"THE END"

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lunedì 19 dicembre 2011

Astuzie del consumismo


Ing. Rodolfo Roselli, intervento su Radio Gamma 5 del 23.11.2011

Il consumismo è un termine per promettere la felicità personale con l’acquisto o il possesso continuo di beni materiali, non su  base volontaristica, ma attraverso la subdola coercizione di mezzi visivi, materiali e psicologici.
Non è un fenomeno di oggi, perché già Carlo Marx aveva definito come ”feticismo della merce” il desiderio indotto al possesso anche di beni praticamente inutili.
La promozione lecita delle merci prodotte dal lavoro umano, in questo modo, diventa la misura del rapporto sociale, e per contro i rapporti sociali si misurano in funzione del possesso di beni, in questo modo scompare la valutazione della persona per i suoi valori morali, ma solo perché possiede certi  valori materiali.
Negli anni sessanta nell’occidente si verificò un processo d’espansione del benessere con un arricchimento generale e un conseguente aumento della domanda di beni, ma il mantenimento di tutto questo era strettamente legato alla crescita della domanda  e quindi al consumo.
Un consumo non di necessità, sostenuto da una pubblicità ossessiva, e neppure scoraggiato dalla carenza di denaro, che viene aggirato promovendo l’uso di rate, cambiali, crediti al consumo,carte di credito cioè aumentando l’indebitamento. E di questo fenomeno ha preso consapevolezza anche la fiscalità, che oggi sposta gradualmente la tassazione dai redditi agli scambi commerciali ,per il semplice motivo che si è constatato che il valore degli scambi commerciali, basati sull’indebitamento, supera addirittura le risorse corrispondenti ai redditi.
E così molte persone, anche se non benestanti, acquistano beni che non servono più a soddisfare bisogni precisi e reali, ma il cui possesso li fa sentire al passo con i tempi.
Tutto questo è perfettamente in linea con la volontà del potere di mantenere sotto controllo le masse, in quanto se queste sono indebitate, è molto più facile mantenerle sotto controllo e privarle della libertà di scelta prima, e di pensiero dopo.
E allora, se vogliamo conservare la nostra libertà dobbiamo analizzare molto attentamente cosa significa manipolare, chi manipola, perché lo fa e che mezzi utilizza per farlo e soprattutto domandarsi, in ogni messaggio accattivante, dove si nasconde l’inganno che, quasi sempre esiste.
Ricordiamo sempre che manipolare è trattare una persona,o gruppi di persone, come se fossero un oggetto, al fine di dominarli facilmente per i propri fini. Questa è la tecnica dello svilimento personale, che impedisce alle persone di unirsi per resistere.
Manipola colui che vuole vincerci senza convincerci, o chi tenta  di farci accettare ciò che vuole offrire, senza darci valide motivazioni per fare questo. In questo modo non si rispetta la nostra intelligenza e la nostra libertà, anzi si cerca di catturarla per favorire altri propositi.
Un’ automobile presentata in televisione acquista prestigio non perché migliore delle altre, ma perché viene affiancata da una donna bellissima, che non dice una parola, ma  in questo modo la figura femminile e le immagini attraenti, avvolte da frasi piene di allusioni ormonali,fanno sì che la scatola di latta rappresentata dal veicolo, acquisisca una luce di prestigio.Si sa benissimo che non venderanno l’auto insieme alla giovane donna, ma facendo leva sul desiderio di sensazioni gratificanti, si cerca di forzare la volontà verso un acquisto irriflessivo perché sei considerato un mero cliente, incapace d’intendere e di volere.
La pubblicità, in questo modo, non è più un utile mezzo informativo per risolvere problemi, ma  per promuove un atteggiamento consumistico, dando l’illusione che l’uso di un determinato prodotto è segno di un’elevata posizione sociale e di progresso, e il tuo giusto desiderio di miglioramento sociale si trasforma in una cosa non realizzabile, perché è una semplice finzione.
E’ esattamente la stessa tecnica usata dalle ideologie politiche che producono idee sclerotizzate, che non suscitano adesione per mancanza di condivisione e di forza persuasiva,  ma che riescono a convincere solo perché presentate come delle favole travestite di realtà.
Il 26 gennaio 1994, una televisione nazionale trasmise una videocassetta della discesa in campo di un individuo che, astutamente, si presentò non come un candidato esordiente, ma come un capo avente la forza di guidare una nazione. Ma importante non era l’individuo, ma la scenografia che lo accompagnava, alle spalle una libreria finta, tra le mani fogli bianchi di un discorso facendo finta di conoscerlo a memoria, mentre invece  lo leggeva su un rullo mobile, la cinepresa con un filtro colore per rendere la scena più calda, la scrivania con gli argenti lucidati, le foto dei familiari stranamente girate verso la cinepresa, per dare una falsa impressione rassicurante di padre di famiglia. E poi un discorso caramelloso fino alla nausea, per offrire ovvietà indiscutibili, un’Italia prospera e serena, moderna, efficiente, un appello a lavorare per i figli (argomento incontestabile e redditizio), insomma una perfetta televendita di un sogno al quale molti italiani giustamente hanno creduto in buona fede per mancanza di alternative, ma anche perché di tutte le cose promesse nulla si era precisato di come e quando farle realmente.
Un esempio luminoso e perfetto di astuzia consumistica che riuscì a vendere il prodotto che non solo poi si rivelò inutile, ma che oggi tutti sanno quanto fosse velenoso.
Abbiamo dunque vissuto  come  un gruppo sociale sia capace di assumere e d’imporre un suo  programma in modo risoluto, e potendolo fare in due modi o con la violenza o con l’astuzia, usando individui che sono astuti  professionisti della strategia, ha scelto la seconda via. 
E così la manipolazione commerciale vuole convertirci in clienti con il semplice obiettivo di farci acquistare determinati prodotti, mentre la manipolazione ideologica tenta invece di modellare lo spirito delle persone, al fine di acquisire dominio su di esse in modo rapido, schiacciante, massiccio e facile. Le due cose sono assolutamente identiche perché entrambe trasformano una comunità in una massa docile, uniforme, redditizia.
Anche questa è una minaccia alla sovranità individuale, perché si perde la capacità creativa, si perdono i vincoli affettivi, e la massificazione riduce tutti ad un insieme amorfo d’individui.
In questo modo la massa è facilmente dominabile per privarla della propria creatività, della propria capacità di raziocinio, di critica, d’indagine, di dubbio continuo.
Siamo ogni giorno testimoni dei progressi nelle varie tecnologie che permettono la produzione di beni di sempre migliore qualità, durata, sicurezza e costi, ma sembra che tutto questo non sia applicabile a coloro che devono promuovere il consumismo.
E’ evidente che un prodotto migliore, non solo fornisce prestazioni superiori ma dovrebbe avere una durata di vita maggiore. E tutto questo andrebbe a vantaggio dei costi per due ragioni, la prima perché le nuove tecnologie permetterebbero riduzione del costo iniziale, la seconda perché il prodotto avendo una vita maggiore non costringerebbe ad essere sostituito frequentemente e quindi il costo iniziale d’investimento si spalmerebbe su tempi più lunghi. Tutto questo è incontestabile, ma diventa un grave difetto ed è contestato da chi vuol fare quattrini lanciando la moda del consumismo. E allora con ogni astuzia si tenta di svalutare l’immagine di ciò  che si è prodotto ieri, per convincere tutti a comperare il prodotto di domani, non importa se ciò che si è comperato sia ancora perfettamente in grado di assolvere la sua funzione. Le parole magiche che dovrebbero convincere tutti sarebbero: “non è più di moda”, “è obsoleto”, “deve essere rottamato”
Altre trovate simili sono, aggiungere ad un prodotto funzioni che raramente siano indispensabili, e alle quali quasi sempre nessuno aveva mai pensato e desiderato ,e farle diventare talmente fondamentali  da annullare l’utilità del prodotto precedentemente acquistato.
Ma non basta perché sembra sia molto efficace come strumento di convincimento la cosiddetta “firma sul prodotto”. Un oggetto eguale ad un altro, solo perché firmato, è migliore, e allora la firma si pone su tutto e… volete forse mettere in dubbio il piacere di usare la carta igienica firmata ?
Ma tutti questi discutibili tentativi di vendita operano più agendo sulla debolezza psichica del  cliente che non sulla efficienza del prodotto e, sebbene abbiano discreto successo, non bastano a soddisfare l’avidità di guadagno del venditore,anche perché in maggioranza la gente non è composta di persone psicolabili, e allora occorre che anche la gente sana, cada nella trappola.
Tutto questo si può realizzare in molti modi, sfruttando al massimo il limite di garanzia obbligatorio di ogni prodotto di uno o due anni. Basta costruire il prodotto in modo tale che duri solo un giorno di più della sua garanzia. Tutto questo è possibile perché ad esempio ogni componente elettronico prodotto, statisticamente è costituito di pezzi di prima, seconda e terza scelta. E’ noto che i componenti di prima scelta vengono usati (e pagati) per prodotti militari, la seconda scelta per i prodotti scientifici e la terza per il pubblico di massa. E quindi il gioco è fatto.
Inoltre, se il prodotto successivamente si guasta ,occorre fare in modo che non sia riparabile se non a costi talmente alti da consigliare di prenderne un altro. Tutto questo significa produrre prodotti scadenti “a tempo” e quindi sfruttare i benefici dei progressi tecnologici alla rovescia.
Nel mercato internazionale sono stati citati casi plateali di vendita di prodotti scadenti dal campo alimentare, a quello dell’abbigliamento e quello dell’ elettronica.
La catena dei magazzini WAL MART ha venduto carne di maiale biologica, che non era tale. La casa produttrice delle scarpe NIKE ha ammesso di aver venduto scarpe scadenti. Sono stati venduti pesticidi usati sulle verdure proibiti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Ma anche in Italia nell’ambito alimentare non siamo secondi a nessuno. La sfrenata corsa al consumismo tocca ad esempio anche il settore del latte, creando non poche perplessità.
Ad esempio per quanto riguarda il latte UHT è difficilmente spiegabile la diversità di prezzo che varia da 0,49 cent./litro a 2 euro litro, cioè ben quattro volte.
Questo prezzo, quando è molto basso viene usato come prodotto “civetta” nelle campagne promozionali, quando è troppo alto si giustifica dal fatto che il prodotto arriva da paesi sconosciuti molto lontani e per questo include il costo dei numerosi trattamenti termici ad alte temperature per consentire il trasporto e mantenimento in stock fin da noi. E questo avviene all’insaputa del consumatore perché l’obbligo d’indicare in etichetta l’origine del latte è previsto solo per il latte fresco e non per il latte UHT.
Quindi non conoscendo la provenienza questo latte può essere non solo venduto sottocosto dalle imprese estere, ma anche manipolato in vari modi, ad esempio può essere aggiunto latte in polvere e addirittura anche quello destinato agli animali e anche avariato, e trattandolo poi con ammoniaca, sale, panna e altre sostanze, come è stato accertato dalle forze dell’ordine per alcune imprese del mantovano, per ottenere un latte UHT a basso costo.
Inoltre corre voce, ma tutto questo deve essere ancora dimostrato, e sarebbe bene che qualcuno lo facesse in modo credibile, che sul latte ancora da distribuire, ma secondo legge scaduto a causa del tempo trascorso, il produttore può effettuare un nuovo il processo di pastorizzazione a 190 gradi e metterlo sul mercato. E questo processo, può essere effettuato fino a 5 volte. Qui si parla non di latte già messo in vendita, ma da distribuire e quindi prima del consumo.
Sembra che il produttore sia solo obbligato a indicare sulla confezione quante volte è stato effettuato il processo, e in effetti lo indica, ma in modo molto particolare e “riservato”, nel senso che sotto la confezione del tetrapak vi sono dei numerini cioè 12345, il numero che manca indica quante volte il latte è scaduto ed è stato ribollito. Ad esempio se leggete 1, 2 ,  , 4, 5  e manca il tre vuol dire che quel latte che bevete è scaduto e ribollito 3 volte.
Alcuni produttori non solo sostengono che non lo fanno, ma che i numerini indicano cose diverse, cioè una procedura di confezionamento, che tuttavia non si capisce a chi questa indicazione possa essere utile, per quale fine, e perché non è resa chiaramente nota a tutti per evitare legittimi dubbi, anche perché una tale indicazione se collocata su prodotti destinati al pubblico, non solo non può essere una indicazione interna per l’azienda, ma dovrebbe essere un messaggio chiaro proprio per il pubblico che acquista la confezione. Dunque non sarebbe male evitare dubbi con la chiarezza e spiegando il significato di questo strano messaggio a disposizione del pubblico.
Del resto i controlli di routine non vanno oltre l'analisi per accertare se il latte sia stato allungato o meno con l'acqua, quindi nessuna possibilità per rilevare trattamenti strani o peggio l'utilizzo di sostanze poco ortodosse.  Ci hanno spiegato che il latte "rigenerato", manco fosse olio per le automobili, non causa particolari problemi se bevuto in modica quantità, e se la quantità non fosse modica provocherebbe al massimo un mal di pancia. Sarà anche vero, ma non credo che nessuno ambisca avere mal di pancia pagati di tasca sua e  tuttavia  sempre più spesso si sente parlare di "intolleranze alimentari", e il dubbio è che anche questo latte faccia la sua parte.
Nei prodotti elettronici sono usate schede di terza scelta, l’assemblaggio dei pezzi è spesso suggellato in modo che non si possa aprire perché mancano le viti e i bulloni necessari.
I nuovi prodotti hardware e software si tenta in tutti modi di renderli incompatibili con i precedenti, anche dello stesso fornitore, usando connessioni non standard, inserendo la necessità di convertitori, offrendo funzioni aggiuntive inutili che servono per aumentare la complessità del prodotto e quindi con maggiore probabilità di guasto.
I manuali d’istruzione per l’uso sono carenti, poco chiari, volutamente complessi.
Alcuni prodotti venduti per perdere il peso corporeo, si è verificato anche recentemente a Roma, potevano contenere sostanze stupefacenti illegali ,o anche lassativi, diuretici che possono condurre ad una malnutrizione, una mutazione delle cellule con aumento di probabilità di presenza di cellule cancerogene, mentre più semplicemente l’uso di prodotti vegetali naturali avrebbero potuto produrre il medesimo effetto senza rischi.
Non parliamo poi della decantata assistenza ai clienti, che si rivela spesso un’ autentica bugia. Alcune case che producono televisori  invitano i clienti, in caso di guasto, di rivolgersi a centri di assistenza locali che, dopo settimane di attesa, spesso non restituiscono l’apparecchio riparato. Se ci si rivolge ad un  numero verde, nessuno risponde, stessa cosa se si manda una e-mail sia alle sedi nazionali che internazionali, e il tutto serve a scoraggiare il cliente che per non affrontare lunghe e costose spese legali è costretto a rinunciare e comperare un altro prodotto.
Altra astuzia è quella di rilasciare scontrini dei registratori di cassa scritti su carta chimica, così la scrittura dopo poco scompare completamente, e con essa il termine di garanzia..
Ma la tecnica più odiosa del consumismo è applicata dalla miriade di organizzazioni che quotidianamente,sollecitando i nostri buoni sentimenti, cercano di raccogliere fondi per gli scopi benefici più disparati, ma facendo in modo che nessuno possa poi facilmente verificare di fatto i risultati. Anche perché la maggior parte dei fondi va a beneficio proprio di chi li promuove.
Uno dei casi più recenti e sconcertanti è stato ad esempio quello di Amnesty International che ha erogato una buonuscita di mezzo milione di sterline (circa 600 mila euro) alla segretaria generale di questa organizzazione (Irene Khan) come riportato dal Daily Mail, che si è fatta pagare per gli otto anni passati a dirigere l’organizzazione 132 mila sterline anno, con il patto che la liquidazione sarebbe stata quattro volte tanto. Ma non basta perché anche la sua vice, Kate Gilmore, ha incassato la bellezza di 300 mila sterline (360 mila euro) quando ha lasciato l’organizzazione nel 2009.
Sarei curioso di sapere cosa ne pensano i circa tre milioni di sostenitori  che versano denaro nelle casse di Amnesty, astutamente convinti che il loro denaro serva per difendere i diritti umani nel mondo.
Ecco dunque la prova che usando le astuzie consumistiche in qualunque campo, i risultati benefici non vanno mai a vantaggio della gente, ma di individui che sapendole usare bene, catturano per sé tutti i benefici possibili, e tutto alla faccia nostra!
Tratto da www.disinformazione.it

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