"THE END"

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martedì 30 luglio 2013

PARLANO ALTRI TESTIMONI DEL CASO TRAVIS WALTON: COSA ACCADDE VERAMENTE QUELLA NOTTE DI "BAGLIORI NEL BUIO"?


Da sinistra, John Goulette, Travis Walton e Steve Pierce (photo: John Loggins)

Steve Pierce e John Goulette nel 1975 erano con Travis Walton a bordo del furgone guidato da Mike Rogers. A quasi 40 anni dall’incidente più famoso nella storia delle “abduction umane ad opera di esseri alieni”, i due compagni di lavoro di allora – componenti di una squadra di sette taglialegna – nel 2012 hanno iniziato a parlare di quella notte incredibile, sulla base dei loro ricordi lucidi.
Qualcosa però non tornava. Se per tanti anni si erano comportati astraendosi dalla storia e senza mai esporsi pubblicamente, come bloccati dal tipico scoglio psicologico insuperabile per la maggioranza degli “experiencers”, ora volevano andare a fondo nella ricerca della verità, cercando di riportare alla luce il reale svolgimento dei fatti che vissero nel Novembre 1975. Un quid che potrebbe essere recuperato sotto ipnosi.
Di qui, la decisione di rivolgersi all’ipnoterapeuta californiana Yvonne Smith e, grazie alla filmaker indipendente Lori Wagner, testimoniare tutto attraverso le immagini per la realizzazione di un documentario che dovrebbe includere una nuova ipnosi regressiva su Travis Walton. Quanto è sinora emerso, lascia intendere che Pierce e Goulette in concomitanza con l’avvistamento dell’UFO al cui interno sarebbe stato poi teletrasportato Travis, vissero un episodio di “missing time” (tempo mancante, o vuoto temporale). Potenzialmente quindi, la nuova pista da seguire sembrerebbe quella di un caso di abduction multipla. Ecco ciò che accadde quella sera e che rende il caso Travis Walton il più importante “Incidente UFO” di tutti i tempi, l’Incontro Ravvicinato del Quarto Tipo per eccellenza.

Travis rientrava dal lavoro insieme ai sei compagni (nella foto sopra) con i quali aveva trascorso tutto il 5 Novembre 1975 a disboscare e accatastare tronchi di albero in una zona a 24 chilometri da Heber, nella Foresta Nazionale Apache, regione delle White Mountains, Arizona centro-orientale, a 217 Km a nord-est di Phoenix. Travis era un ragazzo di 22 anni, di carattere un po’ schivo, praticava arti marziali (Karate e Taekwondo) e lavorava sodo per mettere da parte i soldi e sposarsi presto con la sua ragazza, Dana. Erano da poco passate le 18.00 e iniziava a fare buio. Con lui, a bordo del furgone guidato dal caposquadra e suo migliore amico, Mike Rogers, c’erano Ken Peterson, John Goulette, Steve Pierce, Allen Dallis e Dwayne Smith. Bravi ragazzi, vivevano tutti e sette nella sonnacchiosa tranquillità rurale di Snowflake.

A un tratto uno di loro notò un bagliore rosso fuoco che illuminava la boscaglia. Era strano. Poteva trattarsi di un incendio, o di un incidente aereo, ma non si vedeva fumo. Decisero allora di raggiungere il punto da dove proveniva la luce, cambiarono strada e arrivarono in una radura dove ai loro occhi stupefatti apparve un grande oggetto discoidale che stazionava in aria, sospeso a una trentina di metri dal suolo sopra la linea degli alberi. Emetteva bagliori luminosi e una sorta di ronzio. Mike fermò il furgone (le cui luci e motore continuarono a funzionare) a meno di 30 metri dall’oggetto, che continuava a librarsi, dondolando sulla cima degli alberi, sotto gli occhi dei sette giovani esterrefatti.
Travis sedeva davanti, accanto a Mike e aveva la visuale migliore. Fu una questione di secondi. Decise di andare a vedere da vicino quella straordinaria macchina i cui contorni si stagliavano contro l’ambiente naturale, già coperto dalle ombre della sera. Il fondo della scafo emanava un chiarore che illuminava il suolo. Dal basso, il diametro di quella struttura non superava i cinque metri e aveva un’altezza di almeno tre metri. Era liscia, perfetta. Nulla, né antenne, né cavi, né oblò. Sembrava dentro non ci fosse vita. Uscì dal furgone, come sospinto da una forza che gli diceva che quella era l’occasione della sua vita. Fece pochi passi, avvicinandosi all’oggetto mentre gli amici lo imploravano di non farlo e tornare indietro, ma lui no, fece ancora qualche passo ed ebbe solo il tempo di alzare lo sguardo. In quel momento un suono lacerante, come di decine di turbine azionate contemporaneamente, uscì dall’UFO e Travis cercò subito riparo, rincantucciandosi dietro un ceppo d’albero. Si rialzò e fu investito in pieno petto da un fascio di luce verde-bluastra (così gli avrebbero spiegato in seguito) e il suo corpo, come una marionetta appesa a un filo, venne sollevato da terra e proiettato braccia e gambe aperte all’indietro per alcuni metri. Walton non vide e percepì alcunché di quanto stava accadendo.
Steve urlò: “L’hanno preso!” Tramortito, fu lasciato così sul terreno dai suoi amici che lo credettero morto e non ebbero il coraggio di avvicinarsi al suo corpo esanime. Mike pigiò sul gas del furgone, mentre guardavano il disco che si alzava in volo. Dopo alcune miglia, Rogers fu il primo a riprendersi dallo shock e a rendersi conto di ciò che avevano fatto. Decise quindi di tornare indietro e lo fece da solo, lasciando i suoi compagni sulla strada. Con sé, quando giunse di nuovo alla radura dell’incontro ravvicinato, aveva solo una torcia elettrica e non vide traccia di Travis né dell’UFO. Tornarono in città e avvisarono lo sceriffo.
Da quel momento in poi, tutti gli abitanti di Snowflake credettero che Travis fosse morto e il sospetto ricadde sui sei giovani. Accettarono di sottoporsi al test della macchina della verità (il poligrafo) che superarono tutti. Nello Stato dell’Arizona non è necessario un cadavere per essere condannato per omicidio. Travis riapparve cinque giorni dopo. A quel punto, i suoi concittadini pensarono che si era trattato di una burla, una messinscena. Prima erano stati considerati assassini, poi, dei buontemponi. Questi i fatti, sui quali nessuno è mai riuscito a dimostrare il contrario. Walton, il più famoso addotto del mondo, non ha mai lasciato la sua cittadina, ma di recente si è separato dalla moglie Dana. Dopo quei giorni del Novembre 1975, Steve Pierce e John Goulette, similmente agli altri quattro compagni di lavoro, non hanno mai goduto dell’attenzione dei media. Forse, soprattutto per il primo, questa potrebbe essere la “molla” che lo ha spinto a uscire allo scoperto.

Steve Pierce surante una regressione ipnotica condotta da Yvonne Smith (photo: Lori Wagner)

Steve Pierce aveva 17 anni quando la sua famiglia si trasferì a Snowflake, Arizona. Fu suo zio a fargli ottenere l’ingaggio nel gruppo di taglialegna. Poco tempo dopo l’incidente, Steve lasciò l’Arizona, rifugiandosi in Texas e poi in un altro Stato perché era stanco di essere vessato da tutti. Rimase via per molti molti anni. Aveva terrore dei boschi, non riusciva a dormire la notte e la sua famiglia non credette a una sola parola di quanto aveva riferito. Ha sempre cercato di prendere le distanze da quell’evento terrificante. La gente rideva di lui, pensava che era tutto una bufala. E gli furono offerti 10 mila dollari da Philip Klass, giornalista ultrascettico dello CSICOP statunitense (omologo del nostrano CICAP) perché ammettesse che si erano inventati tutto. Pur avendo un disperato bisogno di soldi, Steve si è rifiutato di mentire. 

Di tutto il gruppo, ad oggi, quelli che hanno parlato pubblicamente sono solo Pierce, Travis e John Goulette.
È Steve Pierce a sospettare che quella notte accadde qualcosa che coinvolse anche lui. Le sue paure del buio e dei boschi lo hanno portato a credere che forse il destino gli aveva riservato qualcosa di strano. Anche perché, dopo il 1975 ha vissuto un altro incontro ravvicinato con un UFO. Una notte era alla guida di un grosso camion e verso le 2 del mattino si accorse che un UFO lo stava seguendo. Vide le luci evoluire prima dietro, poi sopra il suo mezzo. Continuò a viaggiare sino a un distributore di benzina, dove decise di accostare e saltò fuori dall’abitacolo. In quel momento, le luci dell’UFO volarono via.
Per questo, ha voluto rivolgersi a una ipnoterapeuta di fama mondiale come Yvonne Smith, fondatrice e direttrice del CERO (Close Encounters Resource Organization. Un gruppo internazionale di sostegno di sostegno per gli experiencers. Molti membri del CERO hanno vissuto esperienze simili. Ricordano di essersi trovati a bordo di astronavi, di aver visto bambini ibridi umano/alieni con caratteristiche somatiche simili alle loro, di aver notato gli strumenti chirurgici utilizzati sui loro corpi mentre giacevano sui tavoli in acciaio con gli ET accanto a loro, di aver riscontrato strani oggetti sotto la loro pelle (impianti). Dal momento che Steve Pierce è andato sotto ipnosi con Yvonne Smith, ha cominciato a scoprire sorprendenti nuovi dettagli su ciò che accadde quella sera del Novembre 1975. Se il materiale si rivelerà di reale interesse, la sua intenzione è di raccoglierlo in un libro, alla cui stesura ora si sta dedicando.
LA MIA INTERVISTA A LORI WAGNER
Legato da vecchia amicizia a Lori Wagner, ho chiesto alla regista e documentarista californiana un aggiornamento in merito agli sviluppi del suo lavoro in collaborazione con Yvonne Smith.

Lori Wagner e Travis Walton (Photo: Lori Wagner)

Maurizio Baiata: Lori, cosa è venuto fuori sinora dalle regressioni?
Lori Wagner: Steve Pierce è l’unico che ha fatto una regressione. John Goulette ne ha molto timore e vuole aspettare e vedere come va con le regressioni di Steve. Le tre sedute di ipnosi regressiva sinora condotte da Yvonne Smith hanno rivelato molti nuovi dettagli sull’evento. L’unica cosa della quale pubblicamente si può parlare è che quella del 1975 non fu la prima e unica volta in cui Steve ha incontrato gli UFO. Ha avuto esperienze prima del 1975 e ne ha avute anche dopo.
M.B.: Sono emerse discrepanze rispetto alla versione principale, quella di Travis?
L.W. Sì, c’è una differenza sostanziale, ma al momento non può essere resa nota. Ci è stato ripetuto più volte: “NON È TEMPO” (la frase potrebbe essere attribuibile a un’entità non terrestre manifestatasi durante una seduta ipnotica, N.d.A.). Una rimarchevole differenza è che Travis ha sempre sostenuto che uscì dal furgone di sua volontà, perché era curioso di avvicinarsi al disco e vedere cosa fosse. Steve Pierce dice invece che sembrò che Travis fosse stato “tirato fuori” dall’automezzo, in una sorta di stato ipnotico verso l’astronave… sotto il controllo di un qualche potere non suo. E Travis ora crede che gli ET in realtà lo rianimarono, che forse gli salvarono la vita dopo essere essere stato colpito dal fascio di luce. Egli ritiene che lo portarono a bordo dello scafo per prendersi cura di lui, per salvarlo e poi fare in modo che tornasse in città.
M.B. Qual è la ragione, secondo te, che sta spingendo questi uomini a parlare apertamente?
L.W. La figlioletta di Steve Pierce, Stevie, ha convinto il papà a farsi avanti. Una sera di tre anni fa circa, Steve e la figlia videro insieme il film “Fire in the Sky” (In Italia uscito con il titolo di “Bagliori nel buio). Stevie chiese al papà perché il suo nome non appariva nel film. Steve decise lì per lì che era giunto il momento di uscire allo scoperto e di raccontare la sua versione dei fatti, in modo da dimostrare a sua figlia e alla sua famiglia che la storia era vera e che lui era lì.
John Goulette dovette andare via a causa del ridicolo. Non poteva entrare in un bar, senza doversi aspettare di essere aggredito verbalmente e che non sarebbe finita in una rissa. Era accaduto tante volte. Così se ne andò. Da qualche parte dove nessuno lo conosceva. Si è trasferito in una piccola città della California. Vi è rimasto per 21 anni e poi è tornato a Snowflake. Con il tempo le cose erano molto cambiate. La gente in giro parlava dell’incidente di Travis Walton come di un qualcosa della quale potersi vantare. Ha iniziato a vedere Mike Rogers e Travis di nuovo come amici e si sentiva più a suo agio in quella zona. A questo punto ha voluto parlare e dire la verità.
M.B.: Cosa li ha costretti a non farlo prima?
L.W. La paura del ridicolo. Avevano paura di farsi avanti, perché tutti pensavano che erano pazzi. Nessuno credeva alla loro storia e per questo hanno tenuto la bocca chiusa per più di 30 anni!
M.B. Qual è lo scopo finale del loro “outing”?
L.W.: Entrambi vogliono essere chiari e sinceri. Anche se la verità suona come una storia costruita, sono uomini di una certa à ormai e non vogliono più di tacere e vivere una vita segreta.
M.B.: Lori, qual è il tuo coinvolgimento personale in tutto questo?
L.W. Quando una persona vive la propria vita in clandestinità, in segreto, finisce sempre per non fidarsi di nessuno. Per qualche ragione invece Steve Pierce si fida di me e mi permette di documentare ciò che sta accadendo ora. Il mio coinvolgimento come produttore cinematografico consiste nell’assistere entrambi affinché possano testimoniare la loro verità al mondo. Attualmente sto editando i video che ho girato durante le sedute di ipnosi con Steve Pierce e Yvonne Smith, materiale che sarà disponibile fra alcuni mesi. Il pubblico conoscerà una versione totalmente nuova e sconvolgente della storia e sarà il resoconto fedele di quello che è veramente accaduto. Riguardando tutto il girato, Steve sta anche cercando di prendere appunti per completare il suo libro, che conta di presentare in Luglio a Roswell, New Mexico.
M.B.: Come terapeuta, Yvonne che opinione ha di loro?
L.W. Yvonne Smith li ritiene entrambi sani di mente. Sono stati sottoposti a un evento traumatico e hanno dovuto vivere una vita segreta per oltre 30 anni per nascondere le loro paure. Uscire in pubblico è stato per loro di grande sollievo e un passo importante nel percorso di guarigione. Stiamo anche cercando di comunicare con due degli altri testimoni e spingerli a parlare pubblicamente e possibilmente sottoporsi a ipnosi regressiva.
M.B.: Mettiamola ora in altri termini: cosa sarebbe successo se avessero parlato 38 anni fa?
L.W.: Se Pierce e Goulette avessero parlato apertamente di questo evento fin dall’inizio, penso che avrebbe cambiato la vita di Travis Walton in modo significativo. Perché per 38 anni il caso è divenuto noto come la “Travis Walton Experience” esclusivamente. Degli altri uomini del gruppo non si è mai parlato. Travis non sarebbe così famoso oggi. L’intero evento sarebbe divenuto “L’Incidente UFO di Snowflake”. E, molto probabilmente, gli altri quattro uomini sarebbero diventati celebri. Ma questo non è avvenuto.

Travis Walton a Roma nel 2012. (photo: Maurizio Baiata)

Nel corso del suo ultimo viaggio in Italia, invitato per la conferenza ufologica “Interazioni tra umani e alieni” organizzata a Roma dal sito Segni Dal Cielo e della quale è stato relatore e ospite d’onore, ho avuto modo di trascorrere con lui un paio di giorni. In questa occasione ha sottolineato più volte due aspetti della sua storia. Innanzitutto, che sul suo caso il meccanismo del debunking, affidato dal Federal Bureau of Investigation alle “sapienti” mani di Philip Klaas, famoso “demolitore d’ufficio” di casi ufologici, non ebbe ragione della qualità delle testimonianze. Non solo, per screditare Walton, Klaas era stato pagato ben 10.000 dollari dal FBI. Un fatto assai grave, che getta un’ombra pesante sulla reputazione di Klaas. Ne esiste documentazione.
Più importante, su un piano umano e dell’esperienza vissuta da Travis Walton è la nuova ipotesi che il protagonista ritiene oggi possibile: che la ragione primaria della sua abduction fu accidentale. Ovvero, che il fatto di essere stato investito da un raggio che lo tramortì, lasciandolo privo di conoscenza sino al suo risveglio a bordo dell’astronave, sia stato incidentale e non determinato dalla volontà dagli esseri con i quali ebbe a che fare.
Durante la sua permanenza a bordo dell’astronave, Walton si confrontò con due tipi di “alieni”. In una prima fase, entità umanoidi di piccole dimensioni, con teste macrocefale, prive di capelli e occhi enormi. In seguito, altri esseri, tanto simili all’Uomo da poter essere considerati “terrestri”. Queste due tipologie sembravano fra loro interagire. Walton non è mai stato in grado di stabilire chi fosse in comando ma, date le dimensioni limitate dell’astronave, secondo lui quegli “umani” lì sembravano decisamente fuori posto. Nel film “Bagliori nel buio” tali umani non compaiono neppure in un fotogramma. Una palese mistificazione dei fatti riferiti dal loro protagonista.
Secondo Travis, è possibile che il modus operandi di quelle entità aliene che lui – come migliaia di altri addotti nel mondo – ha da sempre interpretato come intrusivo e negativo, sia stato invece determinante a salvargli la vita.
Ecco, le sue parole: “Sulle prime e anche in seguito, non ho potuto fare altro che accettare il termine e l’accezione negativa di rapimento, ma in realtà non ho mai capito sino in fondo cosa veramente mi fosse successo. Certo, si era trattato di un “incontro ravvicinato” in condizioni “estreme” e le cui conseguenze avrebbero potuto essere fatali per me. L’unica possibilità per la mia sopravvivenza, forse, era rappresentata dagli occupanti stessi dell’astronave, perché i miei compagni mi avevano abbandonato e il medico più vicino era a un’ora di distanza. Col senno di poi, penso che probabilmente fu solo un tentativo di aiuto”.
Una diversa chiave di lettura e un passo in avanti, almeno nella comprensione da parte di Travis, di quanto gli accadde nel 1975. Un lungo cammino verso una verità ancora indecifrabile.
Maurizio Baiata, 21 Luglio 2013
fonte
http://noiegliextraterrestri.blogspot.it/2013/07/parlano-altri-testimoni-del-caso-travis.html

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