"THE END"

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mercoledì 14 novembre 2012

Filosofia del giornalismo

Riporto integralmente un articolo di Piergiorgio Odifreddi su un tema caldo di questi giorni,
dal titolo: Filosofia del giornalismo.
A onor del vero avevo in bozza un post sullo stesso tema e dello stesso tenore, anche se impostato
più sull'ironia e sul sarcasmo.
Troppo spesso si difendono delle posizioni in modo aprioristico, senza riflettere. La cosiddetta "libertà di parola" non è più un concetto, ma una specie di contenitore, dentro il quale ognuno mette quello che gli pare. Si dovrebbe invece riconoscere che questo "contenitore" non è fatto per contrabbandare
per informazione ciò che invece non ha nulla a che fare con essa.
Vorrei sottolineare che tale legge è stata approvata in Senato solo grazie al fatto che è
stato utilizzato il voto segreto.
Questa osservazione mi dà lo spunto per scrivere che in Italia abbiamo due Camere e due Senati: palesi e segreti a due a due. Che spesso hanno idee inconciliabili tra loro, in ordine sparso.

I giornali riportano la notizia che il Senato ha approvato una legge sulla responsabilità dei giornali nel riportare le notizie. Il problema “filosofico” che si pone è se il fatto di essere parte in causa non impedisca ai giornali di essere obiettivi nel riportare una notizia che li riguarda direttamente.
Il problema, naturalmente, è vecchio come il mondo, e una delle forme che ha assunto nell’antichità, è stata la domanda: “Chi controlla i controllori?”. Nella Repubblica di Platone essa è riferita alla correttezza dei governanti, e nelle Satire di Giovenale alla moralità delle donne. In entrambi i casi, con il sospetto che l’autoriferimento possa provocare un corto circuito, permettendo ai governanti di nascondersi dietro a quelle “false verità” che sono le “menzogne di stato”, e alle donne di farsela con gli eunuchi messi a guardia della loro purezza.
Puntualmente, la reazione dei giornali è stata di sdegno per il fatto che la legge approvata preveda il carcere per la diffamazione consistente nel riportare come fatto una falsità. Lo sdegno viene giustificato sulla base di un’interpretazione estensiva della cosiddetta “libertà di parola”, (fra)intesa come libertà di dire qualunque cosa: non soltanto la verità, ma anche la menzogna, perché a questo si riferisce la legge.
E’ singolare che la stampa sembri essersi dunque allineata su una concezione del giornalismo inaugurata dal famigerato William Hearst, protagonista del film di Orson Welles Citizen Kane, “Quarto potere”, e perfezionata da Rupert Murdoch. Una concezione sintetizzata nel detto di Hearst: “non avere paura di commettere un errore, ai tuoi lettori potrebbe piacere”.
Da allora in avanti, i giornali hanno subìto una mutazione: da organi di informazione dediti al riporto di fatti oggettivi, sono passati a essere sempre più dei contenitori volti alla diffusione di interpretazioni soggettive. Da un lato, il processo è la versione giornalistica del trionfo della postmodernità, sintetizzata nel motto di Nietzsche: “non ci sono fatti, solo interpretazioni”. Dall’altro lato, è l’inevitabile conseguenza dell’appartenenza delle maggiori testate ai grandi gruppi industriali, l’un contro l’altro armati.
Una delle conseguenze di questa mutazione è la trasformazione dei giornalisti da trasparenti contributori (addirittura anonimi, come nel caso dell’Economist) a mediatici conduttori e presenzialisti nei talk showtelevisivi. E’ naturale che alla fine incomincino a pensare e a credere di essere loro stessi i programmi e le notizie. Cosa che diventa particolarmente evidente in occasione degli ipertrofici necrologi che riportano le loro morti, naturali o in servizio, e ne costituiscono una sorta di funerali di stato.
La legge approvata dal Senato, perfettibili dettagli tecnici a parte, potrebbe e dovrebbe essere l’inizio di una riflessione sul ruolo del giornalismo moderno, e di una riconquista di valori e atteggiamenti che sembrano ormai offuscati, se non definitivamente perduti.

Link all'articolo originale
visto qui

1 commento:

Francesco Zaffuto ha detto...

costantemente assistiamo a giornalisti che intervistano altri giornalisti

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