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venerdì 15 marzo 2013

Papa Francesco, le accuse al suo passato non tengono

Posted by Marcella Fraschi

Di Simone F.

La Chiesa cattolica ha di nuovo un Papa, il suo nome è Jorge Mario Bergoglio. Ancora vivo e dolce il ricordo di Benedetto XVI, sentiamo già di amare anche papa Francesco, nome che ha voluto scegliere e che sembra rispecchiare perfettamente il suo temperamento semplice e umile.

Lasciamo ad altri siti web e testate giornalistiche, certamente molto più capaci di noi, il compito di approfondire la sua figura e l’importanza di questa scelta, noi siamo più portati a rivolgerci agli avversari della Chiesa e a tutti coloro che trovano significativo avere del materiale utile per rispondere alle eterne accuse rivolte al mondo cattolico.

LE ACCUSE
L’aspetto che ci interessa affrontare (e su cui dovremo tornarci più volte) sono le accuse che sono state già rivolte a papa Francesco. Arrivano da parte di un ex guerrigliere marxista, il giornalistaHoracio Verbitsky, che nel libro L’Isola del silenzio (2006) e in alcuni articoli ha parlato di un comportamento controverso di Bergoglio a partire dal 24 marzo 1976, ovvero durante il periodo didittatura in Argentina. Durante quegli anni, effettivamente, parte della chiesa argentina non è riuscita ad esprimere dure condanne verso il regime: alcuni parlano di complicità, altri -come vedremo- di semplice paura e cautela.

Il nome di Bergoglio emerge principalmente riguardo ad un fatto specifico: nel febbraio del 1976, un mese prima del golpe, Bergoglio a capo dei Gesuiti argentini -ed intenzionato a mantenere la non politicizzazione della Compagnia di Gesù- chiese a due gesuiti Orlando Yorio e Francisco Jalics, di lasciare la loro missione nelle favelas a causa dell’adesione esplicita alla ambigua Teologia della Liberazione, di chiaro stampo marxista. Al loro rifiuto, Bergoglio li espulse dall’ordine poi, sempre stando alla ricostruzione del giornalista, fece pressioni all’allora arcivescovo di Buenos Aires per toglier loro l’autorizzazione a officiare messa. Poco dopo il colpo di Stato, i due religiosi furono sequestrati, detenuti e torturati nella Scuola meccanica della Marina (Esma), simbolo delle violenze e delle torture contro i desaparecidos. Una volta liberati, dietro esplicite pressioni del Vaticano, uno di loro, Yorio, raccontò che quella espulsione dai gesuiti rappresentò una sorta di via libera per i golpisti (è poi morto per cause naturali). L’altro sacerdote, Jalics, ha invece buoni rapporti con Bergoglio. Il futuro Papa, dal canto suo, rispose alle accuse spiegando che il suo ordine di lasciare le baraccopoli, in realtà, era un espediente per metterli al sicuro.

NESSUNA PROVA O INDIZIO VALIDO.

In ogni caso, come giustamente ha riportato anche il Fatto Quotidiano, non ci sono testimonianze o indizi che provino il suo coinvolgimento. Il Foglio spiega: «Contestò l’apertura dei gesuiti alla Teologia della Liberazione, negli anni ’70 e questa posizione forse gli è valsa l’accusa ingiusta di connivenza con il regime dei generali, anche se peraltro non ci sono mai state prove nè indizi della sua vicinanza alla dittatura». Lo spiega anche Aldo Cazzullo, sul Corriere della Sera: «Un’infamia alimentata dai nemici di Bergoglio indicò in lui l’ ispiratore del sequestro; era vero il contrario: il Provinciale andò di persona da Videla per chiedere la liberazione dei due religiosi, e agli atti della giunta militare risulta la richiesta di un passaporto per loro». Non si piegò mai, spiega ancora l’editorialista de il Corriere, ai caudillos, ai militari e ai politici, che si sono alternati alla guida dell’Argentina. L’assenza di prove è stata riconosciuta in queste ore dallo stesso accusatore principale, Horacio Verbitsky, intervistato daRepubblica, che spiega di non aver mai trovato prove e, nonostante abbia cercato per anni qualcosa,«non ci sono prove schiaccianti». Soltanto delle testimonianze, che però arrivano tutte da parte marxista, come lo è lo stesso Verbitsky. Anche Leonardo Boff, uno dei fondatori della Teologia della liberazione, ha affermato: «Sono incoraggiato da questa scelta, considerandola come pegno per una chiesa di semplicità e di ideali ecologici». Evidentemente anche lui non ha sostenuto le accuse rivolte al nuovo Papa, arrivate invece da suoi colleghi di ideologia. A chiudere, si spera, la questione è intervenuto oggi anche Adolfo Perez Esquivel, pacifista argentino, vincitore del premio Nobel per la Pace nel 1980 per le denunce contro gli abusi della dittatura militare argentina negli anni Settanta. Ha spiegato alla BBC: «Ci sono stati vescovi che erano complici della dittatura in Argentina, ma non Bergoglio», negando ogni validità alle acccuse.

SALVO’ PRETI E LAICI DALLA DITTATURA
Tanti altri non soltanto negano le accuse, ma indicano anche il suo ruolo estremamente positivo nelsalvare numerose persone dalle mani della dittatura. Cazzullo, ad esempio spiega ancora che Bergoglio «si mosse per salvare preti e laici dai torturatori, ma non ebbe parole di condanna pubblica che del resto non sarebbero state possibili se non a prezzo della vita, e tenne a freno i confratelli che reclamavano il passaggio all’opposizione attiva». Una delle persone salvate dal futuro Papa è l’attivista per i diritti umani, Alicia de Oliveira, diventata poi sua grande amica, che lo definisce un «uomo di una normalità estrema». Dalla sua parte anche le madri di Plaza de Mayo, durissime (non del tutto a torto) nei confronti della gerarchia cattolica argentina. In ogni caso, da presidente dei vescovi argentini, Bergoglio ha spinto la Chiesa argentina a pubblicare una sorta di mea culpa in occasione del 30esimo anniversario del colpo di Stato, nel 2006: “Ricordare il passato per costruire saggiamente il presente”era il titolo della missiva apostolica.

L’ex arcivescovo di Buonos Aires è riuscito a riparare la reputazione di una chiesa che ha perso molti seguaci non avendo saputo sfidare apertamente la dittatura argentina. «Bergoglio è stato molto critico nei confronti delle violazioni dei diritti umani durante la dittatura, ma ha sempre criticato anche i guerriglieri di sinistra. Egli non dimentica quella parte» ha scritto il suo biografo Sergio Rubin. Il premio Nobel Perez Esquivel ha anche ricordato gli sforzi di molti religiosi per «liberare silenziosamente molti prigionieri [...]. Ci sono stati molti sacerdoti e religiosi che sono stati perseguitati, imprigionati e torturati. Persecuzioni si sono verificate in tutti i settori della società. Non solo religiosi, ma anche laici coinvolto nelle comunità di base, nelle parrocchie, che sono stati rapiti e dispersi fino ad oggi».

APPROVATO DAGLI ANTICLERICALI
L’unica nota dolente che rimane è che il nuovo Papa piace anche a chi la Chiesa cattolica non la sopporta, come don Gallo, Vito Mancuso e Alberto Melloni e perfino Hans Kung. Ci auguriamo che la loro conversione sia reale e persista nel tempo. Un capitolo a parte invece per Marco Politi, che recentemente (vedi l’ultima puntata su La7 di Piazza Pulita) ha mostrato di saper mettere da parte le sue tentazioni laiciste difendendo la Chiesa dagli attacchi di Odifreddi e don Alberto Maggi (altro prete mediatico e anticlericale). Questo il suo articolo sul nuovo Papa, speriamo in un nuovo modo di fare giornalismo, anche per lui.

Fonte: uccr

http://www.losai.eu/

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