La ricerca, guidata dalla psicologa Anita Kelly, è stata condotta su circa un centinaio di volontari, divisi in due gruppi: a metà di loro è stato detto di evitare di dire bugie nel corso della giornata, mentre al gruppo di controllo non è stato detto nulla di particolare.
I partecipanti si presentavano una volta alla settimana ad una visita medica, nella quale venivano rilevate le loro condizioni generali di salute. Nel frattempo venivano anche sottoposti ad un test con la "macchina della verità", per verificare quante volte avessero mentito, e su che cosa di preciso, nel corso della settimana.
E' risultato - conclude ricerca - che coloro che dicevano anche solo tre "bugie bianche" in meno alla settimana miglioravano decisamente il loro stato di salute, rispetto al gruppo di controllo.
Questa ricerca, condotta con il rigoroso metodo scientifico del doppio cieco, apre la strada ad una serie di interessanti riflessioni.
La prima è che conferma in pieno ciò che la scienza stessa si rifiuta ostinatamente di riconoscere da molti decenni: la complessa interazione mente-corpo ... nella quale l'essere umano ci appare sempre di più come una manifestazione sul piano fisico di qualcosa che accade ad un livello molto più sottile, e per noi intangibile.
Il medico ti offre la soluzione a livello fisico - la pillola du jour contro l'ansia e la depressione - ma si dimentica regolarmente di dirti "Mi raccomando, la smetta di raccontare palle a sua moglie".
La seconda riflessione è che si debba ricorrere alla "macchina della verità" per assicurarsi che il soggetto non abbia mentito nel corso della settimana. Come è noto, la "macchina della verità" è in grado di rilevare le variazioni di tipo elettrico che avvengono nel nostro corpo nel momento in cui diciamo coscientemente una bugia. Come disse un antico greco, "Voi mentite sapendo di mentire". Ma questo esclude automaticamente tutte le bugie che diciamo più o meno inconsciamente, e che sono, a mio parere, quelle più importanti.
Una cosa è dire "amore, ero con gli amici al bar a giocare a biliardo" mentre stavi intruppato con l'amante nel motel in tangenziale. Ben altra è dire "io sono una persona disposta a cambiare opinione in qualunque momento", quando in realtà sei vittima di una tale quantità di scivoli mentali - che tu stesso ti sei imposto - che ti precludi già in partenza l'accesso ad opinioni diverse dalla tua.
Qui ovviamente si apre un capitolo enorme, dove bisogna valutare in che modo, per quali ragioni e fino a che punto ciascuno di noi arrivi a mentire se stesso, in modo più o meno inconscio, pur di mantenere l'equilibrio mentale necessario ad affrontare serenamente la vita quotidiana. In altre parole, il soggetto rischia di stare peggio togliendogli la protezione che la bugia gli offre, oppure continuando a vivere all'interno di quella bugia?
Bisognerebbe quindi prendere il soggetto, e sottoporlo ad un confronto forzato con certe verità che lui evita di riconoscere, per poi valutare se stia davvero meglio, oppure molto peggio.
E' probabile che la risposta giusta sia la seconda.
La ricerca dell'Indiana quindi ha soltanto grattato la superficie del problema. Le bugie che contano non sono quelle del tipo "no, non ho mangiato cioccolato" quando hai la maglietta sporca di Nutella persino sulla schiena, ma sono quelle del tipo "non è possibile che gli americani si siano fatti una cosa come quella dell'11 settembre", quando non sappiamo fino a che punto il soggetto sia cosciente della falsità della sua affermazione.
Mentire a se stessi fa molto più male che mentire a tutti gli altri.
L'ultima riflessione è semplicemente una battuta, per chiudere in leggerezza: ma scusate, se è vero che dire le bugie fa male, i muti non dovrebbero scoppiare tutti di salute?
Massimo Mazzucco
Nessun commento:
Posta un commento