"THE END"

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domenica 2 dicembre 2012

La viscida ambiguità del Papa pesce


Se vogliamo parlare di ambiguità ecclesiastica, dobbiamo partire dalle origini, per arrivare poi all’ipocrisia che tutti noi abbiamo sotto gli occhi, per lo meno quelli che gli occhi li hanno aperti.
Secondo l’astrologo Beroso, in epoca antidiluviana vi fu un Dio uscito dalle acque del mare che diede inizio alla civiltà babilonese, insegnando l’agricoltura, la metallurgia, l’allevamento del bestiame e tutto ciò che normalmente contraddistingue la cosiddetta civiltà umana.
Quel Dio si chiamava Oannes.
Volendo fare un confronto con altre culture, presso i Dogon del Mali c’è una teogonia simile in cui il Dio uscito dal mare si chiama Nommo. Per i giapponesi c’erano personaggi simili chiamati Kappas che si dice avessero una proboscide gettata all’indietro sulla schiena, chiaro riferimento a un respiratore da sommozzatori.
Anche Quetzalcoatl in Centro America veniva dal mare, ma non sembra sia venuto da sotto la superficie, bensì a bordo di qualche natante. E anche nel suo caso si trattò di un insegnante che fece del bene alle popolazioni contattate.

A parte i Kappas giapponesi, tutti questi esseri anfibi usciti dalle acque sono ricordati come i primi civilizzatori e dunque hanno una valenza positiva. Stante la necessità, in epoca costantiniana, di convincere il popolo ad adottare la “nuova” religione venuta di Palestina, si pensò di richiamare usi e costumi accettati dalla tradizione religiosa facendo solo qualche piccola opera di maquillage. Cambiò la forma ma non la sostanza.

      
                                                                                    
Tra le altre cose il look da pesce del babilonese Oannes fu ripreso da pontefici e vescovi, con quel buffo copricapo che li contraddistingue, quando non mettono la papalina. Immagino che per un cattolico venire a sapere che il capo supremo della sua chiesa si veste come il Dio Oannes, deve essere un piccolo trauma, ma sappiamo che i cattolici hanno lo stomaco di ferro, in fatto di credenze.
E questa è la prima ambiguità di natura storica (o metastorica), dal momento che se Oannes ha dato la civiltà agli uomini, come una specie di Prometeo, c’è da chiedersi cosa hanno dato i Papi nel corso dei diciassette secoli in cui in Europa hanno dominato anime e corpi dei loro fedeli. Qui entriamo nel campo della soggettività, a seconda se siamo di bocca buona o esigenti in fatto di spiritualità e di verità storiche.

Per quanto riguarda me, dopo che Benedetto XVI ha accolto i circensi nella sala delle udienze, non posso che avere un’opinione negativa di lui come persona e dell’organizzazione che rappresenta.
Quando fu eletto, ci fu una piccola associazione animalista veneta che lo acclamò come il Papa gattofilo e ricordo di aver visto una foto del Pontefice con un gatto in braccio. Un vero gatto, non questo fotomontaggio.

Ora vorrei sentire che opinione si sono fatti quegli animalisti veneti dopo che ha accarezzato alcuni leoncini portatigli dai circensi. Sempre di felini si tratta, in fondo, ma se si vuole continuare ad essere ciechi, anche certi animalisti possono continuare ad esserlo. Se gli fa piacere.
D’altra parte, anche a Giovanni Paolo II, in visita in Australia, misero in braccio un koala e quando una delegazione di fedeli gli portò un agnellino (che originali!), ai suoi assistenti disse: “Credo che dovremo darlo a Don Canciani”, uno dei rari preti animalisti che la storia della Chiesa annoveri. Chissà se poi glielo hanno dato veramente.
Che Benedetto XVI avesse deciso di ricevere i rappresentanti del circo si sapeva da tempo, così che gli animalisti hanno avuto modo di organizzarsi con una manifestazione di protesta, soprattutto tramite Facebook. Ho dato un’occhiata ai giornali on line. Nessuno parla della nostra manifestazione. Il Messaggero tace, Repubblica pure e solo il Corriere della Sera parla del ricevimento dei circensi ma non fa cenno alle migliaia di animalisti che hanno sfilato per le strade di Roma.
Benché il motivo di tale silenzio sia dovuto al fatto che a Roma ci sono cortei quasi ogni giorno, la censura nei confronti dei moti di vera civiltà sembra farsi sempre più ferrea. I padroni del mondo hanno deciso che lo sfruttamento degli animali deve continuare e quindi non ci sono santi: gli animalisti possono mettersi il cuore in pace.


Abolire il circo con animali costituirebbe un precedente pericoloso perché, non essendo mai sazi, gli animalisti poi vorrebbero abolire anche la vivisezione con animali, le pellicce con animali e la carne con animali, tutte industrie fiorenti che non possono minimamente essere messe in discussione.
                                                                             Dargliela vita a quei 7.000 manifestanti scesi in piazza (ma c’è chi dice 10.000) significherebbe aprire la classica falla nella diga, il piccolo forellino che la farebbe crollare del tutto. V’immaginate la fine dello specismo? Sarebbe un bel salto evolutivo per la razza umana, sempre che di razza umana si possa ancora parlare, e non di ibridi alieni. Papi, imperatori e rettiliani vari non sono stupidi. Sanno che se si cede oggi sugli animali nei circhi, un domani si dovrà cedere sulle pellicce, sui prosciutti e pure sulle cavie, tutta roba che fa girare fior di miliardi, anche se a noi animalisti fa girare qualcos’altro.
Non siamo ai livelli delle guerre e delle attrezzature ad esse necessarie, ma anche con il vastissimo indotto che ruota dietro il consumo di cadaveri animali non si scherza. Per non parlare dei farmaci.

Chissà se Maledetto XVI avrà il coraggio di ricevere i macellai, i vivisettori e i pellicciai?
Alla spicciolata, i torturatori d’animali in camice bianco, li riceve già. Ma un evento così plateale come quello di sabato primo dicembre mancava nel suo curriculum vitae.
Come regola, anche i suoi predecessori davano un colpo al cerchio e uno alla botte, di modo che, se un giorno entrava in udienza una delegazione di seguaci di Sant’Uberto, aveva elogi per la loro nobile arte, dimenticandosi che il pagano Uberto, dopo aver visto la croce fosforescente in mezzo alle corna del cervo (Jagermeister docet) smise di cacciare e si fece cristiano.
Se, usciti i seguaci di Sant’Uberto, entravano quelli di San Francesco, aveva parole d’elogio anche per loro e per la nobile inclinazione d’animo che li porta a trattare gentilmente i volatili amati dal Poverello d’Assisi, anch’essi testimoni della gloria e della bontà divine.
Ma con quest’ultimo indegno spettacolo, il cameriere Benedetto, obbedendo ai suoi padroni della Confraternita Babilonese, ha voluto lanciare un messaggio alla società: gli animali devono continuare ad avere un ruolo subalterno nel campo dei diritti giuridici. Ora mi aspetto che gli scribacchini di Famiglia Cristiana, incoraggiati dal Santo Padre, si sbizzarriscano ad accusare di blasfemia quanti come me chiedono giustizia per gli animali oppressi. Non posso escludere che, con la miopia che li contraddistingue, tali giornalisti specisti facciano anche riferimento alla dieta vegetariana di Hitler e alle leggi contro la vivisezione promulgate dal nazismo negli anni Trenta.

Per decenni gli zoofili e gli animalisti cattolici hanno guardato al Santo Padre come a colui che avrebbe potuto ingentilire gli animi di tanti fedeli e ora, con l’udienza accordata ai torturatori ludici degli animali, hanno avuto il benservito.
A nulla è valso, nel corso degli ultimi anni, avvisare i nostri colleghi zoofili che dei Papi e del clero non ci si può fidare. L’ambiguità storica degli ecclesiastici “cerchiobottisti” dal primo dicembre 2012 ha avuto un cedimento. Si è visto che la Chiesa è la peggiore nemica degli animali.
Io lo vado predicando da anni!


Che Benedetto XVI abbia abbandonato la collaudata tecnica di voler tenere la Chiesa seduta su due sedie, può voler significare che il movimento animalista sta crescendo troppo per i loro gusti necrofili. Che fosse cresciuto me n’ero già accorto, ultimamente. Che l’Establishment voglia correre ai ripari è un’ipotesi intrigante e che stiano ingaggiando i pezzi da Novanta, dopo che generali e colonnelli hanno fallito, significa che il movimento animalista è portatore di un messaggio dirompente, non solo perché se venissero accettate le nostre istanze migliaia di “onesti” lavoratori si troverebbero disoccupati, ma anche per le implicazioni di natura etica.
Leggi in difesa degli animali sarebbero il preludio di quelle in difesa degli esseri umani, che già esistono ma che le autorità si guardano bene dall’applicare. Non ci sarebbero più abusi su anziani, minori, arrestati, detenuti e altri non-garantiti se si venisse creando una società rispettosa in primis dei diritti degli animali. Questo, il Papa lo sa bene e dunque deve intervenire per mettere in ridicolo le richieste degli animalisti, in attesa di metterle al bando definitivamente. D’altra parte, succedeva così anche tre secoli fa: la Chiesa faceva il processo ad eretici e stregoni, ma era il braccio secolare ad occuparsi delle punizioni. Il lavoro sporco il clero lo ha sempre fatto fare ai laici.
Amare gli animali è uno sputtanamento per la religione cattolica. Spiazza i benpensanti. C’è il rischio che a forza di amare gli animali si finisca per amare gli esseri umani ed è per questo che i migliori cervelli del Vaticano, insieme alle migliori beghine baciapile, sono già da tempo stati arruolati per sovvertire la percezione del mondo, quasi rubando il mestiere a George Orwell.

Le volte in cui, nel corso degli ultimi anni, ci siamo sentirti rivolgere l’accusa d’essere pagani adoratori di animali non si contano! Lo abbiamo letto su tutti i giornali. Lo abbiamo sentito uscir di bocca dall’insegnante universitario, come pure dal semplice prete di campagna o dalla comare che scrive sul bollettino parrocchiale. Tutti solidali e convinti che l’animalismo sia una degenerazione dei costumi della società. Che falsi! Loro che seguono la religione di Babilonia vengono a giudicare noi, che chiediamo rispetto e giustizia per creature oppresse!
Non so se gli ancora pochi animalisti cattolici se ne faranno una ragione. Penso che resteranno saldi nella loro fede, perché se a un credente togli le superstizioni di cui è imbevuto, è come un pesce fuor d’acqua: non respira più. Non è come Oannes, che poteva respirare anche aria e poi la sera se ne tornava nell’astronave sotto il mare. Il fedele cristiano è un robot, un Golem e un burattino nelle mani di burattini più grossi, di Golem più astuti, di robot più spietati e senz’anima.

L’opera di manipolazione mentale va avanti da millenni. Quei pochi che se ne sono accorti sono di solito finiti male, messi comunque a tacere.
Non so se l’animalismo è sulla strada di diventare un’eresia conclamata e in procinto d’essere messa al bando. Intanto i discendenti di Oannes ci provano con il discredito, i giornali con il silenzio e le folle manipolate con l’omertà.
Devo ancora sentire il resoconto dei miei conterranei che sono stati a Roma, ma a giudicare dal video messo in rete, c’era un’atmosfera un po’ triste fra i partecipanti al corteo. Magari anche no. Magari i fischietti assordavano i passanti e in tal caso capisco che i romani non ne possano più di quotidiane manifestazioni. Ma le motivazioni che ci hanno portato nella capitale, anche se al Papa nessuno lo farà sapere, restano valide in tutto e per tutto. Con l’etica non si scherza.
Per millenni la gente ha giocato con le vite degli animali - i circensi lo fanno per mestiere - ma quando un’idea di giustizia prende piede nelle coscienze, la cosa si fa interessante, per noi che ne siamo portatori, ma preoccupante per i detentori del potere, che sentono minacciati i propri privilegi.
Quali sacrifici con ecatombe d’animali dovrà fare il Papa stregone dal cappello di pesce per esorcizzare le istanze animaliste?

Non ci voglio neanche pensare! Satanisti, massoni e sacerdoti sono esperti nel predicare bene e nel razzolare male. Parlano d’amore e rispetto per i deboli e nel chiuso delle loro enclavi fanno sacrifici di bambini, violentano fanciulli e giovinette, bevono sangue umano.

Babilonia trionfa sempre, da millenni ormai. I Rettiliani circuiscono i popoli e anche Benedetto XVI ha voluto dare un piccolo contributo, bruciando il suo granello d’incenso sull’altare del suo adorato Moloch.


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