La Fisica dei Quanti o, più propriamente, Meccanica Quantistica, ha rivoluzionato la visione scientifica della realtà ed offre una solida base di conoscenza per ampliare i propri orizzonti mentali.
Due scienziati di fama mondiale, esperti in fisica quantistica, dicono che si può dimostrare l’esistenza dell’anima, basandosi sulla fisica quantistica.
Lo studioso americano Stuart Hameroff e il fisico inglese Roger Penrose hanno sviluppato una teoria quantistica della coscienza, affermando che le anime sono contenute all’interno di strutture chiamate microtubuli che vivono all’interno delle cellule cerebrali (neuroni).
L’anima sarebbe composta da prodotti chimici quantistici, che nel momento della morte fuggono dal sistema nervoso per entrare l’universo.
La loro idea nasce dal concetto del cervello visto come un computer biologico.
La coscienza sarebbe una sorta di programma per contenuti quantistici nel cervello, che persiste nel mondo dopo la morte di una persona.
Le anime degli esseri umani sarebbero perciò molto più che la semplice interazione dei neuroni nel cervello: sarebbero della stessa sostanza dell’universo ed esisterebbero sin dall’inizio dei tempi.
Il dottor Hameroff, professore emerito nel Dipartimento di Anestesiologia e Psicologia, nonché Direttore del Centro di Studi sulla Coscienza dell’Università dell’Arizona, ha basato gran parte della sua ricerca negli ultimi decenni nel campo della meccanica quantistica, dedicandosi allo studio della coscienza. Con il fisico inglese Roger lavora sulla teoria dell’anima come composto quantistico dal 1996.
I due studiosi sostengono che la nostra esperienza di coscienza è il risultato degli effetti di gravità quantistica all’interno dei microtubuli.
In una esperienza di pre-morte i microtubuli perdono il loro stato quantico, ma le informazioni contenute in essi non vengono distrutte. In parole povere, l’anima non muore ma torna l’universo.
Con la morte, “il cuore smette di battere, il sangue non scorre, i microtubuli perdono il loro stato quantico”, ha detto il dottor Hameroff.
L’informazione quantistica all’interno dei microtubuli non è distrutta, non può essere distrutta, si distribuisce soltanto e si dissipa nell’universo in generale, ha aggiunto.
Se colui che ha avuto un’esperienza di pre-morte risuscita, rivive, questa informazione quantistica può tornare nei microtubuli.
In caso di morte è possibile che questa informazione quantistica possa esistere al di fuori del corpo a tempo indeterminato, come anima.
Il dottor Hameroff dice che gli effetti quantistici, che svolgono un ruolo in molti processi biologici come l’odore, la navigazione degli uccelli o il processo di fotosintesi, stanno cominciando a convalidare la sua teoria.
Fonte: www.quantumconsciousness.org
TEORIA QUANTISTICA DELLA COSCIENZA Di Henry P. Stapp
(Discorso tenuto a Parigi da Henry P. Stapp l’11 maggio 2013)
Traduzione in italiano di Michele Forastiere
La meccanica quantistica è fondamentalmente una teoria della connessione mente-cervello. In questo discorso spiegherò perché le cose stanno così, e in che modo funziona questa connessione. La mia presentazione tratterà, nell’ordine, i seguenti punti:
1. Materialismo Speranzoso: *
È l’idea – attualmente sostenuta dalla maggior parte dei neuroscienziati – che l’adesione tenace ai principi della Meccanica Classica porterà, alla fine, alla comprensione della coscienza.
2. Meccanica Quantistica (MQ) di Copenhagen:
È la versione originale della MQ. Per essa le esperienze coscienti sono gli elementi base della teoria. Ciò nonostante, non riesce a fornire una comprensione logicamente coerente della realtà.
3. MQ ortodossa di Von Neumann:
Si tratta di una riformulazione della MQ di Copenaghen, che traduce la versione originale in una teoria razionalmente coerente della coscienza e della sua connessione al mondo fisicamente descritto.
4. L ‘effetto Zenone quantistico:
È una struttura matematica della meccanica quantistica ortodossa che spiega come le intenzioni coscienti influenzino le azioni corporee.
5. La natura non materiale della Natura:
Le apparenze ingannano! Il mondo fisicamente descritto non può essere fatto di “roba materiale”.
6. Effetti retro-causali:
Esperimenti recenti rivelano – direttamente a livello macroscopico – effetti retro-causali che sono totalmente incompatibili con la meccanica classica materialistica. Ciò mina alla base il Materialismo Speranzoso. Concluderò sostenendo che è importante per noi, come individui e collettivamente, correggere la nozione attualmente diffusa che la scienza dimostri che siamo automi meccanici. Quest’ultima idea si basa sulla meccanica classica, ormai empiricamente invalidata. Il suo successore, la MQ empiricamente valida, ci rappresenta come esseri psico-fisici le cui intenzioni coscienti non sono determinate dagli aspetti fisici della Natura, ma che tuttavia influenzano causalmente il corso degli eventi fisici.
La domanda che ci si pone immediatamente davanti è questa: “Qual è la connessione tra le nostre esperienze coscienti e il mondo fisicamente descritto?” Le teorie fisiche classiche prevalenti nella scienza durante i secoli XVIII e XIX affermavano che ogni proprietà fisica è pre-determinata soltanto da proprietà fisiche precedenti, senza alcun “input” aggiunto dalla coscienza. Questa affermazione, se fosse vera, implicherebbe che le nostre vite sono senza senso: ridurrebbe ciascuno di noi a un automa meccanico sostanzialmente privo di mente, che non è in grado di influenzare il corso degli eventi fisici futuri – né a proprio beneficio, né a beneficio di chiunque altro.
Oggi si sa che le teorie fisiche classiche sono fondamentalmente false. Esse sono stati sostituite dalla MQ. In questa nuova teoria, le nostre “libere scelte” coscienti svolgono un ruolo dinamico essenziale nel determinare il futuro. Tali scelte sono dette “libere”, perché non sono vincolate da alcuna altra caratteristica della teoria, statistica o di altro tipo. Gli effetti fisici diretti di queste libere scelte mentali stanno nella loro influenza sul cervello.
MATERIALISMO SPERANZOSO
Sir Karl Popper è generalmente considerato uno dei più grandi filosofi della scienza del XX secolo. Egli definiva “Materialismo Speranzoso” la teoria della connessione mente-cervello attualmente sostenuta dalla corrente principale delle neuroscienze. La “speranza” implicita in tale espressione è che l’adesione tenace ai principi della meccanica classica alla fine porterà alla comprensione della coscienza. La sfida scoraggiante per il Materialismo Speranzoso è stata efficacemente descritta dal grande fisico del XIX secolo, John Tyndall: “Siamo in grado di tracciare lo sviluppo di un sistema nervoso e correlarlo ai fenomeni paralleli di sensazione e pensiero. Vediamo con certezza priva di dubbi che essi vanno di pari passo. Ma è come salire nel vuoto nel momento in cui tentiamo di comprendere la connessione tra loro … L’uomo come oggetto è separato da un abisso invalicabile dall’uomo come soggetto. Non esiste nell’intelletto un’energia motrice in grado di trasportarlo da uno all’altro senza fratture logiche.”[1] {The Belfast Address, 1874}
L’”abisso invalicabile” di Tyndall è stato invece colmato dal grande logico del Novecento, John von Neumann. Ma tale risultato si è basato sulla sostituzione dei principi della fisica classica con quelli della MQ.
MECCANICA QUANTISTICA DI COPENAGHEN
Agli inizi del XX secolo, una serie di risultati teorici e sperimentali hanno dimostrato che i principi classici, che funzionano tanto bene per i grandi oggetti astronomici e terrestri, smettono di valere per i componenti atomici di tali oggetti. A questo punto, si è scoperto un nuovo insieme di leggi che valgono a livello atomico. Queste leggi si applicano, in linea di principio, non soltanto ai singoli atomi, ma anche a sistemi costituiti da un numero arbitrariamente grande di atomi. Se però cerchiamo di applicare tali leggi a un sistema composto sia dai costituenti atomici di una persona che osserva, sia da quelli del sistema che essa sta osservando, spesso ci si accorge che ciò che l’osservatore esperimenta è molto diverso da quanto predice la teoria. In virtù delle leggi atomiche, il cervello dell’osservatore evolve in una miscela di molti stati differenti, ognuno dei quali corrisponde ad una percezione diversa; tuttavia, solo una di queste percezioni si verifica in ogni data istanza empirica reale. Di conseguenza la teoria, intesa nell’ordinario modo tradizionale, non riesce ad accordarsi con l’esperienza.
I fondatori della MQ risolsero questo conflitto tra teoria ed esperienza abbandonando la struttura concettuale che Isaac Newton aveva creato nel XVII secolo. Quel modo “classico” di pensare era stato accettato dagli scienziati, per più di due secoli, come il fondamento appropriato della scienza. Ma esso escludeva, in linea di principio, ogni partecipazione causale delle nostre esperienze coscienti al dispiegarsi del futuro fisicamente descritto.
La teoria quantistica abolisce tale esclusione. Essa eleva le nostre esperienze coscienti dal ruolo di testimoni passivi a quello di partecipanti attivi nella creazione del nostro futuro fisico comune.
Per comprendere questo profondo cambiamento nella concezione scientifica di noi esseri umani e della Natura di cui facciamo parte, è utile esaminare come è avvenuta questa revisione radicale. Per far fronte alle sconcertanti scoperte del XX secolo, i padri fondatori della teoria quantistica sottolinearono che la scienza deve essere ancorata a ciò che conosciamo. Ma tutto ciò che sappiamo risiede nelle nostre esperienze. I fondatori perciò abbandonarono l’idea che lo scopo della scienza fosse quello di comprendere la realtà che sta dietro le nostre esperienze. Si concentrarono invece sulla struttura di quelle stesse esperienze. Nelle parole di Niels Bohr: “Nella nostra descrizione della natura, lo scopo non è quello di rivelare la vera essenza dei fenomeni, ma solo di rintracciare il più possibile le relazioni tra i multiformi aspetti della nostra esperienza.” {“La teoria atomica e la descrizione della natura”, p.18}
La teoria quantistica è stata quindi proposta originariamente non come una teoria della “realtà”, definita in qualche astratto senso classico, ma è stata presentata come uno strumento pratico per fare previsioni circa le esperienze future, sulla base delle informazioni derivate dalle esperienze passate. Le nostre esperienze umane divennero pertanto le realtà di base della teoria. Noi osservatori fummo così concepiti – in conformità con la comprensione intuitiva che abbiamo di noi stessi – come esseri psico-fisici che possono formarsi delle intenzioni valoriali su come agire meglio, e poi agire di conseguenza a tali intenzioni, scelte mentalmente.
Questo cambiamento è intrinsecamente ragionevole, ma viola una idea centrale della meccanica classica: inserisce di prepotenza nel funzionamento della natura certe scelte umane consapevoli che, nel quadro quantistico, non sono controllate dagli aspetti meccanici della teoria, né da qualsiasi altra cosa la teoria descriva. Queste “libere scelte” vengono introdotte nella teoria (una teoria utile nella pratica) come le scelte dello sperimentatore su quali azioni sperimentali di misura andrà a svolgere. Le libere scelte non vengono incluse al fine di soddisfare le nostre intuizioni su noi stessi. Esse giocano un ruolo tecnico essenziale: ogni scelta individua, in un modo non determinato da nulla nella teoria, una qualche esperienza possibile “discreta” all’interno di un insieme continuo e distribuito di esperienze possibili.
Qui è necessaria una pausa! Abbiamo compiuto un enorme salto concettuale, da cui derivano conseguenze importanti. Un minimo di riflessione seria è d’obbligo.
La meccanica classica è nata dalle nostre osservazioni dei grandi corpi celesti e terrestri. In tali casi, la nostra scelta di cosa occuparsi ha poco o nessun effetto sul sistema sotto osservazione. Ma è ragionevole concludere da questi casi che le nostre scelte mentali di studiare una data azione materiale riguardante una persona abbiano poco o nessun effetto sulle nostre azioni materiali? La risposta è chiaramente no! Il fatto che i moti percepiti dei pianeti non dipendano da quale domanda scegliamo di porci su quei movimenti non deve necessariamente trasferirsi alle domande che scegliamo di fare sui movimenti percepiti del nostro corpo. E in MQ l’estrapolazione dall’astronomia alle neuroscienze sbaglia in un modo ben preciso.
La MQ è tecnicamente molto più adatta di quella classica nel trattare gli effetti causali che la nostra mente indagatrice ha su ciò che sta indagando. Essa spiega la grande differenza tra le nostre percezioni dei pianeti e le nostre percezioni di noi stessi. La forma logica generale della procedura quantistica di misura è la seguente: l’osservatore sceglie, e poi esegue un’azione tale che, se la risposta esperienziale scelta per quell’azione di sondaggio si verifica effettivamente, allora il sistema sotto osservazione acquisisce una proprietà fisica associata. La “natura” risponde alla domanda dell’osservatore facendo sì che l’esperienza scelta si verifichi oppure non si verifichi, secondo una regola statistica quantistica.
Una caratteristica assolutamente fondamentale di tale processo di misura è che questa proprietà “osservata” è qualcosa di cui il sistema esaminato entra in possesso dopo che il processo è stato completato, ma potrebbe non aver posseduto prima che il processo fosse avviato. Ad esempio, lo stato di un sistema osservato prima dell’osservazione potrebbe essere rappresentato da uno stato fisico diffuso su una grande regione spaziale, mentre dopo la risposta positiva, lo stato potrebbe essere confinato a una regione minuscola. Tale “collasso dello stato quantico” rappresenta una soluzione al problema del dualismo onda-corpuscolo.
MECCANICA QUANTISTICA ORTODOSSA DI VON NEUMANN
L’idea di “collasso” risolveva – per decreto ufficiale – il problema del dualismo onda-corpuscolo. Ma sollevava molti altri enigmi. I fondatori li schivarono affermando di aver fornito solo uno strumento pratico che funzionava. Ma l’insigne logico John von Neumann affrontò gli enigmi di petto. L’originale metodo di “Copenaghen” per spiegare il processo di collasso dipendeva da una cosa misteriosa definita “taglio di Heisenberg“. Si supponeva che tutto ciò che giace “al di sotto” di questo taglio dovesse essere descritto nel linguaggio matematico della MQ, mentre tutto ciò che giace “al di sopra” del taglio venisse esposto o nel linguaggio della fisica classica oppure in termini psicologici o mentali. L’idea era che un resoconto pratico deve contenere le nostre intenzioni e libere scelte mentali, e anche – nelle parole di Bohr – le nostre descrizioni “di quello che abbiamo fatto e di ciò che abbiamo imparato”. Queste cose erano illustrate in termini mentali e classici, mentre le loro basi atomiche erano definite in termini di matematica quantistica.
Il taglio di Heisenberg era “mobile”: la sua collocazione dipendeva da quale uso pratico si doveva fare della teoria. Ma quella “mobilità” significava che lo stesso oggetto fisico poteva essere descritto in due modi logicamente incompatibili – classicamente o quantisticamente – a seconda dell’applicazione pratica. Tale incoerenza potrebbe anche andar bene per una teoria puramente pratica, ma non è accettabile per una teoria che aspira ad essere una rappresentazione della realtà stessa. Una mossa fondamentale fatta da von Neumann fu quella di dimostrare che la seconda delle descrizioni fisiche problematiche presenti nella formulazione di Copenaghen – precisamente la “descrizione classica” – può essere rimossa senza alterare le previsioni della teoria. Le esperienze mentalmente descritte venivano mantenute fisse, mentre il taglio di Heisenberg era spostato in alto, un passo alla volta, fino a che tutti gli oggetti fisicamente descritti venivano a giacere sotto il taglio – e quindi potevano essere rappresentati nel linguaggio matematico della MQ. Le “seconde” descrizioni fisiche in termini di concetti della falsa meccanica classica erano perciò eliminate.
D’altra parte, gli aspetti mentali dell’osservatore sono preservati durante lo spostamento del taglio, ma alla fine vengono spinti completamente fuori dall’universo fisicamente descritto. Questi aspetti mentali preservati furono chiamati “ego astratti” da von Neumann. Hanno carattere mentale, e sono separati dal mondo fisico. Eppure, ciascuno di tali ego mantiene un legame quantistico dinamico con un cervello fisico associato. Dunque l’”abisso invalicabile” di Tyndall, fra uomo come oggetto e uomo come soggetto, è stato colmato dalla rigorosa matematica quantistica. Von Neumann trasformò quanto era stato originariamente proposto come un semplice “strumento pratico che funziona” in una possibile descrizione razionalmente coerente di una realtà psico-fisica dinamicamente coesa. La formulazione di von Neumann, con l’eliminazione della problematica “descrizione classica”, elimina anche l’idea che la mera “grandezza” possa in qualche modo causare il collasso. Dopo tutto, quanto grande è “grande”? La formulazione di von Neumann lega il collasso non a un concetto nebuloso come “grande”, ma a qualcosa che, secondo la teoria, è separato dal mondo fisico – vale a dire la coscienza! E la sua teoria specifica il luogo in cui la coscienza agisce – precisamente nel cervello dell’osservatore.
L’EFFETTO DI ZENONE QUANTISTICO
Ora, potrebbe sembrare che la mera capacità di porre domande e registrare risposte lasci il nostro ego altrettanto inerme e impotente di prima. Ma il processo quantomeccanico del porre domande e ricevere risposte non è simile al processo meccanico classico, in cui l’osservatore è semplicemente un testimone passivo. Nella MQ, la libera scelta dell’osservatore di quale domanda porre svolge un ruolo critico nel determinare quali proprietà si manifesteranno. In MQ, l’osservatore pone alla Natura una domanda del tipo “Sì / No” sullo stato del sistema. Se la risposta della Natura è “Sì”, allora dopo questa risposta il sistema avrà sicuramente la proprietà che l’osservatore aveva liberamente scelto.
In generale, questa dipendenza delle proprietà del sistema sotto esame dalla scelta della domanda dell’osservatore non dà a quest’ultimo un effettivo controllo del sistema osservato. Questo perché la risposta della Natura potrebbe anche essere “No”. Tuttavia, esiste una situazione importante nella quale, secondo le regole quantistiche, le risposte “No” saranno fortemente soppresse. In tal caso, le libere scelte effettuate dall’osservatore possono esercitare un controllo efficace del sistema misurato – il quale, nella teoria di von Neumann, è il cervello stesso dell’osservatore. È possibile prevedere la soppressione delle risposte “No” se un’iniziale risposta “Sì” è seguita da una sequenza sufficientemente rapida di riproposizioni della stessa domanda. In questo caso l’osservatore acquisisce, mediante le sue proprie libere scelte, il potere di mantenere stabilmente in atto un processo cerebrale selezionato che di norma svanirebbe rapidamente.
Questo effetto è il celebre “Effetto di Zenone Quantistico”, che venne associato da Sudarshan e Misra al paradosso della freccia in volo formulato dal filosofo greco Zenone di Elea.
Questo importante cambiamento dinamico nel ruolo di noi osservatori è stato più volte sottolineato da Bohr e dagli altri fondatori della MQ, in affermazioni come questa: “Nel grande dramma dell’esistenza umana siamo sia attori che spettatori.” Si tratta di un’innovazione che rende giustizia all’impegno di William James alla razionalità: “È a mio avviso del tutto inconcepibile che la coscienza non debba avere nulla a che fare con un’attività alla quale partecipa tanto fedelmente.” {Principi di psicologia, volume 1, p.136}.
LA NATURA NON MATERIALE DELLA NATURA
Viene da chiedersi perché la maggior parte dei neuroscienziati interessati alla connessione mente‑cervello scelga di ignorare una teoria proposta dalla fisica contemporanea. Un motivo, naturalmente, è il potere dell’inerzia e dell’autorità. Un altro è la matematica non familiare. Ancora più importante è il fatto che i libri di testo di fisica seguano l’approccio pragmatico di Copenaghen, in cui si immagina che il collasso quantico si verifichi nei dispositivi di misurazione esterni, piuttosto che nel cervello. Ma probabilmente l’inibitore più influente di tutti è il fatto che la teoria ortodossa implica che l’apparente validità delle idee classiche a livello delle proprietà visibili è illusoria: secondo la meccanica quantistica ortodossa “le apparenze ingannano!”. E, di fatto, ingannano profondamente!
Nella teoria ortodossa il mondo fisicamente descritto è considerato completamente quantistico. Ciò significa che, nonostante la sua apparenza classica, il mondo fisico macroscopico è un intreccio di potenzialità che riguardano ciò che apparirà agli osservatori se qualcuno in effetti guarda. Le proprietà percepibili sono definite solo nella misura in cui le percezioni effettive le hanno fissate. L’aspetto “classico”, normalmente osservato, del mondo visibile è creato – secondo la teoria ortodossa – da tutte le osservazioni che sono state effettuate nel corso della storia dell’universo. Tali condizioni sono molto restrittive. Ma esse lasciano ancora un bel po’ di margine all’incertezza quantistica per quanto riguarda gli eventi che, pur essendo di dimensioni percepibili, non vengono effettivamente percepiti.
Il nostro cervello, per esempio, è un oggetto altamente quanto-meccanico. Grandi dosi di incertezza quantistica sono prodotte dal passaggio di ioni attraverso i canali ionici. I piccoli diametri spaziali di questi canali comportano grandi incertezze nelle velocità degli ioni emessi. Il cervello di una persona vivente è quindi un generatore di enormi quantità di incertezza quantistica. Questa incertezza può filtrare fino al livello macroscopico senza essere percepito, né dalla persona stessa, né da chiunque altro. Il cervello deve perciò essere trattato in maniera quanto-meccanica, permettendo così che il comportamento di una persona possa essere influenzato significativamente dalle libere scelte fatte dalla sua mente cosciente.
Per quanto strana questa caratteristica possa sembrare a scienziati intrisi di fisica newtoniana, è ad essa che la MQ conduce razionalmente. È totalmente concorde con l’intero campo dell’esperienza umana, inclusa la comprensione di noi stessi, che è basata sull’esperienza; ed è in linea con una certa idea di parsimonia, che non avrebbe permesso alla Natura di gravare se stessa con una consapevolezza cosciente tanto enormemente sviluppata, ma che non fosse in grado di fare alcuna differenza rispetto a ciò che accade nella realtà concreta.
Il carattere essenzialmente immateriale del mondo della MQ su scala macroscopica è implicito in quella che Einstein definiva “una spettrale azione a distanza”. Questo tratto fondamentale della MQ comporta inevitabilmente il trasferimento di informazioni a velocità maggiori di quella della luce. Einstein credeva che questa caratteristica quantistica fosse, in un certo senso, solo un aspetto del formalismo matematico, e che perciò non potesse essere una proprietà basilare della realtà stessa. Eppure, è stato rigorosamente provato – mediante un ragionamento che non fa in alcun modo riferimento a qualsivoglia proprietà microscopica – che la MQ possiede una proprietà “più-veloce-della-luce” che è puramente macroscopica, ma che è incompatibile con la proprietà “mai-più-veloce-della-luce” implicita nei principi della fisica classica (relativistica). {Stapp; Appendice 1 di “On the Nature of Things: Human Presence in a World of Atoms”}
EFFETTI RETRO-CAUSALI
A prescindere dalle dimostrazioni logiche del fallimento del materialismo basato sulla fisica classica, esistono anche fenomeni direttamente osservabili che coinvolgono l’”apparizione” di azioni che procedono all’indietro nel tempo. Il collasso quantico produce un certo tipo di effetto quasi-retro-causale. Non solo il collasso sceglie ciò che effettivamente accade all’interno di un insieme di potenzialità relative a ciò che potrebbe accadere; esso cancella anche la memoria di ogni traccia delle proprietà da cui sono derivate le possibilità successivamente eliminate dalla scelta della natura. Le registrazioni superstiti dei processi fisici che hanno condotto all’evento di collasso mostrano solo quelle parti del passato da cui è conseguito ciò che è accaduto in concreto: il resto scompare senza lasciare traccia. Come Stephen Hawking e Leonard Mlodinow hanno succintamente notato nel loro recente libro “The Grand Design” [pubblicato in Italia col titolo "Il Grande Disegno"]: “Siamo noi a creare la storia mediante le nostre osservazioni, non è la storia che crea noi.” (P.140)
Un gran numero di esperimenti ha evidenziato l’esistenza di varie retro-azioni direttamente al macro-livello degli effetti di dimensione percepibile. Un esempio è costituito da un cambiamento nelle dimensioni della pupilla di soggetti umani appena prima che scatti un lampo di luce, temporizzato casualmente! Un altro esempio è l’improvviso aumento della conduttanza della pelle prima che uno stimolo visivo scioccante venga mostrato a dei soggetti umani. Questi retro-effetti sono incompatibili con un mondo materiale governato dai principi della fisica classica. I precetti del “Materialismo Speranzoso” sono pertanto – proprio a livello dei fenomeni visibili, e senza riferimento alla teoria dei quanti – inconciliabili con l’evidenza scientifica.
CONCLUSIONE
Il fallimento della meccanica classica a livello atomico ha portato alla sua sostituzione con la MQ, ma tale cambiamento implica l’alterazione del comportamento di tutti i sistemi composti da atomi. Ciò include il nostro cervello, che – secondo le leggi atomiche – diventa in generale una miscela di stati corrispondenti alle diverse percezioni. La disparità mente-cervello indusse i padri fondatori della MQ a inglobare nella teoria le nostre esperienze coscienti come variabili indipendenti e non come semplici riaffermazioni o riformulazioni delle proprietà fisiche.
Il problema centrale nella fisica diventa allora la connessione tra la mente e il cervello.
La MQ ortodossa fornisce un quadro concettuale che si adatta molto bene a studiare il problema degli effetti causati dalle azioni della mente che indaga sul cervello che essa sta indagando. La meccanica classica materialistica non può farlo. L’affermazione – basata sulla fisica classica – che la scienza ha dimostrato che noi siamo essenzialmente degli automi meccanici ha avuto un grande impatto sulla nostra vita: i nostri insegnanti lo insegnano; i nostri tribunali lo sostengono; le nostre agenzie governative e ufficiali lo accettano; e i nostri esperti lo proclamano. Di conseguenza, ci viene incessantemente detto che siamo fisicamente equivalenti a dei robot privi di mente, e trattati come tali; noi stessi risultiamo confusi e indeboliti da tale presunto verdetto della scienza, che dichiara le nostre vite prive di senso.
Ma adesso siamo nel XXI secolo. È tempo di abbandonare la concezione meccanicistica di noi stessi generata dalla fisica dell’Ottocento, una fisica che è stata ormai empiricamente invalidata. La fisica contemporanea è fondata sull’esperienza cosciente, non sulla sostanza materiale. Il suo aspetto fisico matematicamente descritto si presenta come potenzialità per esperienze future. Il dipanarsi del futuro è governato dalle leggi matematiche di von Neumann, nelle quali le nostre libere scelte coscienti hanno il ruolo di variabili essenziali.
* Abbiamo tradotto come “Materialismo Speranzoso” l’espressione “Promissory Materialism“, nel tentativo di renderne la carica ironica originale.
Fonte:
http://www.altrogiornale.org/news.php?extend.8591Tratto da:http://risvegliodiunadea.altervista.org/
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