"THE END"

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giovedì 13 dicembre 2012

Platone e il declino italiano

Platone, oltre ad essere un grande filosofo, è stato anche un acuto osservatore dello Stato, di come si sviluppa e dei suoi fondamenti.
Per quanto riguarda la democrazia, lui afferma che: «la democrazia nasce quando i poveri, dopo aver riportata la vittoria, ammazzano alcuni avversari, altri ne cacciano in esilio e dividono con i rimanenti, a condizioni di parità, il governo e le cariche pubbliche, e queste vi sono determinate per lo più col sorteggio».
Sembrerebbe proprio quello che è accaduto in Italia dopo il fascismo: il re in esilio, i partigiani che sono saliti al potere raggruppati nei partiti principali come il Psi, Dc, PdA, etc e la successiva spartizione del potere e del territorio.
La democrazia però ha in sé i germi della sua malattia: si ammala di sé stessa perché diventa vittima della sua stessa libertà.
Platone, infatti, afferma che quando uno stato spesso confonde la libertà con la licenza, approfittando della libertà stessa ma svincolandola dal dovere nei confronti degli altri, si avvia ad un lento declino.
Una frase de La Repubblica, colpisce molto per la sua attualità: «In un ambiente siffatto, […] in cui chi comanda finge, per comandare sempre di più, di mettersi al servizio di chi è comandato e ne lusinga, per sfruttarli, tutti i vizi; in cui i rapporti tra gli uni e gli altri sono regolati soltanto dalle reciproche convenienze nelle reciproche tolleranze; in cui la demagogia dell’uguaglianza rende impraticabile qualsiasi selezione, ed anzi costringe tutti a misurare il passo delle gambe su chi le ha più corte; in cui l’unico rimedio contro il favoritismo consiste nella molteplicità e moltiplicazione dei favori».
Un testo del 370 a. C. descrive esattamente quello che è accaduto dal secondo dopoguerra ad oggi: un inesorabile discesa nell’egoismo individuale, nell’ingiustizia condivisa e accettata perché tutti ne guadagnano qualcosa, nell’assenza di meritocrazia e soprattutto nel connubio perverso che si instaura tra cittadini e i centri del potere.
Tutti i politici sono corrotti perché tutti i cittadini lo sono ma al tempo stesso si indigna in quanto si fa schifo di se stessa.
L’esito finale della democrazia, quando si ammala di anarchia e di indifferenza, è secondo Platone, la dittatura: «la gente si separa da coloro cui fa la colpa di averla condotta a tale disastro e si prepara a rinnegarla prima coi sarcasmi, poi con la violenza che della dittatura è pronuba e levatrice. »
Il dramma dell’Italia attuale è questo: la democrazia è malata in tutti i suoi strati ma sapremo recuperare dal declino, senza affondare nel totalitarismo politico o come più probabile, economico-finanziario?

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