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La maggior parte dei sudditi crede di essere tale perché il re è il Re. Non si rende conto che in realtà è il re che è il Re perché essi pensano di essere sudditi.
K. Marx
Concordo con chi è convinto che nell'ottica di chi tira i fili al mondo gran parte dei meccanismi che governano la nostra società, ad esempio la economia, la politica, la religione, la giurisprudenza, siano in realtà solo degli espedienti utili a soddisfare una unica, suprema esigenza: la distrazione scientifica della massa. Chi abbia sufficiente attitudine alla dietrologia non può non intuire come i meccanismi di cui sopra, dietro una apparente coerenza celino una sostanza arbitraria, illogica e anti-democratica. Come si spiega?
Una ipotesi è che questa sfilza di meccanismi monolitici dai connotati discutibili sia stata progettata ad arte dai vertici della piramide per mantenerci immersi in questo spettacolare, verosimile grande film fatto di continui alti e bassi, crisi e riprese, bastoni e carote, ambizioni, ideologie, paure, abitudini, necessità, doveri, malattie. Tutto piovuto dall'alto per monopolizzare i pensieri e le energie della massa ed impedirle di vedere la verità. Quale verità? Che tu sei uno schiavo, Neo, avrebbe risposto Morpheus. Che il solo modo di preservare la supremazia dei pochi è impedire ai molti - stiamo parlando di miliardi di individui - di cogliere la tragicità della loro condizione. L'insensatezza della normalità.
Se per tutti noi - infatti - la normalità è semplicemente la normalità - una normalità forse un filo troppo brutta per essere vera - sembra proprio che per i dominatori del mondo la normalità sia un lavoro a tempo pieno ed una assicurazione sulla vita.
Prendete la crisi economica. Parliamo di economia reale; quella che impone ai criceti di correre nelle rispettive ruote fino a sfiancarsi. In un sistema come il nostro le crisi economiche si innescano tramite un semplice atto unilaterale: chiudendo i rubinetti delle banche. Tutto qui. Perdonate la fresconeria ma preferisco basare le mie opinioni sul poco che so per esperienza diretta, piuttosto che sulle mille teorie di seconda mano propugnate dai dotti ripetitori di sistema. Chi crea i soldi dal nulla decide di crearne di meno e chi li distribuisce smette di farlo. Il giocatore principale decide di non giocare più, e va via sequestrando il pallone. Il resto è conseguenziale. Ma naturalmente il burattinaio non può presentarcela in questi termini, perché un crisi economica deve sembrare casuale, imprevista e soprattutto non percepita per ciò che in realtà è, ossia un atto di tirannia. Servono le motivazioni filmiche, che devono suonare plausibili. Bisogna sceneggiare una verosimile successione di eventi che siano in grado di motivarla agli occhi degli abitatori della finta democrazia. Ecco dunque che la macchina mediatica si incarica di imbottirci di dati e concetti che conferiscono una qual certa sostanza tecnica, un senso di complessità inaccessibile ai non addetti ai lavori, a ciò che in realtà è un volgare atto tirannico. Anche in questo caso - tuttavia - è sufficiente approfondire armati di diffidenza e dietrologia per constatare come oltre la solita, apparente coerenza si celi una sostanza arbitraria e artificiosa: la volontà di impoverire il cittadino per soggiogarlo e indurlo a reclamare una soluzione che giunga dall'alto. La bolla immobiliare, lo spread, il debito pubblico, l'euro, la Germania, gli speculatori, le agenzie di rating; tutta fuffa per mascherare il fatto che qualcuno abbia deciso che dovesse iniziare una crisi, perché secondo lui era giunto il momento che il grande film assumesse una piega drammatica.
E' attraverso questo grande film che la gente comune è indotta a scapicollarsi inseguendo standard fissati da qualcun altro, e adattandosi ad un regime di vita che non ha scelto per far fronte a contingenze che non ha causato. Non è necessario un analista esperto per prendere atto di come oggigiorno la società 'occidentale' sia come una enorme ruota per criceti in cui gli individui galoppano senza sosta e senza senso al ritmo scandito dai padroni del denaro.
Ho idea che i burattinai siano terrorizzati dal pensiero che un giorno la gente possa cessare di credere al grande film. Che cessi di sfiancarsi nella ruota del criceto e riesca a scorgere oltre la cortina delle distrazioni artificiali. Debiti, tasse, doveri, scadenze, catastrofi, pandemie, guerre, crisi, criminalità, terrorismo, poteri occulti, falsi sogni da perseguire sudando sangue all'interno di un habitat malsano, giorno dopo giorno, anno dopo anno. Che venga meno quello strano quid che induce la maggioranza a percepirsi come subordinata alla minoranza, solo perché quest'ultima ha deciso di auto-proclamarsi superiore. Che realizzando di essere essa stessa parte attiva e inconsapevole del meccanismo con cui viene stritolata, al tempo stesso vittima e carnefice, la gente smetta di partecipare.
Una delle più grandi illusioni neo-culturali è il luogo comune secondo cui la lotta politica sia perseguibile solo attraverso il fare, l'azione. Ad iniziare dalla pia illusione di un leader politico da votare alle prossime elezioni. Faccio, dunque sono. Il che diventa un problema in un mondo in cui praticamente tutto ciò che fai può essere usato contro di te. Cortei; manifestazioni, gesti emblematici, scontri con le forze dello ordine schierate in assetto Gioco della Playstation; banchetti, gazebo, petizioni. Reti di cittadini, gruppi attivistici, partiti politici. Azioni violente contro terzi o contro se stessi. Muoversi. Agire. Dobbiamo-Fare-Qualcosa.
E alla fine tutto resta uguale, dato che: 1) Il sistema siamo noi, e fintanto che noi continueremo ad alimentarlo con la nostra attiva partecipazione, esso persisterà, non importa quanto veementemente protesteremo e agiremo e urleremo. 2) Sono tutte soluzioni intestine al grande film; sono state inculcate nella mentalità collettiva da una cultura monopolizzata dallo stesso potere contro cui sono rivolte...
A tal proposito, faccio un inciso. Un altro gioco di prestigio culturale è stato quello di indurre la gente a ricorrere a plateali atti di protesta autolesionistici, ad esempio lo sciopero della fame o della sete, l'auto-incatenamento, la permanenza allo addiaccio in cima a una torre, fino all'autolesionismo fisico. Gente, non esiste esasperazione o disperazione che giustifichi gesti simili. Essi non sono che il frutto dell'ennesimo incantesimo propagato con il maligno supporto della cultura di massa. Sono del tutto innocui per il potere, che se la ride, compiaciuto e indisturbato. E' una ovvietà, ma a volte rimarcare una ovvietà può servire.
Tornando in argomento, è sufficiente analizzare quel poco che passa il convento dei media per realizzare come la forma di protesta meno rappresentata dal 'circuito della cultura di massa', da film, documentari, informazione e talk show, sia la inazione. Il non agire; il cessare - pacificamente - di svolgere le proprie mansioni all'interno della macchina sistemica. Fateci caso: la protesta è rappresentata esclusivamente sotto forma di azione, tra manifestazioni, scontri violenti, atti emblematici e terroristici. Che fine hanno fatto le centinaia di migliaia di persone che hanno scelto di smettere di collaborare con il sistema e si sono riunite in comunità autosufficienti, in tutto il mondo? Esistono, sono molto più numerose di quanto i media vorrebbero dare ad intendere, e la loro scelta di vita denuncia un evidente, profondo disagio nel vissuto sistemico. Ebbene, per la cultura dominante costoro non esistono, e nei rari casi in cui se ne accenni sono dipinti come freak o fanatici religiosi. Come ogni altro oscuramento riscontrabile nella cultura dominante, anche questa omissione non è casuale. Il potere sta semplicemente tentando di rimuovere la inazione dal novero delle proteste 'codificate', dal momento che non è in grado di gestirla.
Non a caso lo sciopero, potente strumento persuasivo con cui molte categorie di lavoratori erano potenzialmente in grado di costringere il potere a sottostare ad ogni loro istanza, semplicemente cessando di collaborare, con il tempo e l'opera certosina di media e istituzioni è stato progressivamente svigorito attraverso 'regolamentazioni' della materia e 'deregolamentazioni' della economia che lo hanno trasformato in un inutile simulacro, sotto lo sguardo svampito dei sindacati. (v. post correlati).
Non appena una congrua percentuale di individui smettesse di prestare il proprio contributo alla diffusione del grande film e alla perpetuazione del gioco truccato, la macchina sistemica si incepperebbe. E se la macchina si inceppa, si ferma l'economia, si ferma la dittatura del debito, si ferma il luogo comune del denaro, si fermano eserciti e propaganda mediatica. E in men che non si dica i detentori del potere perdono ogni ascendente sulla popolazione.
Sicché possiamo sperare di raggiungere, un giorno, la congrua percentuale di cui sopra? Ebbene, è qui che la teoria va a schiantarsi contro la realtà dei fatti. Perché mentre noialtri siamo impegnati ad auto-schedarci su internet e ballare il Gangnam Style i burattinai stanno lavorando alacremente affinché questo non accada, e a lume di naso, sembrano essere già a buon punto.
Merce rara la individualità, specie di questi tempi. Ecco perché nonostante tutto è probabile che la maggioranza preferirà le briciole al rischio. Stringerà con più forza il proprio posto all'interno del meccanismo, vivacchierà cercando di non disturbare, di non attirare l'attenzione, e bofonchiando il suo disappunto incrocerà le dita in attesa del giorno in cui il Burattinaio deciderà che la fase drammatica del grande film sia da considerarsi conclusa. Una volta che il gregge sarà stato debitamente tosato, che la congiuntura economica straordinaria avrà giustificato drastiche misure politichepermanenti, i rubinetti saranno riaperti e giungerà il tempo della lenta ripresa, che preluderà al nuovo boom economico, il quale sarà conseguito con il duro lavoro e soprattutto la distrazione della massa. Tutto ciò, fino alla 'crisi' successiva.
Persuadere miliardi di persone che la 'normalità' sia la robaccia monocromatica ed artificiosa che spacciano come tale, è un lavoro non da poco. Tuttavia contribuiamo tutti - in qualche misura - ad alleggerire il compito di chi dirige le danze. La nostra partecipazione al meccanismo da cui siamo vessati sta fornendo ai burattinai una legittimazione etica (opinabile, ma solo dai sani di mente), una sorta di invito implicito a continuare a suonare la solita musica. Occorre recuperare la nostra autonomia materiale e intellettuale; dimostrare con i fatti di essere persone, e non una massa di criceti inebetiti dallo stress, dalla tv e dai social network.
Basterebbe sbarazzarsi dei loro mezzi di comunicazione, dei telefonini e delle carte di credito, per assestare un colpo mortale al meccanismo. Smettere di giocare alla partita truccata. Andare oltre i concetti prefabbricati, verosimili ma non veri, a volte luccicanti ed edificanti, ma tutto sommato intestini al grande film. Solo così si può sperare di uscirne, prima che sia troppo tardi.
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