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lunedì 18 marzo 2013

L’avvocato dei desaparecidos italiani: “La Chiesa argentina fu responsabile”

di Anna Vullo -

L’ombra dei desaparecidosargentini s’allunga sull’esordio del papato di Francesco. Il cardinale Jorge Mario Bergoglio aveva quarant’anni durante l’epoca buia della dittatura. È stato provinciale gesuita tra il 1973 e il 1979, in un periodo in cui era difficile non essere a conoscenza dei crimini perpetrati dalla giunta militare, dei sequestri e delle sparizioni, delle torture e del rapimento di centinaia di bambini partoriti in clandestinità. L’avvocato Giancarlo Maniga, origini sarde e studio a Milano, è stato legale di parte civile nel processo sui casi di sei desaparecidosdi origine italiana, che si è concluso a Roma nel 2004 con la condanna all’ergastolo dei generali Guillermo Suàrez Mason e Santiago Omar Riveros e di altri ufficiali argentini.

Maniga ha seguito anche le sorti di tre cittadini di origine italiana nell’ambito del processo Esma, con cui sono stati condannati all’ergastolo, tra gli altri, l’ex capitano di corvetta Alfredo Astiz e il “Tigre” Jorge Acosta, uno dei più efferati torturatori dei tempi della dittatura. L’avvocato conosce a fondo quell’epoca oscura: ha ascoltato le testimonianze di decine di familiari di desaparecidos ma anche di studenti, sindacalisti, professori universitari, persone comuni sopravvissute alla crudeltà dei centri clandestini. “In quel momento storico drammatico, la Chiesa argentina ha brillato per la sua assenza”, commenta oggi Maniga dal suo studio di fronte al tribunale di Milano: “Un’assenza così marcata da sconfinare nella complicità. A Buenos Aires, ma anche a Rosario o Cordoba, ogni giorno spariva qualcuno. La Chiesa non poteva non sapere”, continua il legale. “Tanto più che vi sono testimonianze secondo cui ai desaparecidos, prima di venire lanciati in mare dai famigerati voli della morte, veniva data l’estrema unzione da sacerdoti convocati ad hoc”.

Quello che alcuni definiscono un silenzio prudente si traduce, nei ricordi dell’avvocato sardo, in colpevole omertà. Sino al mea culpa in occasione del 30° anniversario del golpe, quando papa Francesco, allora arcivescovo di Buenos Aires, incoraggiò la Chiesa a pubblicare un documento in cui ammetteva in parte le proprie responsabilità. Secondo Maniga non è sufficiente: “I credenti di allora avevano diritto a una posizione più netta e più attiva. Ad esporsi furono solo sconosciuti sacerdoti e parroci di provincia. Rappresentanti del basso clero. Che in molti casi hanno pagato con la vita il loro coraggio”. Una macchia, quella dei desaparecidos, che rischia di compromettere la popolarità del nuovo papa? L’avvocato Maniga non ci crede più di tanto: “Bergoglio è un politico molto abile“.

Da Il Fatto Quotidiano

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