IL POTERE DELLA MARCA
RIPRENDO IL TITOLO DA UN SAGGIO di Vanni Codeluppi per rifarmi ad un costume che sembra riconoscere nella marca una sorta di standard di qualità, un modello perfetto a cui aspirare. Codeluppi aveva ricondotto questo “rito del consumismo”, nel suo saggio, all’appartenenza culturale: utilizziamo le marche per sentirci parte di un gruppo.Un aneddoto a riguardo. Tra i banchi di scuola, il mio insegnante di Economia Aziendale chiese quanti conoscessero la marca X di pasta. La maggior parte dei miei compagni si quasi sdegnò, dicendo: “Ma come! Io uso solo la marca Y”. La marca Y in questione è blasonata con tanto di spot TV. In conclusione, le due marche X e Y erano prodotte dal medesimo pastificio, con i medesimi ingredienti e macchinari. Coincidevano finanche le tabelle nutrizionali. Cambiava soltanto il processo di confezionamento.True story, direbbe qualcuno. Talvolta beffa del consumatore, anche perché nel caso di specie la marca Y costa circa il doppio della marca X. Riprendendo un famoso spot, perché pagare di più? Non entriamo qui in merito ad un studio sul comportamento del consumatore, fatto sta che le ricerche di un sito web a difesa del consumatore, “Io leggo l’etichetta”, riportano istruzioni per risparmiare sulla spesa proprio con questo metodo. Prodotti di marca e prodotti dai nomi quasi inventati spesso sono identici.
CAMBIA SOLO LA CONFEZIONE
Qualche esempio lo riportiamo di seguito, tratto proprio dal sito di Raffaele Brogna. Il risparmio talvolta è notevole, alcuni esempi possono stupire: i pannolini della Coop sono prodotti da Huggies, i tortellini Conad da Rana, le fette biscottate Coop da Colussi, il latte fresco Conad da Granarolo, e la Yoga produce anche il succo di frutta Coop.Insomma, conclude il sito “Io leggo l’etichetta”, applicando questo criterio in un anno si possono risparmiare circa 1400 € sulla spesa, continuando ad acquistare i medesimi prodotti, senza marca.Questo discorso non si applica proprio a tutto, anche perché prodotti di punta (due per tutti, Coca Cola e Nutella) mirano proprio sulla differenziazione per affermare il proprio marchio. Fatto sta che talvolta non ce ne accorgiamo neanche e quello che paghiamo non è il prodotto in sé, ma la marca.Un discorso quasi analogo lo si intravede anche nel mondo dei carburanti, dove nascono come funghi i distributori no-logo. Il carburante è un perfetto sostituto, viene spesso utilizzato nelle lezioni di microeconomia come esempio calzante, cambia soltanto il prezzo al litro. I distributori no-logo, che sono solitamente piccole imprese, offrono un risparmio rispetto a Q8, Ip, Total e grandi case in genere.Iniziative come “Io leggo l’etichetta” non fanno che offrire un servizio (gratuito) alle famiglie che, facendo la spesa in maniera consapevole, potrebbero trovarsi a risparmiare qualche soldino. E in tempo di crisi non fa mai male.
(tratto da “ilfattaccio)
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