Qui alla fonte originale il video DI MARCO CANESTRARI
Il giusto e lo sbagliato non sono concetti statici ed immutabili. Non è possibile scrivere sulla carta tutte le regole da seguire e tutte le ipotesi osservabili, per trovarsi sempre nel "giusto". Il presente è vivo e mutevole e non si cura di regolamenti e indicazioni antiche.
Chi vuole sapere ciò che è corretto fare, deve compiere una scelta e correre un rischio, senza garanzie. Se vediamo che una persona viene maltrattata, possiamo condannare l'azione ingiusta, anche senza doverlo leggere da un libro o una pergamena sacra. Quindi di fronte ad ogni ingiustizia dovrebbe sorgere spontanea l'azione di intervenire per impedirla. Rimanere passivi di fronte agli errori altrui senza fermarli significa partecipare all'errore. Se assistiamo ad un episodio di violenza da parte di una persona che non ha chiarezza, è quindi nostro compito fermarla. Abbiamo chiarito quindi che il giusto e lo sbagliato non possono essere racchiusi in un regolamento fisso. Stiamo parlando infatti di azioni che riguardano una percezione immediata, non trasferibili nel tempo, né riproducibili. Finora invece abbiamo fatto solo l'opposto, cercando regole e ideologie a cui affidarci, da ripetere all'infinito restando sempre nel "giusto".
Per compiere azioni corrette invece ci vuole coraggio. È necessario mettersi in gioco e decidere di volta in volta quali azioni sono corrette e quali invece andrebbero fermate. Piuttosto che di regole, abbiamo bisogno di una coscienza collettiva. Abbiamo bisogno di alimentare la sensibilità e la partecipazione di questa umanità, troppo spesso impassibile e indifferente.
Testo di Fauno Lami
INFORMAZIONI SUGLI INCONTRI A ROMA
Il giusto e lo sbagliato non sono concetti statici ed immutabili. Non è possibile scrivere sulla carta tutte le regole da seguire e tutte le ipotesi osservabili, per trovarsi sempre nel "giusto". Il presente è vivo e mutevole e non si cura di regolamenti e indicazioni antiche.
Chi vuole sapere ciò che è corretto fare, deve compiere una scelta e correre un rischio, senza garanzie. Se vediamo che una persona viene maltrattata, possiamo condannare l'azione ingiusta, anche senza doverlo leggere da un libro o una pergamena sacra. Quindi di fronte ad ogni ingiustizia dovrebbe sorgere spontanea l'azione di intervenire per impedirla. Rimanere passivi di fronte agli errori altrui senza fermarli significa partecipare all'errore. Se assistiamo ad un episodio di violenza da parte di una persona che non ha chiarezza, è quindi nostro compito fermarla. Abbiamo chiarito quindi che il giusto e lo sbagliato non possono essere racchiusi in un regolamento fisso. Stiamo parlando infatti di azioni che riguardano una percezione immediata, non trasferibili nel tempo, né riproducibili. Finora invece abbiamo fatto solo l'opposto, cercando regole e ideologie a cui affidarci, da ripetere all'infinito restando sempre nel "giusto".
Per compiere azioni corrette invece ci vuole coraggio. È necessario mettersi in gioco e decidere di volta in volta quali azioni sono corrette e quali invece andrebbero fermate. Piuttosto che di regole, abbiamo bisogno di una coscienza collettiva. Abbiamo bisogno di alimentare la sensibilità e la partecipazione di questa umanità, troppo spesso impassibile e indifferente.
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