Da quando si è cominciato a scavare nel territorio dell'Iraq, gli archeologi hanno scoperto sempre più elementi sull'antica civiltà dei sumeri, portando numerosi elementi che potrebbero offrire indizi sul passato dell'umanità. Eppure, meno dell'1per cento è stato finora portato alla luce. Una prossima campagna di scavi potrebbe portare nuovi importanti elementi per aiutare a ricostruire il passato remoto della civiltà umana.
Tanto basta per immaginare la ricchezza di storia conservata tra le rovine che non sono state ancora scavate e che potrebbero offrire elementi preziosi sul passato dell’umanità.
“Meno dell’1 per cento in Iraq è stato scavato e studiato”, rivela il dottor Robert Killick, archeologo britannico che ha lavorato in Iraq per oltre un decennio e poi nel resto della regione per altri due decenni. “Le informazioni principali sulla verità del passato del genere umano sono ancora nascoste sotto il paesaggio dell’Iraq, specialmente nei resti di antiche città, borghi e cascine”.
“Contrariamente a quanto la gente crede sullo stato attuale dell’Iraq, la maggior parte dei siti antichi non è stato affatto distrutto dalla recente guerra”, continua Killick.
Ed è per questo che l’archeologo britannico farà tappa in Iraq l’inverno prossimo per dare inizio ad una campagna di scavi composta da un team di archeologi inglesi e iracheni, come rivela The National. La nuova missione riprende un lavoro durato quasi due decenni, interrotto poi a causa della guerra, delle sanzioni internazionali e dalla instabilità politica.
Uno dei siti individuati più interessanti è quello di Tell Khaibar, a circa 20 km dall’antica città di Ur, nei pressi di Nassiriya, nella provincia di Thi Qar. E qui, nel sud dell’Iraq, che la civiltà ha avuto inizio più di 5 mila anni fa.
Ur è uno dei più importanti siti archeologi dell’Iraq. Si trova nella regione dove i Sumeri hanno vissuto, inaugurando la vita urbana e l’utilizzo della scrittura cuneiforme per far fronte a tutte le esigenze amministrative e pratiche del tempo. Secondo la Bibbia, Ur sarebbe stato anche il luogo di origine di Abramo, il capostipite delle tre religioni del libro, Ebraismo, Cristianesimo e Islam.
Dalle ceramiche raccolte in superficie, i ricercatori ritengono che la gente ha vissuto a Tell Khaibar per più di 3 mila anni, dal 5000 al 2000 a.C. Si pensa che la città conobbe un così lungo periodo di prosperità grazie alla sua posizione geografica, vicino a quello che era la riva occidentale del fiume Eufrate.
“Abbiamo scelto Tell Khaibar perchè i resti archeologi sembrano intatti e non sono stati manomessi dai saccheggiatori”, spiega Killick. “Le immagini satellitari mostrano la presenza di grandi edifici pubblici rettangolari sui due tumuli principali dell’insediamento, forse palazzi reali ed edifici amministrativi della città. La loro presenza conferma l’importanza di Tell Khaibar nell’antichità”.
Gli archeologi sperano che il contenuto delle camere interne alle strutture possa spiegare come funzionasse l’edificio, così da aiutare a ricostruire le condizioni economiche e politiche dell’insediamento e la sua area di influenza.
“Lo scavo di Tell Khaibar è una boccata d’aria nella ricerca archeologica in Iraq”, sottolinea il dottor Lamia Al Gailani, un eminente archeologo iracheno, il quale ha lavorato nel Museo dell’Iraq dal 1960, e di nuovo nel 2003 dopo il saccheggio. “Tra il 1960 e il 1970, l’Iraq era considerato il meglio dagli archeologi, quando scavi e ricerche di grande importanza stavano prendendo vita grazie all’interessamento di molte università internazionali, come la British School of Archaeology, l’Istituto tedesco e il Centro Culturale Italiano”.
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“Tutte queste attività si sono concluse dopo la prima guerra del Golfo, nel 1991”, continua Al Gailani. “Gli scavi internazionali furono fermati e nessun nuovo libro fu più acquistato dalla biblioteca del Museo dell’Iraq a causa delle sanzioni. Dopo il 2003, con la caduta del regime di Saddam Hussein, l’Iraq rimase instabile e pericoloso per gli scavi o qualsiasi tipo di ricerca sul campo”.
Il risultato di tutto ciò è stata una brusca battuta d’arresto per lo sviluppo degli studi archeologi e della storia dell’antico Iraq, con risultati disastrosi. Gli archeologi iracheni si sono trovati completamente isolati dai progressi e dai nuovi sviluppo della ricerca archeologica.
“Ma questo sta cambiando. La presenza i archeologi internazionali in Iraq è essenziale per formare i giovani archeologi iracheni e migliorare lo studio della storia e del patrimonio dell’Iraq, in particolare nel suo ruolo di culla della civiltà”, conclude Al Gailani.
Una delle cose che più entusiasma gli archeologi, in questa nuova fase dell’archeologia irachena, è il fatto di non avere la minima idea di quello che troveranno, dato che c’è veramente molto ancora da scoprire nella regione. Cosa altro c’è sotto la superficie di Tell Khaibar, e qual era il suo rapporto con Ur?
“L’archeologia è imprevedibile. Non sai mai esattamente cosa si può trovare, perciò è così eccitante”, commenta Killick. “Confidiamo che questo progetto sia solo l’inizio di una nuova era nell’esplorazione del magnifico patrimonio iracheno e per la sua nuova generazione di archeologi”.
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