido, ma con una “chiarezza mentale” ancora maggiore. Ma anche questa resta soltanto un’ipotesi ancora tutta da dimostrare.
Va infine menzionato lo strano collegamento che esisterebbe tra le OBE e il fenomeno delle cosiddette “paralisi nel sonno”. Infatti, nelle fasi che subito precedono o seguono un’esperienza extrasomatica si riscontrano spesso fenomeni quali la cataplessia (perdita del tono muscolare), le allucinazioni ipnagogiche o ipnopompiche (sogni non-REM) e le paralisi nel sonno, che sono anche i tipici sintomi di alcune “malattie del sonno”, tra le quali citiamo la famosa narcolessia. In queste fasi, il soggetto si troverebbe in uno stato di dormiveglia in cui una parte del cervello è cosciente, riconoscendosi dunque sveglio, mentre la parte deputata al movimento verrebbe disinibita, come nel normale sonno, per evitare movimenti fisici involontari che tendano ad imitare le azioni del sogno. Di qui la sensazione di immobilità, di sentirsi toccati sul petto e così via. Contemporaneamente inoltre, come dicevamo, si verifica anche il fenomeno delle cosiddette allucinazioni ipnagogiche o sogni non-REM. Si tratta di sogni, molto simili ad allucinazioni, che avvengono nella fase di sonno profondo e che vengono percepiti dal soggetto come esperienze reali, spesso terrificanti: si ha la sensazione di essere completamente svegli e tutto quello che accade intorno, per quanto poco probabile, appare terribilmente vero.
Le esperienze fuori dal corpo sembrano quindi mettere in crisi lo stesso concetto di realtà. Ma cos’è la realtà? E cosa si intende invece per allucinazione?
Molto sommariamente, si tende a ritenere una certa cosa come reale soltanto quando questa possiede una certa oggettività, cioè quando la sua esistenza è verificabile da chiunque (realtà oggettiva), ossia quando è comunemente vissuta o sperimentata da tutti; mentre si tende a liquidare come “allucinazione” un’esperienza pur sempre realmente vissuta, ma soltanto dal soggetto che la sperimenta (realtà soggettiva), e quindi non riscontrabile o dimostrabile all’infuori di esso. L’allucinazione, pertanto, non è un fenomeno che riguarda qualcosa di completamente inesistente o del tutto irreale (come molti erroneamente pensano!), ma riguarda invece qualcosa che comunque esiste, seppur soltanto nel mondo interiore del soggetto sperimentante, il quale molto probabilmente in seguito ad un’alterazione del suo stato di coscienza perviene alla percezione di altre realtà che vanno ben oltre quella comunemente sperimentata da tutti gli altri individui che invece permangono nel comune e ordinario stato di veglia: in poche parole, un’allucinazione potrebbe senz’altro rivelarsi come qualcosa di reale e di concreto, però su di un piano coscienziale non ordinario, appartenente cioè alla cosiddetta sfera extra-sensoriale delle possibilità umane.
Vi è pertanto un errore di fondo nel considerare reale soltanto ciò che ha valore di oggettività, trascurando spesso di considerare il fatto che, molto probabilmente, una cosiddetta “allucinazione” percepita da un determinato soggetto cesserebbe di essere considerata come sinonimo di irrealtà dal resto degli individui “esterni” ad esso, non appena tutti questi venissero a trovarsi nelle sue medesime condizioni percettive, e poter così sperimentare tutti insieme la stessa“allucinazione collettiva di massa”… o realtà?
di Ciro Scotto
“OBE: realtà o immaginazione?”, di Ciro Scotto, è un articolo protetto sotto licenza:
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