"THE END"

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venerdì 16 novembre 2012

Psicologia del manifestante e del celerino

Chi scrive aveva un nonno carabiniere che mai si sarebbe prestato a picchiare ragazzini e padri di famiglia, per usare le parole di Beppe Grillo, nel corso di una manifestazione simile.


di Marco Martini

Nel corso dello sciopero europeo indetto da numerose sigle sindacali continentali per protestare contro le misure d’austerity imposte dall’UE e dai governi – si è manifestato da Londra ad Atene, da Berlino a Lisbona – si sono verificati numerosi atti di violenza che, al di là della "vulgata" comune e dei mantra dei politici (che suonano ovunque come: "legittimo manifestare pacificamente ma ogni atto di violenza va condannato"), segnalano quanto sia alta la febbre sociale nelle popolazioni del vecchio mondo.

Gli studenti, in quanto in primo luogo giovani, hanno ovviamente espresso i maggiori ardori, ma al di là di una questione pressoché fisiologica, va registrato un aspetto psicologico non secondario che accomuna una vasta fascia di popolazione, che va suppergiù dai 15 ai 35 anni: la totale incertezza relativa al proprio futuro.

L’ultima generazione ad aver affrontato una crisi di prospettive di questa ampiezza è stata quella che, tra gli anni ’30 e ’40, è stata schiacciata dalla Grande Depressione prima e dalla Seconda Guerra Mondiale poi (speriamo che questo tetro ricorso storico non si verifichi nuovamente).

Il "trentennio glorioso" post-bellico e il successivo trentennio (o poco meno) finanzcapitalistico – in mezzo, i vanagloriosi anni ’80 con la loro onda lunga socio-culturale – avevano fornito ai propri giovani un percorso di futuro facilmente percorribile in base alle proprie inclinazioni, possibilità e personalità. I gruppi di protesta, in quel periodo storico, assumevano proporzioni variabili, anche di notevole entità, ma non riuscivano mai a rappresentare tout court la gioventù alla quale si rivolgevano, vuoi per le politiche di piena occupazione dell’epoca keynesiana, vuoi per la brillante propaganda liberista del periodo thatcheriano-raeganiano, rafforzata da una fase di crescita ancora presente seppur inferiore a quella del trentennio precedente. 


In questa fase calante del capitalismo, con tutti i suoi chiari di luna, la gioventù è indubbiamente tra i settori sociali più mal messi: la scuola è stata trasformata in un "centro di addestramento" – male in arnese – per futuri lavoratori precari, a progetto o anche autonomi dalle scarse possibilità di affermazione sociale. Il mercato del lavoro dal canto suo è stretto nella morsa dell’austerità e della recessione, e presta il fianco a nugoli di profittatori che offrono contratti semi-schiavistici anche a laureati in discipline un tempo ritenute di primario interesse nazionale (si pensi ai molti giovani ingegneri o ricercatori pagati una miseria con contratti debolissimi per svolgere spesso i lavori più gravosi all’interno di aziende, laboratori e grandi studi professionali). La disoccupazione giovanile, peraltro, ha toccato livelli esorbitanti: in Italia si attesta attualmente al 35%, contro il 18,6% del 2007. L’aspetto ancor più preoccupante è che di questi giovani disoccupati circa un terzo si è ormai rassegnato a non trovare uno straccio di lavoro stabile, e quindi, di riflesso, a vivere una vita di espedienti, o di mansioni occasionali ad ogni condizione salariale.


Oltre a ciò, i ragazzi oggi subiscono l’assalto dei media a loro indirizzati, che esasperano la vanagloria materialista degli anni ’80 portandola a livelli parossistici e grotteschi, se confrontati con il reale stato delle cose negli anni ’10 del XXI secolo.

I video musicali delle stelle dell’hip hop, del pop o dell’R&B (da non confondere con l’identico acronimo del rythm and blues di metà ‘900) propagandano un mondo di rapporti superficiali, esibizionismo e ostentazione del lusso, che fa da contraltare al panorama desolante che si apre di fronte ai nostri giovani, offrendo loro una fuga dalla realtà (interessata, considerato che i produttori di questa musica commerciale sono grandi gruppi transnazionali detti "major") e un modello di vita conforme alle necessità consumistiche del sistema capitalistico. Offre loro, inoltre, l’aridità e la superficialità come valori, risultando in questo senso ancor più dannosa e pericolosa nel lungo periodo.

L’aspetto positivo è che questo sistema massmediatico giovanilista da "incantatori di serpenti" ha mostrato il fianco proprio ieri, nelle enormi e numerosissime manifestazioni di piazza svoltesi in tutta Europa. Segno che l’umanità non è ancora così schiava delle chincaglierie massmediatiche globali come siamo portati a credere, e che di fronte a un futuro fatto di lavori occasionali, disoccupazione cronica e incertezza fino all’età matura, la gioventù è ancora in grado di svegliarsi ed alzare la testa. In questo senso, sarà importante vedere cosa accadrà nelle prossime occasioni, considerato che lo sciopero europeo è stato un successo enorme e forse inatteso, e verrà sicuramente replicato.

Il giorno dopo, non mancano anche le denunce – spesso supportate da documenti video e fotografici – delle violenze gratuite commesse dai cosiddetti "celerini" nei confronti dei manifestanti, sia in Italia che in Europa (soprattutto in Spagna). Se nel caso degli studenti abbiamo la reazione, a volte rabbiosa, nei confronti di un futuro che appare sempre più nero ed incerto, dall’altra parte abbiamo un mondo più enigmatico, celato anche metaforicamente dietro caschi e tenute anti-sommossa.

Chi scrive aveva un nonno carabiniere che mai si sarebbe prestato a picchiare ragazzini e padri di famiglia, per usare le parole di Beppe Grillo, nel corso di una manifestazione simile.

E non sto parlando di un sindacalista “rosso”, ma di una persona che amava il suo lavoro e si metteva a servizio della cittadinanza. Penso altresì che persone come lui ce ne siano ancora molte, nelle nostre forze dell’ordine.

C’è però una componente che deve possedere un profilo psicologico molto più particolare.

I tagli alla spesa subiti dalle forze dell’ordine nel corso degli anni sono noti a tutti, così come l’esiguità degli stipendi di poliziotti, carabinieri e guardie di finanza, specie se rapportata alla pericolosità del loro mestiere. Nonostante tutto, e nonostante nelle piazze si trovi ormai di tutto, non solo militanti anarchici o marxisti, ma anche casalinghe, impiegati, pensionati, ragazzini delle scuole medie inferiori, i cosiddetti "celerini" non fanno una piega e si distinguono spesso e volentieri per la loro brutalità. In un caso simile possono esserci ben poche spiegazioni: la prima, è che si tratti di persone che amano la violenza, o che comunque possiedano una vena di sadismo che “esplode” nei momenti di maggiore stress (durante le cariche, ad esempio).

L’altra spiegazione è che abbiano un culto maniacale dell’ordine costituito, che confermerebbe il pensiero comune secondo il quale i celerini sarebbero tutti simpatizzanti (o militanti) dell’estrema destra. Questo però fa a pugni (mai modo di dire si rivelò più azzeccato…) con i fatti di cronaca di ieri, che registrano tafferugli tra forze dell’ordine e militanti di Casapound, gli autoproclamatisi “fascisti del Terzo Millennio”. 

O esiste un’aperta ostilità tra fascisti classici (paleo-fascisti?) e quelli del terzo millennio, oppure la maniacalità verso l’ordine costituito non è dipendente, almeno in modo diretto, da un riconoscersi nell’ideologia fascista. È più probabilmente uno strizzare l’occhio al conservatorismo radicale, che impone, quasi compulsivamente, la difesa ad ogni costo del sistema così com’è, a prescindere da chi effettivamente si trovi al potere.


Tanto da divenire di fatto patologica, dal momento che va contro i loro stessi interessi di dipendenti pubblici, gravemente penalizzati dai tagli compiuti da questo e dagli altri governi. Fa bene Grillo ad appellarsi alle forze di polizia, chiedendo loro di unirsi alle proteste e non di ostacolarle: la speranza, in tal senso, è che la parte "sana" delle forze dell’ordine, riconosciuta la validità di contenuti di chi chiede più garanzie per sé e per i propri cari, a dispetto del caos organizzato dell’ultraliberismo, prenda le distanze dai difensori del sistema "ad ogni costo", e prenda una posizione chiara e forte. Questo potrebbe essere l’inizio di una vera e propria Rivoluzione – i moti di piazza hanno quasi sempre bisogno di un "avvallo" di almeno parte dei militari e delle forze dell’ordine per potersi concretizzare – che prima ancora che istituzionale dovrà essere culturale.

Perché se oggi ci troviamo di fronte ad un tunnel buio, una ragione c’è ed è conseguenza diretta del Pensiero Unico, della sua soffocante tirannia psichica.

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