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Che le agenzie di rating fossero nient’altro che interessati ufficiali di rotta della speculazione finanziaria, pesci remora degli squali, pronti a cibarsi dei resti del banchetto, è assolutamente chiaro a chiunque, ma in questo caso i magistrati hanno ricostruito un filo logico che rende difficile giustificare i giudizi come semplice “opinione”. E con l’imputazione di manipolazione di mercato sulla quale sarà chiamata ad esprimersi anche la Consob, S&B rischia il divieto di operare in Italia.
Questo però è solo un ramo dell’inchiesta, rimangono aperti quelli su Fitch e Moody’s. Senonché c’è un fatto clamoroso sebbene finora sconosciuto: il premier italiano èadvisor (consigliere) proprio di una di quelle agenzie di rating grazie anche alle quali si è creata quell’emergenza che lo ha portato a capo del governo. Per la verità qualche cosa riguardo a questa incredibile opacità era trapelata, ma a parte una citazione di questa singolare posizione del professor premier nella brochure di un convegno tenutosi in Bocconi nel 2006 (qui) era praticamente impossibile fare altri accertamenti. Ma ora la piccola biografia della New York University, aggiornata al 2011 e di certo non smentita, parrebbe indicare che egli era ancora nel consiglio di Moody’s in tempi recentissimi e comunque all’epoca dei fatti di cui si occupa l’inchiesta dei magistrati di Trani.
Non so se Monti salendo a Palazzo Chigi, abbia avuto il buon gusto di rinunciare a sedere nel Senior European Advisory Council di Moody’s o se ne sia andato prima o sieda ancora tra i ben remunerati consigliori dell’agenzia di rating. Ma è stupefacente che un’intera classe politica non abbia sentito il bisogno di andare a fondo su un conflitto di questo genere e lo stesso Monti non paia avere la minima intenzione di chiarire il punto, affidandosi al silenzio dei media. Anche perché è evidente che aver collaborato a “una destabilizzazione dell’immagine, prestigio e affidamento creditizio dell’Italia sui mercati finanziari” come dicono i magistrati, per poi diventarne come se niente fosse il premier, in parte grazie ai giudizi di Moody’s, appartiene alla peggiore storia possibile.
Certo è assai strano che dopo il declassamento di 26 banche italiane da parte di Moody’s che ha suscitato un vespaio di reazioni dei partiti e indotto la Consob a convocare i responsabili dell’agenzia di rating, dal governo, così prodigo di dichiarazioni, consigli e fantasie, non è venuto un fiato. Ecco cosa rimane della “trasparenza” promessa il primo giorno: il silenzio totale del protagonista e del Palazzo che gli tiene bordone, l’omertà complice dei media, la cecità di un Paese per il quale il premier e il suo governo sono la sabbia sotto la quale nascondere la testa. [Fonte]
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