Ora Cito questo articolo non tanto perche' ci sia qualche elemento interessante ma in quanto e' l'unico articolo che parla di Culianu riassumendo in modo eccellente la sua vita. Certo stiamo parlando sempre di un articolo dell'osservatore romano e va preso come al solito con le pinze ma in quanto ricorda la strana morte di Ioan Petru Culianu che si e' voluto far passare la sua morte come un omicidio di un dissidente ma in realta' come al solito il sistema tende a dare visi deformati e bizzarri all'assassino del professore per poter coprire la realta'. Ancora quando si parla della Morte del Professore si tende a dare la colpa una fantomatica operazione di natura para KGB nel 1991, quando ormai era caduto il muro di Berlino. Questo mantra viene ripetuto perche' la realta' secondo me e' una ben piu' scomoda. Culianu dava fastidio non tanto per ormai un vetero-anticomunismo che era fuori tempo massimo, ma per i libri sul simbolismo e la magia che pubblicava, questo lo rese un pericolo agli occhi del gruppo dall'occhio onnivegente. Ancora oggi si presenta questa burletta della spia del KGB o di fantomatici servizi segreti rumen comunisti ormai lontani nella storia.
On May 21, 1991, Professor Culianu was found dead in the men’s bathroom on the 3rd floor of the UIC’s divinity school. Detectives concluded that he died from one bullet shot to the back of the head at close range. None of his personal belongings were taken and no fingerprints or weapons were found. The police never found the killer, and assumed that because of the sketchy neighborhood the school was located in, that the murderer could have been a thug or a disgruntled student or acquaintance. Looking at the way it was done (with no money or belongings taken), where it was done (to kill someone in a bathroom in Romania is the ultimate “f*ck you!”), noting that his apartment was broken into and he was receiving threats before he was killed leave many believing that it was a professional political hit.
FONTE:A vent’anni di distanza dalla scomparsa, avvenuta il 21 maggio 1991, Ioan Petru Culianu non cessa di suscitare interesse. Oltre che nel suo paese d’origine, la Romania, dove è stato ricordato a Bucarest il 23 maggio scorso, a Iasi, la città in cui nacque nel 1950, e in molte altre sedi, convegni su di lui si sono tenuti a Oxford (21-22 maggio) e all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano (3 maggio).
Nell’ateneo di piazza Sant’Ambrogio Culianu trascorse quattro anni fondamentali, dal 1973 al 1976, maturando alla scuola di Ugo Bianchi le idee che riverserà poi nei libri successivi, ai quali è dovuta la sua fama. In particolare Eros e magia nel Rinascimento (pubblicato in Francia da Flammarion nel 1984 e poi in Italia da Il Saggiatore nel 1987) e Les gnoses dualistes d’Occident, apparso a Parigi presso Payot nel 1987 e poi tradotto in italiano dalla Jaca Book col titolo I miti dei dualismi occidentali. Dai sistemi gnostici al mondo moderno (1989).
Chi era Culianu? La sua vita e la sua morte ci riportano al comunismo e agli anni in cui l’Europa era divisa in due dalla cortina di ferro. Giunto fortunosamente in Italia dalla Romania per frequentare un corso di italiano a Perugia, Ioan Petru Culianu scelse l’Occidente e chiese asilo politico in Italia. Era il 1972.
Dopo alcuni mesi di vita raminga e disperata — passò attraverso il campo profughi di Latina, dove fino al 1989 venivano raccolti quanti fuggivano dai paesi dell’Est europeo, e tentò anche il suicidio — la generosità del rettore Giuseppe Lazzati e di Raniero Cantalamessa, all’epoca direttore del dipartimento di Scienze Religiose, gli schiusero le porte della Cattolica, accordandogli una borsa di studio che, per quanto modesta, gli permise finalmente un periodo di tranquillità. Cominciò così una delle più strabilianti avventure intellettuali del secolo appena concluso. Alla fine del 1976 passò a insegnare in Olanda, a Groninga, e una decina d’anni dopo negli Stati Uniti, a Chicago, adottato dal suo celebre connazionale Mircea Eliade come proprio erede e successore.
Scrisse diversi libri, anche di narrativa, e innumerevoli saggi di storia e teoria delle religioni. Assurse così a grande notorietà, ottenendo plauso e ammirazione, ma anche invidie e stroncature, fino alla tarda mattinata del 21 maggio 1991.
Quel giorno, verso l’una, Culianu entrò in un bagno della Divinity School dell’università di Chicago. Nel bagno accanto qualcuno si sporse sopra la parete divisoria e gli sparò un colpo di pistola alla testa con una calibro 25. Un’arma piccola, con la quale solo un professionista poteva uccidere esplodendo un solo colpo. Morì in questo modo il professor Culianu, a quarantun anni.
Ma chi era Culianu? Proveniva da una facoltosa famiglia della migliore borghesia intellettuale romena, la classe sociale che il comunismo aveva colpito più duramente, privandola di tutto ciò che possedeva. Nato nel 1950, crebbe fra privazioni, umiliazioni e desideri di rivalsa, nel ricordo straziante del padre, morto in solitudine. Imparò a mimetizzare, nascondere, dissimulare ciò che pensava. Oltre alle lingue, che apprendeva con incredibile rapidità, si dedicò allo studio delle tradizioni religiose, intese soprattutto come contropoteri, vie di fuga, rifugio dello spirito.
Quando arrivò in Italia la sua struttura intellettuale era già formata, come il progetto dei libri che pubblicò in seguito. Quanti lo conobbero allora (chi scrive è fra questi) si resero subito conto di essere di fronte a un personaggio fuori dal comune, a un’intelligenza che sovrastava tutti. Era trattenuto dalla povertà, dalla solitudine, dal terrore di essere assassinato, ma in Olanda e negli Stati Uniti, man mano che crebbero riconoscimenti e successo, l’insicurezza scomparve ed esplose il talento. In meno di vent’anni fece più strada di quanta qualsiasi accademico riesca a farne in un’intera vita.
Dove sarebbe arrivato? Non lo sapremo mai. Il suo assassino lo fermò quando aveva appena spiccato il volo. Perciò il quesito inquietante che pone la vita di Culianu è la sua morte. Perché lo ammazzarono? In quale rapporto stanno la vita e gli scritti di quest’uomo con il suo assassinio? Una minuziosa inchiesta condotta dal giornalista americano Ted Anton (Eros, magia e l’omicidio del professor Culianu, apparso negli Stati Uniti nel 1994 e in Italia nel 2007 per le edizioni Settimo Sigillo) propende per il movente politico.
Culianu non si era mai confuso con i dissidenti, ma il suo anticomunismo era lucido, senza sconti, e dopo la fine del regime di Ceausescu (1989) aveva denunciato in tutte le sedi internazionali, forte di un prestigio ormai consolidato e di possibilità d’accesso ai maggiori mass media occidentali, le ambiguità di quanto era accaduto nel suo paese: più una congiura di palazzo che una rivoluzione. Scrisse, parlò, si espose, organizzò la visita a Chicago dell’ex re della Romania, Michele. In cambio ricevette minacce e avvertimenti, tanto da rinviare il viaggio in patria — dopo la fuga non aveva più rimesso piede nel suo paese — per il quale aveva già prenotato i biglietti aerei.
Sta in piedi dunque l’ipotesi che la decisione di eliminarlo possa essere maturata nel clima torbido della Romania del tempo, dove ex comunisti della disciolta polizia segreta, la famigerata Securitate, e reduci del vecchio movimento della Guardia di Ferro prebellica si erano coagulati attorno alle posizioni ultranazionaliste di Romania mare (Grande Romania). L’ipotesi è avvalorata dal fatto che dossier Culianu raccolto a suo tempo dalla Securitate, oggi consultabile, risulta «ripulito» e privo di tutto ciò che ci aspetteremmo di trovarvi, come ha rivelato sull’autorevole «Revista 22» Andrei Oisteanu (16-22 maggio 2006). Ma le ipotesi non sono certezze e lasciano aperte altre possibilità, seppure molto meno probabili.
Se oggi riparliamo di Culianu non è, dunque, per riproporre una domanda di verità destinata, temiamo, a non avere più risposta, ma per ricordare un intellettuale di straordinaria finezza e di sterminata cultura, una delle voci più originali e solitarie di quel mondo variegato e complesso, oggi quasi dimenticato, costituito dai dissidenti fuggiti dall’universo comunista.
Fu uno studioso del fenomeno religioso ma non si richiuse mai nella «serietà da obitorio» (sono parole sue) di tanta cultura accademica. La rapidità di scrittura, le intuizioni, le generalizzazioni, tanto geniali quanto discutibili, lo portavano a volare più alto della maggioranza dei suoi colleghi. Fuggito da un mondo totalitario, non era disposto ad acquietarsi nelle evasioni della filologia accademica o in una cultura sterile, salottiera. L’esperienza dell’esilio lo aveva segnato molto più di quanto non desse a vedere. La Romania, dove aveva lasciato la madre anziana e una sorella, rimase sempre nel suo cuore. Ed è in Romania che probabilmente si nasconde il segreto della sua morte.
Come per tutti i dissidenti dal comunismo, l’impatto con l’Occidente fu traumatico, tanto più che giunse in Italia negli anni in cui il Pci toccava l’apice del suo successo. Fu un trauma, per quel giovane poco più che ventenne che era, dover accorgersi che qui l’intellettualità era quasi tutta di sinistra. Il trauma si tramutò in disprezzo e il disprezzo alimentò lo scetticismo che era il sottofondo indecifrabile della sua intelligenza. In una riflessione autobiografica che è stata pubblicata dopo la sua morte aveva scritto che il segreto dell’Occidente consisteva nella «sua capacità di dimenticare subito ogni cosa». Noi dissidenti, aveva soggiunto, non vogliamo esserne fagocitati.
Oggi il mondo in cui visse non esiste più, ma le infinite sofferenze degli uomini come Culianu — la loro solitudine, il loro spaesamento e, nel suo caso, la morte oscura e inspiegabile — sono diventate parte di noi tutti, della realtà in cui viviamo, del futuro che ci sta davanti. Sono una componente imprescindibile del nostro passato. Cerchiamo di non dimenticare anche questo.
Nota del Prigioniero: Il titolo dell'articolo quel dissidente che studiava le religioni... beh potremmo dire in realta' lo studioso delle religioni dissidente, visto che nei suoi scritti non si accettava che tali punti di vistascomodi non fossero incanalati e strutturati dal gruppo degli Illuminati e dei loro servitori. Non puoi parlare da cane sciolto, perche i cani sciolti come vedete vengono investiti volutamente dal sistema, facendo passare la storiella ridicola (che storicamente nemmeno tiene) dove servizi segreti e KGB in un comunismo Rumeno ormai disciolto e un patto di Varsavia morto e' sepolto si vendicassero per qualcosa ormai scomparso. Ma la propaganda e' anche questo e si insabbia tutto! Un suicidio, un dissidente, un agente deviato, anche se di deviato qui c'e' solo tutto il sistema nella sua interezza. Se qualcuno vedesse una coincidenza tra la morte della Gatto Trocchi successiva a quella di Culianu, secondo me non ha sbagliato, ovviamente come al solito solo sospetti, ma sospetti ben fondati.
Sempre All'Erta!
NumberSix
On May 21, 1991, Professor Culianu was found dead in the men’s bathroom on the 3rd floor of the UIC’s divinity school. Detectives concluded that he died from one bullet shot to the back of the head at close range. None of his personal belongings were taken and no fingerprints or weapons were found. The police never found the killer, and assumed that because of the sketchy neighborhood the school was located in, that the murderer could have been a thug or a disgruntled student or acquaintance. Looking at the way it was done (with no money or belongings taken), where it was done (to kill someone in a bathroom in Romania is the ultimate “f*ck you!”), noting that his apartment was broken into and he was receiving threats before he was killed leave many believing that it was a professional political hit.
FONTE:A vent’anni di distanza dalla scomparsa, avvenuta il 21 maggio 1991, Ioan Petru Culianu non cessa di suscitare interesse. Oltre che nel suo paese d’origine, la Romania, dove è stato ricordato a Bucarest il 23 maggio scorso, a Iasi, la città in cui nacque nel 1950, e in molte altre sedi, convegni su di lui si sono tenuti a Oxford (21-22 maggio) e all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano (3 maggio).
Nell’ateneo di piazza Sant’Ambrogio Culianu trascorse quattro anni fondamentali, dal 1973 al 1976, maturando alla scuola di Ugo Bianchi le idee che riverserà poi nei libri successivi, ai quali è dovuta la sua fama. In particolare Eros e magia nel Rinascimento (pubblicato in Francia da Flammarion nel 1984 e poi in Italia da Il Saggiatore nel 1987) e Les gnoses dualistes d’Occident, apparso a Parigi presso Payot nel 1987 e poi tradotto in italiano dalla Jaca Book col titolo I miti dei dualismi occidentali. Dai sistemi gnostici al mondo moderno (1989).
Chi era Culianu? La sua vita e la sua morte ci riportano al comunismo e agli anni in cui l’Europa era divisa in due dalla cortina di ferro. Giunto fortunosamente in Italia dalla Romania per frequentare un corso di italiano a Perugia, Ioan Petru Culianu scelse l’Occidente e chiese asilo politico in Italia. Era il 1972.
Dopo alcuni mesi di vita raminga e disperata — passò attraverso il campo profughi di Latina, dove fino al 1989 venivano raccolti quanti fuggivano dai paesi dell’Est europeo, e tentò anche il suicidio — la generosità del rettore Giuseppe Lazzati e di Raniero Cantalamessa, all’epoca direttore del dipartimento di Scienze Religiose, gli schiusero le porte della Cattolica, accordandogli una borsa di studio che, per quanto modesta, gli permise finalmente un periodo di tranquillità. Cominciò così una delle più strabilianti avventure intellettuali del secolo appena concluso. Alla fine del 1976 passò a insegnare in Olanda, a Groninga, e una decina d’anni dopo negli Stati Uniti, a Chicago, adottato dal suo celebre connazionale Mircea Eliade come proprio erede e successore.
Scrisse diversi libri, anche di narrativa, e innumerevoli saggi di storia e teoria delle religioni. Assurse così a grande notorietà, ottenendo plauso e ammirazione, ma anche invidie e stroncature, fino alla tarda mattinata del 21 maggio 1991.
Quel giorno, verso l’una, Culianu entrò in un bagno della Divinity School dell’università di Chicago. Nel bagno accanto qualcuno si sporse sopra la parete divisoria e gli sparò un colpo di pistola alla testa con una calibro 25. Un’arma piccola, con la quale solo un professionista poteva uccidere esplodendo un solo colpo. Morì in questo modo il professor Culianu, a quarantun anni.
Ma chi era Culianu? Proveniva da una facoltosa famiglia della migliore borghesia intellettuale romena, la classe sociale che il comunismo aveva colpito più duramente, privandola di tutto ciò che possedeva. Nato nel 1950, crebbe fra privazioni, umiliazioni e desideri di rivalsa, nel ricordo straziante del padre, morto in solitudine. Imparò a mimetizzare, nascondere, dissimulare ciò che pensava. Oltre alle lingue, che apprendeva con incredibile rapidità, si dedicò allo studio delle tradizioni religiose, intese soprattutto come contropoteri, vie di fuga, rifugio dello spirito.
Quando arrivò in Italia la sua struttura intellettuale era già formata, come il progetto dei libri che pubblicò in seguito. Quanti lo conobbero allora (chi scrive è fra questi) si resero subito conto di essere di fronte a un personaggio fuori dal comune, a un’intelligenza che sovrastava tutti. Era trattenuto dalla povertà, dalla solitudine, dal terrore di essere assassinato, ma in Olanda e negli Stati Uniti, man mano che crebbero riconoscimenti e successo, l’insicurezza scomparve ed esplose il talento. In meno di vent’anni fece più strada di quanta qualsiasi accademico riesca a farne in un’intera vita.
Dove sarebbe arrivato? Non lo sapremo mai. Il suo assassino lo fermò quando aveva appena spiccato il volo. Perciò il quesito inquietante che pone la vita di Culianu è la sua morte. Perché lo ammazzarono? In quale rapporto stanno la vita e gli scritti di quest’uomo con il suo assassinio? Una minuziosa inchiesta condotta dal giornalista americano Ted Anton (Eros, magia e l’omicidio del professor Culianu, apparso negli Stati Uniti nel 1994 e in Italia nel 2007 per le edizioni Settimo Sigillo) propende per il movente politico.
Culianu non si era mai confuso con i dissidenti, ma il suo anticomunismo era lucido, senza sconti, e dopo la fine del regime di Ceausescu (1989) aveva denunciato in tutte le sedi internazionali, forte di un prestigio ormai consolidato e di possibilità d’accesso ai maggiori mass media occidentali, le ambiguità di quanto era accaduto nel suo paese: più una congiura di palazzo che una rivoluzione. Scrisse, parlò, si espose, organizzò la visita a Chicago dell’ex re della Romania, Michele. In cambio ricevette minacce e avvertimenti, tanto da rinviare il viaggio in patria — dopo la fuga non aveva più rimesso piede nel suo paese — per il quale aveva già prenotato i biglietti aerei.
Sta in piedi dunque l’ipotesi che la decisione di eliminarlo possa essere maturata nel clima torbido della Romania del tempo, dove ex comunisti della disciolta polizia segreta, la famigerata Securitate, e reduci del vecchio movimento della Guardia di Ferro prebellica si erano coagulati attorno alle posizioni ultranazionaliste di Romania mare (Grande Romania). L’ipotesi è avvalorata dal fatto che dossier Culianu raccolto a suo tempo dalla Securitate, oggi consultabile, risulta «ripulito» e privo di tutto ciò che ci aspetteremmo di trovarvi, come ha rivelato sull’autorevole «Revista 22» Andrei Oisteanu (16-22 maggio 2006). Ma le ipotesi non sono certezze e lasciano aperte altre possibilità, seppure molto meno probabili.
Se oggi riparliamo di Culianu non è, dunque, per riproporre una domanda di verità destinata, temiamo, a non avere più risposta, ma per ricordare un intellettuale di straordinaria finezza e di sterminata cultura, una delle voci più originali e solitarie di quel mondo variegato e complesso, oggi quasi dimenticato, costituito dai dissidenti fuggiti dall’universo comunista.
Fu uno studioso del fenomeno religioso ma non si richiuse mai nella «serietà da obitorio» (sono parole sue) di tanta cultura accademica. La rapidità di scrittura, le intuizioni, le generalizzazioni, tanto geniali quanto discutibili, lo portavano a volare più alto della maggioranza dei suoi colleghi. Fuggito da un mondo totalitario, non era disposto ad acquietarsi nelle evasioni della filologia accademica o in una cultura sterile, salottiera. L’esperienza dell’esilio lo aveva segnato molto più di quanto non desse a vedere. La Romania, dove aveva lasciato la madre anziana e una sorella, rimase sempre nel suo cuore. Ed è in Romania che probabilmente si nasconde il segreto della sua morte.
Come per tutti i dissidenti dal comunismo, l’impatto con l’Occidente fu traumatico, tanto più che giunse in Italia negli anni in cui il Pci toccava l’apice del suo successo. Fu un trauma, per quel giovane poco più che ventenne che era, dover accorgersi che qui l’intellettualità era quasi tutta di sinistra. Il trauma si tramutò in disprezzo e il disprezzo alimentò lo scetticismo che era il sottofondo indecifrabile della sua intelligenza. In una riflessione autobiografica che è stata pubblicata dopo la sua morte aveva scritto che il segreto dell’Occidente consisteva nella «sua capacità di dimenticare subito ogni cosa». Noi dissidenti, aveva soggiunto, non vogliamo esserne fagocitati.
Oggi il mondo in cui visse non esiste più, ma le infinite sofferenze degli uomini come Culianu — la loro solitudine, il loro spaesamento e, nel suo caso, la morte oscura e inspiegabile — sono diventate parte di noi tutti, della realtà in cui viviamo, del futuro che ci sta davanti. Sono una componente imprescindibile del nostro passato. Cerchiamo di non dimenticare anche questo.
Nota del Prigioniero: Il titolo dell'articolo quel dissidente che studiava le religioni... beh potremmo dire in realta' lo studioso delle religioni dissidente, visto che nei suoi scritti non si accettava che tali punti di vistascomodi non fossero incanalati e strutturati dal gruppo degli Illuminati e dei loro servitori. Non puoi parlare da cane sciolto, perche i cani sciolti come vedete vengono investiti volutamente dal sistema, facendo passare la storiella ridicola (che storicamente nemmeno tiene) dove servizi segreti e KGB in un comunismo Rumeno ormai disciolto e un patto di Varsavia morto e' sepolto si vendicassero per qualcosa ormai scomparso. Ma la propaganda e' anche questo e si insabbia tutto! Un suicidio, un dissidente, un agente deviato, anche se di deviato qui c'e' solo tutto il sistema nella sua interezza. Se qualcuno vedesse una coincidenza tra la morte della Gatto Trocchi successiva a quella di Culianu, secondo me non ha sbagliato, ovviamente come al solito solo sospetti, ma sospetti ben fondati.
Sempre All'Erta!
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