La questione è una di quelle sulle quali è difficile rimanere lucidi, come sempre quando si è costretti a parlare di bambini coinvolti in storie di disagio, ma chi legge questo sito sa che l’obiettivo principale è fornire riflessioni non banali, anche quando questo vuol dire esprimere opinioni sgradevoli.
Cavenago, Scuola Ada negri, nel pieno della Brianza che qualcuno vorrebbe leghista e razzista, ma che nessuno può etichettare con certezza. Si immagina di relegare in una sala separata i bambini le cui famiglie non hanno regolato la retta per il vitto e risultano, quindi, morose. Lì sarebbero autorizzati a consumare un pasto portato da casa o un panino (vuoto) e un succo di frutta offerto dalla scuola.
Gli elementi per l’indignazione ci sono tutti. Nelle stesse giornate nelle quali ci sono state presentate le foto dei riti sibaritici ai quali è dedita la classe dominante di questo paese, siamo costretti ad apprendere che bambini innocenti sono costretti a pane ed acqua in una sala separata perché le loro famiglie non possono permettersi la retta per i pasti.
Eppure, in questa perfetta macchina di propaganda populista che soddisfa da una parte i duri e puri difensori della legge (con in omaggio la soddisfazione di creare un ghetto per i poco amati immigrati) e dall’altra l’immarcescibile popolo degli indignati a telecomando pronti a scattare e a firmare appelli senza entrare nel merito della questione – magari solo per poi poter tacitare con un click le loro esigenze di democrazia partecipativa – c’è qualcosa che non va.
In Italia è disponibile da tempo un’apposita certificazione detta ISEE, in alcune regioni ICEF che raccogliendo una serie di informazioni relative ai redditi, depositi bancari e proprietà, definisce un indicatore economico familiare tramite il quale si accede ad una serie di servizi pubblici a tariffa ridotta o addirittura gratuitamente. La redazione della modulistica è rapida, si basa in gran parte sull’autocertificazione ed è possibile farla senza spese presso tutti i CAAF.
Le famiglie indigenti hanno tutte le carte in regola per evidenziare il loro basso indicatore economico e, tramite questo, accedere ad una retta simbolica o addirittura nulla.
Il meccanismo è corretto. Le risorse sociali di una nazione sono finite, vanno distribuite e nessuno può accedervi decidendo autonomamente di averne diritto. In questo modo si rischia che famiglie in grado di sopportare la retta (anche parziale) privino del diritto all’esenzione chi effettivamente non ha nemmeno quei pochi centesimi tramite i quali assicurare il pasto ai propri bambini alla mensa scolastica.
E’ evidente che l’idea di utilizzare l’arma del ricatto confinando i bambini “morosi” in una sala a parte e nutrendoli solo con un panino e un succo di frutta è odiosa. A me, oggettivamente, è ancora più odiosa l’idea di chi utilizza i propri figli come degli ostaggi per pretendere qualcosa che, se ritiene gli spetti, dovrebbe pretendere per forza da chi questo diritto non vuole concederglielo. La mia idea è che se non puoi pagare anche i dieci centesimi di retta che risulterebbero dal tuo indicatore economico, allora devi essere tu a combattere la tua battaglia con il sindaco, la scuola e, se serve, con i carabinieri, ma non lasciare che sia la pietà degli altri a decidere se risparmiare o meno tuo figlio.
Se poi l’indicatore economico è tale da non consentirti un abbattimento della retta, allora il problema diventa diverso: stai usando tuo figlio per appropriarti di un diritto che non ti spetta a spese del bambino di qualcun altro che, invece, ne avrebbe diritto.
Un meccanismo simile si verifica quando un’intera comunità accetta di far correre ai propri figli il rischio di beccarsi una leucemia pur di continuare a guadagnare 1200 euro al mese. Mi piacerebbe che padri di famiglia che oggettivamente non possono pagare rette e famiglie che vivono a Taranto smettessero di fare affidamento sulla pietà della corrotta classe dominante italiana e si prendessero quello che gli serve per vivere sfidando la legge e il manganello, se necessario, ma lasciando i bambini a casa.
Notizia segnalata da @SVaglica
Cavenago, Scuola Ada negri, nel pieno della Brianza che qualcuno vorrebbe leghista e razzista, ma che nessuno può etichettare con certezza. Si immagina di relegare in una sala separata i bambini le cui famiglie non hanno regolato la retta per il vitto e risultano, quindi, morose. Lì sarebbero autorizzati a consumare un pasto portato da casa o un panino (vuoto) e un succo di frutta offerto dalla scuola.
Gli elementi per l’indignazione ci sono tutti. Nelle stesse giornate nelle quali ci sono state presentate le foto dei riti sibaritici ai quali è dedita la classe dominante di questo paese, siamo costretti ad apprendere che bambini innocenti sono costretti a pane ed acqua in una sala separata perché le loro famiglie non possono permettersi la retta per i pasti.
Eppure, in questa perfetta macchina di propaganda populista che soddisfa da una parte i duri e puri difensori della legge (con in omaggio la soddisfazione di creare un ghetto per i poco amati immigrati) e dall’altra l’immarcescibile popolo degli indignati a telecomando pronti a scattare e a firmare appelli senza entrare nel merito della questione – magari solo per poi poter tacitare con un click le loro esigenze di democrazia partecipativa – c’è qualcosa che non va.
In Italia è disponibile da tempo un’apposita certificazione detta ISEE, in alcune regioni ICEF che raccogliendo una serie di informazioni relative ai redditi, depositi bancari e proprietà, definisce un indicatore economico familiare tramite il quale si accede ad una serie di servizi pubblici a tariffa ridotta o addirittura gratuitamente. La redazione della modulistica è rapida, si basa in gran parte sull’autocertificazione ed è possibile farla senza spese presso tutti i CAAF.
Le famiglie indigenti hanno tutte le carte in regola per evidenziare il loro basso indicatore economico e, tramite questo, accedere ad una retta simbolica o addirittura nulla.
Il meccanismo è corretto. Le risorse sociali di una nazione sono finite, vanno distribuite e nessuno può accedervi decidendo autonomamente di averne diritto. In questo modo si rischia che famiglie in grado di sopportare la retta (anche parziale) privino del diritto all’esenzione chi effettivamente non ha nemmeno quei pochi centesimi tramite i quali assicurare il pasto ai propri bambini alla mensa scolastica.
E’ evidente che l’idea di utilizzare l’arma del ricatto confinando i bambini “morosi” in una sala a parte e nutrendoli solo con un panino e un succo di frutta è odiosa. A me, oggettivamente, è ancora più odiosa l’idea di chi utilizza i propri figli come degli ostaggi per pretendere qualcosa che, se ritiene gli spetti, dovrebbe pretendere per forza da chi questo diritto non vuole concederglielo. La mia idea è che se non puoi pagare anche i dieci centesimi di retta che risulterebbero dal tuo indicatore economico, allora devi essere tu a combattere la tua battaglia con il sindaco, la scuola e, se serve, con i carabinieri, ma non lasciare che sia la pietà degli altri a decidere se risparmiare o meno tuo figlio.
Se poi l’indicatore economico è tale da non consentirti un abbattimento della retta, allora il problema diventa diverso: stai usando tuo figlio per appropriarti di un diritto che non ti spetta a spese del bambino di qualcun altro che, invece, ne avrebbe diritto.
Un meccanismo simile si verifica quando un’intera comunità accetta di far correre ai propri figli il rischio di beccarsi una leucemia pur di continuare a guadagnare 1200 euro al mese. Mi piacerebbe che padri di famiglia che oggettivamente non possono pagare rette e famiglie che vivono a Taranto smettessero di fare affidamento sulla pietà della corrotta classe dominante italiana e si prendessero quello che gli serve per vivere sfidando la legge e il manganello, se necessario, ma lasciando i bambini a casa.
Notizia segnalata da @SVaglica
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