"THE END"

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mercoledì 19 settembre 2012

Donne perbene e donne permale


Donne perbene e donne permale

Le prostitute sono donne reali. Di sicuro non sono donne di fantasia. Soffrono uguale. Godono uguale. Vivono, respirano, scaccolano e scorreggiano anche. Però vendono il corpo invece che i pensieri, le braccia, i piedi, il cervello.

La divisione tra donne perbene e donne permale è abbastanza fascista infatti non a caso questa deriva moralistica ha avuto inizio con gli interventi fintamente antisessisti dello spezzone finiano del piddielle ora diventato futuro e libertà. Quelle del pd stanno in coda e i maschi intellettuali forcaioli sfogano attraverso queste vicende tutto l’astio contro un solo uomo, berlusconi, che sicuramente non è un santo ma certamente non è il centro del problema.

Le femmine puttane e un uomo solo il puttaniere? Tolti quelli abbiamo risolto il problema?

E che dire delle affermazioni di principio di alcune donne che in questi giorni fanno dichiarazioni indignate di presa di distanza da quelle donnacce lì, con la stessa faccia schifata che farebbero quando c’è da prendere le distanze da quelli che definirebbero “facinorosi” manifestanti di piazza.

Il mondo diviso in buoni e cattivi. Le donne divise in sante e puttane. La semplificazione estrema. Nessuna complessità. Nessuna corresponsabilità. Nessuna complicità. Nessuna solidarietà. Nessuna differenza tra puttana e puttaniere. Schematizzazioni binarie di chi ha poca voglia di pensare al senso della vita. La propria e quella altrui. La necessità di porsi un gradino più su legittimando quei moralismi ecclesiastici che ci attribuiscono il bollino della affidabilità solo se siamo morigerate, vestite come la binetti, con tanto di cilicio e pronte a sfornare figli ogni volta che starnutisce il papa.

Spiegatemi se vi riesce che gusto c’è a sentirsi superiori, distanti, da quelle donne che si rifanno le tette, vanno in giro con il tacco a spillo, la danno via per migliaia di euro, eccetera eccetera.

Siamo forse migliori? E’ in questo che immaginiamo di realizzare la nostra magra consolazione? Vi capita mai di pensare che in ogni caso il vostro destino è quello di chi in un modo o nell’altro viene consumat@ a tutte le ore, da qualunque angolazione?

Ma sì, immaginiamo che la nostra vita sia perfetta e sentiamoci realizzate come tanti agnelli sacrificali che la tengono ben stretta e la danno via solo per il matrimonio, ad un solo uomo, quello che sposeremo e poi storciamo il naso solo un pochino quando qualcuno ci chiarirà che quell’uomo che ci ricatta economicamente, ci tratta come schiave e se gli stiamo sulle scatole ci porta via anche i figli, ci tratta né più e né meno che come una qualunque puttana. Con la differenza che la prostituzione a domicilio è gratis, puro volontariato. Una fregatura di quelle che non te le scordi.

Tracanniamo questi concentrati di misoginia, aderendo ai peggiori schemi sessisti di chi odia quelle donne perché non se le può permettere, perché fanno una scelta diversa che ci rifiutiamo di accettare, mentre continuiamo a giudicare come inopportuni gli interventi di quelle che lottano per la legalizzazione della prostituzione.

Teniamoci per buone queste magre consolazioni, poi guardiamoci allo specchio, noi e le nostre facce precarie, incazzate come non mai specialmente quando ci passa accanto una bella fanciulla che non ha ancora il retaggio di sofferenze che noi ci portiamo dietro e sulla quale bisogna far cadere addosso tutto il peso della nostra noia, della nostra tristezza, della nostra arrabbiata visione della vita.

Ma davvero siete felici nel vedervi così? Ma sapete o no che la totale assenza di empatia nei confronti delle donne, perfino quelle diversissime da voi, è segno di una vostra grande incapacità di comunicare con voi stesse? Con le parti di voi che nascondono mille “vorrei ma non posso”. Quelle che stanno lì ingrugnite a giudicare le donnine allegre dall’alto della loro posa di madri badesse. Quelle che si sentono disturbate dalla visione di una donna morbida e viva perché impongono limiti alla propria sessualità. Quelle che vivono la prigione di “mille non si fa”. Quelle che quando guardano alcune donne non vedono le persone, con problemi, vite vissute, scelte giuste o sbagliate. Non vedono l’oggetto dell’attenzione di vecchi papponi con la pelle raggrinzita. Vedono soltanto l’identificazione di quella parte di sé che non ammette altro.

Ed è solo un modo diverso di renderle oggetto di qualcosa. Di livore. Astio. Disprezzo. E allora capisco il perché in molti luoghi del mondo talvolta le prime a scagliare pietre durante le lapidazioni sono proprio le donne. Perché di lapidazioni si tratta ed è così che bisogna chiamarle.

Chi tra noi ha compiuto scelte diverse, è cresciuta, senza il timore di esplorare e accettare tutto quello che può sembrare in contraddizione con noi stesse. Chi tra noi riesce a guardare con amore, tenerezza, comprensione ad ogni parte di sé, incluso quelle che mal conciliano con la nostra intransigenza. Chi ha compiuto un lavoro di analisi attento sulla propria vita riesce ad essere serena nei confronti di qualunque diversità e non ha bisogno di stabilire pubblicamente, comunicando il disprezzo per donne “diverse”, le differenze tra donne per bene e donne per male.

Perché se devo scegliere da che parte stare io sto certamente con le donne per male. Sto con loro. Non mi interessa giudicarle. Non mi interessa usarle per stare meglio nella mia sporca precarietà. Non mi lascio distogliere e distrarre da loro e tengo ben fermo l’asse sui miei problemi.

Non mi interessano i maternalismi. Non mi interessa fare la morale alle figlie. Non mi interessa ribadire la mia rappresentazione reale a fronte di quella che descrivo come immaginaria.

L’unica differenza e distanza che continuo ad affermare è quella tra me e le donne fasciste. Per quelle non c’è comprensione né solidarietà. Le kapò del patriarcato hanno scelto da che parte stare. Lo fanno imponendoci valori, obbligandoci a stare zitte e ferme ogni volta che qualcuno ci massacra nella vita e nel lavoro, firmano e votano proposte di legge in rappresentanza di lobby maschili a garanzia di un solo genere.

Quelle che restano a servizio di un regime, per convenienza e per convinzione, sono le uniche mie nemiche. E questo è un giudizio politico. Non è certamente personale. Tutte le altre sono sorelle.

Si vergognino gli uomini che si oppongono a qualunque progresso che possa portare le donne ad una reale liberazione, che educano le ragazzine a vedere nel proprio futuro soltanto alcune alternative, che poi le aspettano all’uscita dalla scuola per portarle ai festini.

Assumiamoci anche la responsabilità di quello che noi abbiamo fatto e che facciamo. Lottiamo per dare alle nostre figlie un futuro diverso, qualche possibilità di scelta in più. Facciamo una rivoluzione per ottenere una indipendenza economica, un reddito, una vita autonoma. E se rivoluzione sarà, io spero che le prime della fila siano tutte le donne permale di questo mondo.

Quelle bistrattate, sputtanate, schifate. Quelle consumate, che gli uomini fanno diventare usa e getta e le donne fasciste se potessero le raserebbero a zero per offendere la loro bellezza. Quelle che vorrebbero rifarsi le tette ma non hanno i soldi. Quelle che non ce la fanno più a sentire la madre che dice “sii te stessa, sei bella così come sei” mentre lei si consuma nei digiuni e nelle bulimie. Quelle che non ne possono più di avere a che fare con donne che non ammettono le loro debolezze. Quelle che provano piacere a mettersi la minigonna, i tacchi alti, il trucco pesante. Quelle belle, brutte, sgraziate, delicate. Quelle che fanno le sante in ufficio e la notte recuperano in chat uno sconosciuto per fargli un pompino gratis. Quelle che non confessano le solitudini, che dicono di non aver bisogno di nessuno e poi si fanno prendere in giro dal primo stronzo che passa.

Prima di ergerci su un piedistallo ricordiamoci sempre che siamo donne, persone, fragili come tutti. Per accedere alla posizione manageriale di Dio c’è tempo e quello sì che è un ruolo da scansare.

Riprendiamoci l’immaginario. Incluso quello che racconta le altre donne senza che vi sia l’eco di qualche stanza del vaticano.



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