Gabriele Policardo
Due persone si conoscono e si attraggono.
Tra di loro nasce un improvviso maremoto che, come su due opposte scogliere, fa abbattere una bufera di sentimenti incontrollabili in un geometrico gioco di specchi.
Sentono di conoscersi da sempre, di essersi ritrovati dopo una lunga ricerca e semplicemente riconosciuti. L’una completa le frasi iniziate dall’altra, bastano poche ore per scoprire che si sta bene e ci si sente completi anche nel più totale silenzio. Il mondo intorno sembra scomparire.
O a tratti, animarsi, brillare come fosse fatto di scintille: vive, coscienti, pulsanti. L’amore e gli eventi precipitano.
Si dicono «ti amo» e si ripetono «per sempre». Fanno progetti e già vivono tutto il tempo, passato, presente, futuro, nel respiro di un’intesa mai vissuta prima.
D’un tratto, una delle due infrange questo idillio e fa saltare tutto.
Senza ragioni, né spiegazioni, né tanto meno possibilità d’appello: si ritrae e distrugge tutto, senza alcun apparente motivo. L’altra piomba nel panico, si sente avvolta da un senso di morte, come inghiottita in un abisso. Ciò che la devasta di più è la mancanza di razionalità, l’impossibilità di attribuire un senso a questo nuovo nulla, la convinzione di aver vissuto qualcosa di reale con l’ipotesi di averlo solo sognato.
L’altro? Mentiva? Recitava? È una persona folle?
Niente di tutto questo ...
Due persone si conoscono e si attraggono.
Tra di loro nasce un improvviso maremoto che, come su due opposte scogliere, fa abbattere una bufera di sentimenti incontrollabili in un geometrico gioco di specchi.
Sentono di conoscersi da sempre, di essersi ritrovati dopo una lunga ricerca e semplicemente riconosciuti. L’una completa le frasi iniziate dall’altra, bastano poche ore per scoprire che si sta bene e ci si sente completi anche nel più totale silenzio. Il mondo intorno sembra scomparire.
O a tratti, animarsi, brillare come fosse fatto di scintille: vive, coscienti, pulsanti. L’amore e gli eventi precipitano.
Si dicono «ti amo» e si ripetono «per sempre». Fanno progetti e già vivono tutto il tempo, passato, presente, futuro, nel respiro di un’intesa mai vissuta prima.
D’un tratto, una delle due infrange questo idillio e fa saltare tutto.
Senza ragioni, né spiegazioni, né tanto meno possibilità d’appello: si ritrae e distrugge tutto, senza alcun apparente motivo. L’altra piomba nel panico, si sente avvolta da un senso di morte, come inghiottita in un abisso. Ciò che la devasta di più è la mancanza di razionalità, l’impossibilità di attribuire un senso a questo nuovo nulla, la convinzione di aver vissuto qualcosa di reale con l’ipotesi di averlo solo sognato.
L’altro? Mentiva? Recitava? È una persona folle?
Niente di tutto questo ...
Si è solo attivato in lei, o in lui, il demone dell’amore e del fato che coglie improvvisamente quelle persone che — d'improvviso — grazie a un amore a lungo atteso, si toccano profondamente e si espandono al punto di sentirsi degli Déi.
Da quel momento, se per un motivo che possiamo solo supporre, ritengono di non meritare quell'amore profondamente, diverranno delle autentiche bombe a orologeria. Sopraffatti dal terrore che il destino possa improvvisamente sottrargli ciò che li rende completi e felici, non avendo motivi per nutrire un timore reale (ciò che annichilisce la persona rifiutata è che tutto andava come in una fiaba, senza una nota stonata), distruggono loro stessi quanto hanno costruito.
Per dimostrarsi di non meritare nulla, che nella vita andrà sempre e comunque male. Sono le persone che quando leggono o sentono parlare di destino, di anime gemelle, di amori assoluti, storcono il naso, sollevano la spalla, dicono tra sé «non può succedere, non può essere possibile, non può capitare a me».
La vita invece li contraddice subito e loro, nello stordimento iniziale, ci credono e si lasciano andare, perché quel che vivono è ovviamente reale.
Ed è proprio perché tutto ciò che attraversano è vero, profondo, assoluto, che al culmine, quando ormai ci sono completamente dentro, chiudono tutto.
Come fa chi è stato rifiutato a confrontarsi con questa situazione?
È giusto, una volta subìto il rifiuto, tentare di mediare, di ricucire, di far ragionare l’altro, di aiutarlo a superare il proprio demone? Dalla mia esperienza, l'unico modo di reagire a questi bambini spauriti è non essere accondiscendenti ma causare uno shock ancora più forte.
Ingoiare il cuore, fermare il tremore del proprio dolore e mettere un punto con una frase lapidaria: «ah sì, va bene come dici tu, ciao buona vita». Poiché stare al gioco dell’altro è solo uno stillicidio lancinante.
Loro si comportano come pazzi.
Dal giorno alla notte chiudono tutto. Sapendo che gli altri, i "sani", saranno lì a sperare di ricostruire quella verità, di recuperare il sogno, di tornare a vivere a quel livello. Naturalmente, torneranno prima o poi a farsi vivi, a sondare il terreno, a cercare il perdono per poter poi costruire una nuova e più perfetta punizione autoinflitta. È uno strano, terribile, gioco perverso, in cui vince chi è (o si dimostra) più «pazzo».
Chi interpreta meglio il ruolo della persona gelida, disumanizzata, impietrita. Naturalmente è una finta: noi sappiamo che quella persona ha tirato fuori di noi una divinità che risiede nel nostro cuore.
Ed è proprio questo che l’ha terrorizzata, non ha saputo gestire quell’immensa energia che è l’amore, la felicità.
Ma credere che sia qualcosa che, per noi, dipende da loro, significa nutrirli e fare il loro gioco.
L'amore che sappiamo vivere e dare è un nostro patrimonio.
Se l’altro si tira indietro, è un suo diritto.
E un nostro tenerlo fuori finché non avrà risolto i suoi demoni.
gabrielepolicardo.blogspot.it
Pubblicato da Catherine
Da quel momento, se per un motivo che possiamo solo supporre, ritengono di non meritare quell'amore profondamente, diverranno delle autentiche bombe a orologeria. Sopraffatti dal terrore che il destino possa improvvisamente sottrargli ciò che li rende completi e felici, non avendo motivi per nutrire un timore reale (ciò che annichilisce la persona rifiutata è che tutto andava come in una fiaba, senza una nota stonata), distruggono loro stessi quanto hanno costruito.
Per dimostrarsi di non meritare nulla, che nella vita andrà sempre e comunque male. Sono le persone che quando leggono o sentono parlare di destino, di anime gemelle, di amori assoluti, storcono il naso, sollevano la spalla, dicono tra sé «non può succedere, non può essere possibile, non può capitare a me».
La vita invece li contraddice subito e loro, nello stordimento iniziale, ci credono e si lasciano andare, perché quel che vivono è ovviamente reale.
Ed è proprio perché tutto ciò che attraversano è vero, profondo, assoluto, che al culmine, quando ormai ci sono completamente dentro, chiudono tutto.
Come fa chi è stato rifiutato a confrontarsi con questa situazione?
È giusto, una volta subìto il rifiuto, tentare di mediare, di ricucire, di far ragionare l’altro, di aiutarlo a superare il proprio demone? Dalla mia esperienza, l'unico modo di reagire a questi bambini spauriti è non essere accondiscendenti ma causare uno shock ancora più forte.
Ingoiare il cuore, fermare il tremore del proprio dolore e mettere un punto con una frase lapidaria: «ah sì, va bene come dici tu, ciao buona vita». Poiché stare al gioco dell’altro è solo uno stillicidio lancinante.
Loro si comportano come pazzi.
Dal giorno alla notte chiudono tutto. Sapendo che gli altri, i "sani", saranno lì a sperare di ricostruire quella verità, di recuperare il sogno, di tornare a vivere a quel livello. Naturalmente, torneranno prima o poi a farsi vivi, a sondare il terreno, a cercare il perdono per poter poi costruire una nuova e più perfetta punizione autoinflitta. È uno strano, terribile, gioco perverso, in cui vince chi è (o si dimostra) più «pazzo».
Chi interpreta meglio il ruolo della persona gelida, disumanizzata, impietrita. Naturalmente è una finta: noi sappiamo che quella persona ha tirato fuori di noi una divinità che risiede nel nostro cuore.
Ed è proprio questo che l’ha terrorizzata, non ha saputo gestire quell’immensa energia che è l’amore, la felicità.
Ma credere che sia qualcosa che, per noi, dipende da loro, significa nutrirli e fare il loro gioco.
L'amore che sappiamo vivere e dare è un nostro patrimonio.
Se l’altro si tira indietro, è un suo diritto.
E un nostro tenerlo fuori finché non avrà risolto i suoi demoni.
gabrielepolicardo.blogspot.it
Pubblicato da Catherine
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