DI SERGIO DI CORI MODIGLIANI Libero pensiero Due o tre cosette sull’Argentina e sui media italiani. Da qualche giorno circola in rete (e sulla stampa mainstream) una enorme eccitazione sull’Argentina e sul suo immediato destino economico. Andrà in default di nuovo? E’ vero che sta per saltare il sistema? Tutta questa improvvisa fibrillazione è relativa a un debito del governo argentino che si riferisce a eventi avvenuti nel 2003 dovuti alla denuncia di un fondo d’investimenti che non ha riconosciuto le modalità di restituzione argentine. Nella foto: Una donna cammina in una strada di Buenos Aires.
Questa foto è stata scattata il 18 maggio 2102 (Associated Press/Natacha Pisarenko) Ma perché in Italia se la prendono tanto per un debito (minimo, davvero minimo, di cifra irrilevante) acceso da un lontano paese sudamericano, circa dieci anni fa? Una nazione che non fa parte dell’euro, i cui problemi non possono avere nessun impatto né tecnico né economico con la nostra situazione? A questo bisogna aggiungere l’enorme diffusione in Italia, sia sulla stampa ufficiale di regime che sui siti on line, delle notizie sulle manifestazioni popolari contro il governo in carica, descrivendo l’Argentina come un paese che sta di nuovo sull’orlo del collasso economico.. Chi segue questo blog ricorderà il post nel quale raccontavo una storia, che allora avevo definito “la guerra tra le due Cristine”, annunciando lo scontro di fine novembre che avrebbe raggiunto la sua punta massima a metà dicembre, visto che il Fondo Monetario Internazionale aveva dato al paese sudamericano la scadenza del 17 dicembre come ultima data per mettersi in linea con i parametri richiesti dai creditori istituzionali. E, negli ultimi giorni, così, all’improvviso, dovunque si è parlato dell’Argentina e diverse persone si sono rivolte a me chiedendo la mia opinione. Da cui il motivo di questo post. “False flag”. E’ un termine inglese che letteralmente vuol dire “falsa bandiera”, ma che nell’usuale linguaggio della comunicazione sta a indicare, piuttosto, quella che io chiamo “arma di distrazione di massa”. Tutto questa eccitazione sui problemi economici dell’Argentina sono, per l’appunto, a mio parere, una “falsa bandiera”. E’ il risultato di questa bulimìa ossessiva, fortemente voluta dagli oligarchi bocconiani, nell’imporre alla gente l’obbligo di parlare continuamente e costantemente di economia e di monete e di teorie, cercando di sottrarre il dibattito (riuscendoci in pieno) alla Politica, al confronto/scontro tra due interpretazioni del mondo, del mercato, dell’economia e della società che sono opposte e antagoniste. In Argentina è accaduto qualcosa negli ultimi giorni. Sì, è vero. Ma non ha nulla a che vedere con ciò di cui tutti parlano. Sì, laggiù, qualcosa è accaduto. E anche di molto grosso. E sta accadendo proprio in queste ore. Ma non riguarda quel debituccio, non riguarda i soldi nudi e crudi, non riguarda provvedimenti di ragioneria economica e di contabilità fiscale. Riguarda l’economia, questo sì. Ma viene dal mondo della Politica intesa nella sua forma più pura e migliore. E sta avendo un impatto poderoso non soltanto in tutto il Sudamerica, ma anche e soprattutto in Usa dove, non appena è arrivata la notizia, i repubblicani si sono subito scontrati con Obama e hanno interrotto la trattativa sulle manovre economiche rimandando il prossimo incontro di qualche giorno. Ma di tutto ciò, in Italia neppure una parola, neppure un rigo, neppure un accenno, che io sappia. Non è certo casuale. Di che si tratta, quindi? Si tratta dell’approvazione di una Legge dello stato che il senato della repubblica argentina ha votato in maggioranza (voto trasversale) in data 28 novembre 2012 con 43 voti a favore e 19 contrari, diventando “immediatamente operativa con applicazione retroattiva al 1 settembre”. Hanno tecnicamente 30 giorni per renderla applicabile. E la Legge parla molto chiaro: definisce “illegale e immorale” qualunque forma di speculazione finanziaria sui mercati internazionali basata sui derivati; abolisce la possibilità tecnica delle speculazioni finanziarie in borsa perché sottrae a tutte le banche, a tutte le istituzioni finanziarie operanti nel territorio nazionale, la propria autonomia sul mercato. Dal 30 novembre del 2012, il parlamento e il governo argentino si riappropriano della propria economia che individua “legalmente” nella finanza “il braccio operativo dell’economia di cui deve essere subalterna” e impone alla finanza di essere sottoposta al totale controllo dello stato centrale in ogni sua attività. Così titolava La Naciòn, il più importante quotidiano argentino (moderato conservatore) nel dare la notizia che in Italia non mi pare sia stata né diffusa né diramata.
LA CAMARA DE SENADORES CONVIRTIO EN LEY LA REFORMA DE LA REGULACION DEL MERCADO DE CAPITALES Estado con más poder para proteger el ahorro
Da oggi lo Stato si fa garante presso i cittadini, di cautelare i risparmi personali ma si fa soprattutto garante del fatto che le imprese, le società, le industrie, le finanziarie internazionali operanti in Argentina intervengano in borsa e sui mercati dei capitali “con l’unico ed esclusivo intento di trarre profitto da un’attività che però deve avere immediatamente, come riflesso economico, l’apertura di crediti agevolati alle medie e piccole imprese, l’allargamento degli investimenti in industrie nazionali e l’assunzione di nuovo personale per andare all’attacco della disoccupazione giovanile che il governo considera la priorità assoluta in campo politico, economico, sociale”. Questo è avvenuto. Per la prima volta in questo nuovo millennio, una nazione capitalista occidentale si assume la responsabilità politica (fotografate per bene questa parola) di imbavagliare la finanza, di metterle le briglia sul collo e di fondare il principio, basato sull’applicazione dello Stato di Diritto, che identifica nello stato centrale, nel governo e nel parlamento, l’arbitro e il garante dell’economia; il vero padrone della finanza non è più il “mercato libero” (l’idea di Zingales, Giannino, Monti, Passera, Draghi, ecc.) bensì il governatore della banca centrale insieme al ministro dell’economia, dell’industria e dello sviluppo. “O la finanza capisce che i soldi servono per sviluppare l’economia allargando il mercato del lavoro, gli investimenti, dando credito alle imprese a interesse minimo e abbattendo la disoccupazione, oppure possono anche andare a investire in Europa, in Italia e in Spagna, se è questo che vogliono. Là li accoglieranno a braccia aperte”.
Così ha dichiarato la presidente Kirchner, nel commentare la più grande vittoria politica ottenuta da un governo sudamericano nel combattere il neo-colonialismo dei colossi della finanza al servizio dell’oligarchia planetaria del privilegio. Chi vuole investire nella finanza speculativa lo fa attraverso “banche speciali” che dovranno esporre un avvertimento alla clientela, nel quale si specifica che non esiste nessuna garanzia internazionale su quell’investimento. Le banche correnti devono occuparsi di investire i soldi dei correntisti nell’economia reale, quella delle merci, e non quella della carta straccia; lo Stato garantisce ogni tipo di risparmio e ogni forma di investimento, purchè si riferisca all’economia reale. La borsa di Buenos Aires (e questa è un’altra bella notizia) ha reagito molto bene; anche quella brasiliana (che si appresta in brevissimo tempo a varare identica legge) grazie alla quale vengono aboliti i principi basilari dell’idea liberista che sta strozzando il pianeta, ovverossia l’egemonia della finanza sul mercato. Di tutto ciò, in Italia non si è parlato. Ma non basta, c’è dell’altro. Ieri, 30 novembre, per tutta la giornata, in Argentina si sono svolti convegni, manifestazioni e discussioni relativi a un’altra legge che va alla votazione alla fine della prossima settimana e che riguarda il secondo pilastro della democrazia e della ripresa economica: la legge sul conflitto di interesse e una nuova legiferazione nel campo della libertà di stampa, dell’informazione e delle comunicazioni. Verranno prese misure specifiche per impedire che possano essere eletti in parlamento soggetti politici legati al mondo dell’informazione, e soprattutto viene impedito a società finanziarie, banche d’affari private e grossi colossi finanziari internazionali di poter aggirare l’ostacolo diventando editori. Chi si occupa di informazione lo fa costituendosi come “editore puro” attraverso il rischio di una impresa privata. Il tutto per impedire che la finanza, in maniera subdola (come avviene in Italia ad es.) usi il proprio gigantesco potere per esercitare pressioni sull’opinione pubblica al fine di salvaguardare interessi finanziari e non il diritto alla libertà dell’informazione. Anche su questo punto, nessuna notizia in merito. Sono entrambi due pericolosissimi precedenti. E’ la dimostrazione che esistono strade diverse percorribili, opposte a quelle volute dalla BCE e dal governo italiano, dal PD dal PDL dall’Udc. A questo ci potete aggiungere la decisione ufficiale presa dal presidente dell’Ecuador, Rafael Correa, il quale ha bocciato la richiesta avanzata dalle compagnie petrolifere locali per nuove trivellazioni, destinando i 300 milioni di dollari (per loro una grossa cifra) del budget che le lobby del petrolio erano riusciti a garantirsi e spostando tale cifra per la salvaguardia del territorio idro-geologico dando vita a tre giganteschi parchi naturali, all’interno dei quali verranno fatti investimenti nel settore dell’agricoltura biologica a chilometro zero. Qui di seguito, in un post scriptum, in copia e incolla, c’è un articolo apparso sul settimanale Pagina ½, la pubblicazione più radicale e colta diffusa in Argentina. E’ un esempio di giornalismo che in Italia non esiste più. Dà la notizia sulla legge della divisione tra banche d’affari e banche speculative, senza nessun commento, senza fornire nessuna opinione, raccontando in che cosa consiste la Legge, come funziona, come si è svolta la votazione, i nomi degli attori e delle fazioni in campo. L’articolo è quello originale ed è scritto dunque in spagnolo, ma è di facilissima comprensione anche per chi non conosce la lingua. Sono modalità completamente diverse da quelle seguite in Italia dove la disinformazione, il narcisismo e l’opinionismo lobbista si sono ormai sostituiti alla spiegazione dei fatti reali e oggettivi; e così i lettori, spaesati, confusi, finiscono per non essere mai messi al corrente su ciò che accade in verità, perché vengono spinti a seguire delle tesi già preconfezionate che finiscono tutte con lo stesso identico refrain: non c’è alternativa, non si può fare diversamente. Non è vero. Non è così. Non esiste nessun campo dell’attività umana in cui non esistano alternative. E’ una diabolica idea quella di presentare soluzioni come se fossero le uniche a disposizione. Per ritornare in Europa, mentre l’Italia è scivolata nel consueto imbuto popolato da pecore mediatiche al pascolo, seguendo le vicende delle cosiddette primarie, in Europa si scatenava un furibondo scontro (in Germania) relativo a Unicredit e MPS (la più antica banca italiana, Monte dei Paschi di Siena) anche perché il tutto era relativo alla stessa persona, Alessandro Profumo, già presidente di Unicredit e attualmente presidente di MPS. Accusato, denunciato e sentenziato di evasione fiscale in Europa per la cifra di 3,5 miliardi di euro, Unicredit e Profumo (in quanto mente operativa della questione) se la stanno vedendo con le banche europee per un gigantesco conflitto di interessi. Mentre all’Unicredit si chiedono i soldi da pagare e Profumo è stato identificato come un evasore che non rispetta la Legge, Mario Monti, a nome del governo italiano, si è presentato da Mario Draghi chiedendo il consenso a “sforare” dai dispositivi sanciti dal Fiscal Compact per far avere –sempre allo stesso Profumo- un nuovo gettito di 3 miliardi di euro provenienti dalle casse dello stato italiano, dopo i 24 che ha già ricevuto negli ultimi cinque anni. Essendo il titolo della banca considerato in borsa “spazzatura” (il titolo che tre anni fa valeva 2 euro in borsa, oggi vale 0,17 euro in borsa) non è ammissibile neppure per Draghi una cosa del genere. Rischiosissima. Infatti, i greci –giustamente dal loro punto di vista- hanno immediatamente protestato pretendendo una proroga del loro debito. E’ andata a finire come ben sappiamo. Non si sa se Unicredit pagherà o meno ciò che ha rubato e MPS avrà i suoi soldi da investire in nuovi derivati speculativi a rischio sempre più alto, l’unica possibilità rimasta di poter mettere un buco alla voragine di una banca tecnicamente già fallita da un pezzo. Tutta la gestione dei rapporti tra istituzioni e banche, tra governo e banche, tra BCE e banche, portata avanti da Mario Monti e dal PD dal PDL e dall’Udc finiranno per aumentare nel mese di dicembre il disavanzo pubblico portandolo a un ulteriore aumento e raggiungendo la cifra di 2000 miliardi di euro. Qui in Italia ci portano via i soldi per darli a banchieri evasori che gestiscono banche già fallite, mentre in Argentina c’è chi ha messo legalmente il bavaglio alle banche, le ha ammanettate e le ha sottoposte a una rigida, attenta regolamentazione sotto la custodia, tutela e attenzione della classe politica al governo in rappresentanza delle istituzioni collettive. Una bella differenza. La guerra, quindi, prosegue. Ed è sempre la stessa, quella tra oligarchi della finanza e i loro oppositori. Da noi, ci fanno credere che il problema sia se vince Renzi o se vince Bersani oppure se Berlusconi si candiderà oppure no. Sapete che vi dico? (con il cuore in mano). Se a questo punto c’è qualcuno che pensa possa essere così, allora vuol dire che ce li meritiamo tutti. Questa è la loro forza. C’è ancora qualcuno che dà loro credito. Non lamentiamoci, dunque, se le banche non lo danno a noi, il credito. Perché mai dovrebbero? Buona domenica a tutti. Ecco l’articolo, a firma Sebastian Premici, celebre giornalista e intellettuale argentino.
Màs poder para proteger el ahorro La ley se aprobó con 43 votos a favor y 19 en contra. El Frente para la Victoria y el FAP respaldaron la iniciativa en general, mientras que el peronismo disidente y los radicales se opusieron. La CNV tiene 180 días para reglamentarla. Por Sebastián Premici El Senado convirtió en ley el proyecto que modifica la regulación sobre el mercado de capitales y le otorga a la Comisión Nacional de Valores mayores atribuciones de control. El Frente para la Victoria consiguió 43 votos afirmativos, mientras que 19 senadores votaron en contra. Como viene sucediendo en las últimas sesiones, el oficialismo consolidó un núcleo de votos con sus aliados tradicionales, el Movimiento Popular Neuquino, los legisladores por Tierra del Fuego que representan a Nuevo Encuentro, y se sumó una senadora del PJ de La Pampa y otra de Santa Fe. El único bloque opositor que acompañó al oficialismo en la votación en general fue el FAP, que luego rechazó tres artículos. Por su parte, la UCR y el peronismo disidente votaron en contra. Los senadores radicales mantuvieron una postura diferente a la de sus colegas de la Cámara de Diputados, quienes habían acompañado en general al FpV. Su argumento fue que con la introducción de un cambio durante la votación en particular en la Cámara baja –la posibilidad de que la CNV designe veedores en caso de gravedad institucional, en defensa de los inversores minoristas, como el propio Estado–, se estaba desvirtuando el objetivo central del proyecto. En el recinto estuvieron presentes el ministro de Economía, Hernán Lorenzino, y el titular de la CNV, Alejandro Vanoli. El proyecto del Ejecutivo había logrado la media sanción el miércoles de la semana pasada (184 a 24). Sin mediar dilaciones, el proyecto pasó al Senado donde fue tratado en comisión al día siguiente. Una semana después, fue convertido en ley. “La Bolsa no desaparecerá. La idea es que haya cada vez más jugadores. Es imperioso romper el contraste entre tasa de interés y tipo de cambio y la desesperación por el acceso al dólar como atesoramiento. El Estado garantizará los ahorros con una mayor regulación de la CNV. La idea es poder canalizar el ahorro hacia las inversiones productivas en las provincias”, sostuvo Aníbal Fernández, titular de la Comisión de Presupuesto. Durante la sesión de Diputados se introdujeron varios cambios al proyecto original, muchos de ellos consensuados con la oposición e incluso con los actores del mercado. Pero hubo una modificación que llamó la atención de la oposición. En el artículo 20 se agregó el siguiente texto: “Cuando, como resultado de los relevamientos efectuados, fueren vulnerados los intereses de los accionistas minoritarios y/o tenedores de títulos valores sujetos a oferta pública, la CNV podrá designar veedores con facultad de veto de las resoluciones adoptadas; y separar a los órganos de administración de la entidad por un plazo máximo de ciento ochenta (180) días hasta regularizar las deficiencias encontradas”. Así como existe un núcleo duro que acompaña al oficialismo, el núcleo de la UCR y el PJ disidente tiene cada vez más coincidencias, al menos desde lo discursivo. Ambos cuestionaron al Gobierno sobre la posible “discrecionalidad” en la manera de aplicar la nueva regulación sobre el mercado de capitales. En definitiva, las críticas apuntan a la capacidad de regulación del Estado. “Este es un gobierno con sello anti inversión. El mercado no es otra cosa que un lugar de reunión, donde el Estado debe tener el mínimo interés de que no haya fraude. Nadie pertenecerá a un club para que le peguen. Los que ya están, están, pero no habrá nuevos jugadores en estas condiciones. La intromisión en la actividad privada logra el desaliento”, sostuvo Juan Carlos Romero (PJ Salta). Por su parte, el radical Gerardo Morales –quien tuvo un cruce con la pampeana María de los Angeles Higonet (ver aparte)– afirmó que el proyecto “vulnera la seguridad jurídica”. Su correligionaria, Laura Montero, fue un poco más específica. “La regulación del mercado quedará en manos del Ejecutivo que podrá tener atribuciones discrecionales. Hubiéramos querido que haya participación de la oposición en el directorio de la CNV”, manifestó la mendocina, aliada de Julio Cobos. La modificación en el artículo 20 contempla el hecho de que muchas empresas que cotizan en la Bolsa tienen inversiones provenientes del “ahorro público”. Según explicaron a Página/12 desde la CNV, se incluyeron en el articulado “herramientas legales para actuar rápidamente ante situaciones graves que puedan alterar el normal desarrollo de la operatoria diaria y la estabilidad del mercado”. La capacidad de intervención del Estado apunta a “salvaguardar” las inversiones realizadas que surgen en su mayoría del Fondo de Sustentabilidad de la Anses, que se nutre con los aportes de los trabajadores. Desde esta perspectiva, se habría incluido el artículo para “proteger” dichas inversiones, dato que la oposición pasó por alto. “Algo de lo que se habló poco en el debate es el rol de las calificadoras, que están cuestionadas en todo el mundo. Las universidades le darán un aspecto totalmente diferente a esta cuestión. Lo otro que no se dijo fue la desmutualización (salvo por una mención de Montero). Para ser socio de la Bolsa había que pagar cinco millones de pesos. Se eliminó ese requisito”, manifestó Miguel Angel Pichetto, titular del bloque del FpV. Otro aspecto relevante de las modificaciones incluidas durante la sesión de la Cámara baja tiene que ver con una cláusula que sostiene que “en ningún caso se podrán disponer despidos por causa de las disposiciones de la presente ley”. La oposición quería incluir la obligación del Estado de tomar a cualquier empleado de las Bolsas que eventualmente fuese despedido. Los trabajadores de la Bolsa de Comercio estuvieron en la puerta del Senado repartiendo volantes, para que se les garanticen sus fuentes laborales. “No puede haber despido alguno por esta ley. Por eso pedí que la reglamentación sea lo más clara posible en este punto”, sostuvo Fernández al comienzo de su exposición. La ley será promulgada en los próximos 30 días. Las distintas Bolsas y mercados del país ya comenzaron su lobby para tratar de incidir en esta instancia. Sergio Di Cori Modigliani Fonte:http://sergiodicorimodiglianji.blogspot.it
http://terrarealtime.blogspot.it
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