Propongo un articolo per riflettere e scrivo una piccola prefazione con idee che non possono essere tralasciate ... nella storia cercare sempre chi ci guadagna, chi ne trae profitto, e li troveremo il responsabile.
Il Papa che va in Messico e spende milioni di euro per il
viaggio. Un paese cattolicissimo, dove l’ignoranza la fa da padrona e sia il governo che la chiesa sanno benissimo come fare i conti con questa inconsapevolezza,
con questa ingenuità, gestire questa ignoranza e trarne profitto è il mestiere
dei politici e della chiesa, da sempre, i “capi” vogliono solo soldi,
guadagno, interesse, per loro e non per il popolo, anche a costo di assassinare
il popolino sciocco, (propongo la canzone dei Litfiba uscita da poco, tutto l’album
è bello, ma qui cade a puntino il brano “Tutti buoni”). Il Messico. Questo è un paese
afflitto da una povertà allarmante, dove gli abusi sui cittadini sono all’ordine
del giorno. Parliamo in primis di abusi sessuali sui bambini e sulle donne e
poi non tralasciamo il valore, praticamente nullo che ha la vita in questo
stato, che rappresenta la strada maestra per importare droga negli USA. Il Messico sta
vivendo uno dei periodi più bui della sua storia. Il Papa
in questo paese come si comporta? Da vergogna! E qui sottolineo il rapporto
tra ignoranza e fede, è plateale. L’articolo sotto lo dice bene e racconta
quello che i nostri media, zerbini maledetti, hanno volutamente tralasciato. Un piccolo anticipo dell’articolo, ecco come si muove il rappresentante di dio, sic!,
sulla terra: "COME LA
BESTIA - Il mezzo blindato scelto per gli spostamenti è dotato di un
sistema di blindaggio simile a quello dalla limousine chiamata la bestia e
utilizzata nell'ultima visita nel paese dal presidente Usa Barack Obama. Il
Papamovil pesa cinque tonnellate e viaggia a circa 20 chilometri orari per
permettere alla folla presente di scattare fotografie", e così via per un
paragrafo intero, senza tregua e senza informazione. Tutti sanno, o quasi,
che questo stato al sud degli USA è l’autostrada per importare droga nel paese,
e che questa droga che scorre a fiumi per tutto il Messico è “protetta” dai narcotrafficanti,
armati sino ai denti che non hanno nessun problema a massacrare civili inermi
per il loro guadagno personale, abbiamo visto negli ultimi due anni un
escalation di violenza allarmante in questo paese, (nella storia cercare sempre chi ci guadagna, chi ne trae profitto, e li
troveremo il responsabile), praticamente i “narcos” messicani sono sempre
collusi e colleghi della polizia, a tale proposito propongo di vedere il film “Traffic” del 2000, premiato con 4 oscar, il quale rispecchia bene la situazione della lotta al
traffico di sostanze stupefacenti, però non rende l'idea ancora della situazione attuale
degradata negli ultimi anni, e qui apro una parentesi, la lotta al commercio di
droga è la bufala più grande del secolo forse, e poiché la guerra in Afghanistan
ha fatto balzare alle stelle il commercio di oppio ed eroina, che i Talebani
proibivano mentre gli Americani “vogliono”, (Il segreto della guerra in Afghanistan: Il traffico della droga), ci ritroviamo fiumi di sostanze che
devono essere vendute, nella storia cercare sempre chi ci guadagna, chi ne trae
profitto, e certamente avrete il colpevole. Ecco a voi l’articolo
completo letto qui
La visita del Papa in Messico e il
Corriere
di Fabrizio
Lorusso
La
lettura di alcuni articoli del Corriere della Sera sulla visita del Papa in
Messico del 24-26 marzo mi ha spinto a scrivere questo pezzo per mostrare e
chiarire alcuni elementi tralasciati, del tutto o in parte, dai media italiani.
Il tour papale, una visita di stato
oltre che pastorale, ha avuto solo due tappe, le città di León e Guanajuato
nello stato centro-settentrionale e cattolicissimo di Guanajuato. Quanto visto
e sentito in televisione o su alcuni giornali in Italia riflette poco il
dibattito in corso qui, oltreoceano, dove molte controversie sulla Chiesa
messicana e sul Vaticano hanno avuto una rilevanza mediatica e pubblica
fondamentale. Questo viaggio di Ratzinger è stato presentato in Italia con
poche e vaghe sfumature, quasi si trattasse semplicemente di una visita
apostolica, una gita disinteressata e amorevole coronata dal solito bagno di
folla. Alcuni, primo tra tutti il poeta messicano Javier Sicilia del Movimento per la Pace, avevano
immaginato un
Papa che va a Ciudad Juarez a trovare le vittime del femminicidio (il
correttore di word sottolinea ancora questa parola col rosso, come un errore,
una cosa che non esiste...), un pontefice che parla ai narcos e ai
corrotti nelle istituzioni, un padre che apre ai poveri e alla società
reale, ai migranti e ai loro carnefici quotidiani, al di là delle etichette e
delle demagogie, insomma un Papa che spiega come mai per 50 anni la Chiesa ha
coperto i crimini dei pedofili e che, anche in America Latina, propone una
riconciliazione e un dialogo. Sono stati delusi.
Gli
articoli del Corriere cui mi riferirò sono un buon esempio, un campione dei
media italiani, dei pezzi che non "sentono l'altra campana" e
riproducono la versione ufficiale della presidenza messicana e delle gerarchie
vaticane quasi per filo e per segno, acriticamente. Il Messico sta vivendo uno dei periodi più difficili
della sua storia e merita uno sforzo di comprensione in più.
I preliminari. Il 23 marzo la
redazione firma un articolo che è una cronaca dettagliata della
partenza del Papa: in aeroporto "tra gli altri erano presenti il
presidente di Alitalia Roberto Colaninno e l'Amministratore Delegato di
Aeroporti di Roma, Lorenzo Lo Presti". Utilissimo
e fondamentale sottolineare l'uso del bastone in pubblico da parte del santo
padre, i messaggi e auguri di Napolitano, il fatto che Ratzinger sappia
scendere da solo la scaletta del Boing ("senza impacci") e il suo
pensiero sul marxismo.
"È evidente che
al giorno d'oggi l'ideologia marxista come era concepita non corrisponde più
alla realtà e così non può costituire una società -ha detto- devono trovarsi
nuovi modelli con pazienza e in modo costruttivo. Questo processo richiede
pazienza e decisione e vogliamo aiutarlo con spirito di dialogo per evitare traumi".
Oltre un
secolo di dibattiti risolti in una frase, questa sì che è capacità di sintesi. Ad
ogni modo col Messico c'entrava poco, si nota da subito che il vero campo da
gioco sarà
Cuba e la terra azteca sarà solo un bel trampolino di lancio
mediatico, uno scalo tecnico in cui le forme prevaricano i contenuti, molto più
del solito.
Climax. Il
24 marzo il tema centrale di
un altro redazionale è la
sicurezza per l'arrivo di Benedetto XVI, "Papamovil e 13 mila uomini armati
fino ai denti per accogliere il Pontefice. Sono le misure di sicurezza
predisposte per la tappa messicana del viaggio apostolico di Benedetto
XVI". E ancora, sempre più interessante (!), le caratteristiche tecniche
della "Bestia", l'auto papale blindata.
"COME LA
BESTIA - Il mezzo blindato scelto per gli spostamenti è dotato di
un sistema di blindaggio simile a quello dalla limousine chiamata la bestia e
utilizzata nell'ultima visita nel paese dal presidente Usa Barack Obama. Il
Papamovil pesa cinque tonnellate e viaggia a circa 20 chilometri orari per
permettere alla folla presente di scattare fotografie", e così via per un
paragrafo intero, senza tregua e senza informazione.
A chi vive in Messico
viene subito in mente qualcosa di meno tecnico e avveniristico, la bestia: così
si chiama il treno dei migranti che carica speranze e umanità su dal Chiapas al
nord del Messico, il treno dei centroamericani che vengono rapinati,
stuprati, mutilati e deportati su quei binari di abusi e dolore, violentati
dalle autorità messicane, la famosa polizia migratoria e vari corpi di agenti
federali e locali, e dalle gang di narcos e di mara salvatrucha, anch'essi
centroamericani passati alla delinquenza organizzata, che lucrano sulla
disperazione e su questa vera e propria tratta degli schiavi postmoderna.
Dall'articolo dell'inviato
Gian Guido Vecchi del 25 marzo leggiamo: "Il Papa in Messico: «Proteggete i bambini». Benedetto XVI a
Guanajuato: «Miei piccoli amici, non
siete soli». E agli adulti: «Non spegnete
il loro sorriso». «Miei piccoli amici», li chiama. «Cari bambini, sono felice,
molto felice di potervi incontrare e di vedere i vostri volti allegri che
riempiono questa bella piazza. Voi occupate un posto molto importante nel cuore
del Papa». Perché se già gli adulti sono calorosi, da queste parti, i
bambini e i ragazzini che affollano a migliaia Plaza de la Paz, a Guanajuato,
gli riservano un’accoglienza fantastica, tra bandierine e coriandoli e grida a
squarciagola, a un certo punto tutti quanti intonano «Cielito lindo» e in
omaggio a Ratzinger la banda abbozza pure una (spaventosa, va detto) versione
della Quinta di Beethoven, alla fine pure la Nona". L'accoglienza da star nel cuore cattolico del Messico e la riscoperta
del folclore locale erano un elemento scontato, ma
forse il tempo disponibile poteva essere utilizzato meglio, magari aprendo
spazi di dialogo con le vittime messicane della pedofilia e della
narcoviolenza.
Forse ad alcuni suona
un po' populista dirlo, ma chi ha spento molti sorrisi dei bambini messicani è
stata proprio la Chiesa di Roma. Durante i tre giorni di visita in Messico Benedetto XVI
non ha incontrato, come invece ha fatto in altri paesi, le vittime di
pedofilia, in particolare
quelle del celebre padre Marcial Maciel, noto pedofilo e fondatore della
potente congregazione dei Legionari di Cristo.
Riporto da L'Unità
del 24 marzo 2012 una parte di un mio articolo: "Proprio in questi giorni è uscito il libro “La volontà di non
sapere”, dei ricercatori messicani Barba, Athié e González che ripercorrono
la vicenda di Marcial Maciel, fondatore
a Città del Messico della congregazione dei Legionari di Cristo e colpevole di
pedofilia. A sei anni dalla presa di distanza del Vaticano e a quattro
dalla sua morte, gli studiosi mostrano ora i documenti che spiegano come a Roma
già dagli anni quaranta fossero noti i comportamenti deviati del sacerdote".
Ecco la differenza tra i bei discorsi sui bambini e la realtà, un gap che si
chiama populismo papale, cioè sapere, coprire e tacere. Il problema non è circoscritto ai crimini di Maciel, ma si è allargato
a molti altri membri del clero messicano tra cardinali e alti prelati che
tentano di "lavare i panni sporchi in famiglia" salvo poi fare
carriera ed essere invitati dal Papa alle sue cerimonie.
La rivista messicana Proceso, numero 1848, approfondisce vari
casi di abusi sessuali e coperture citando, tra queste, quelle del cardinale
Norberto Rivera, arcivescovo di Città del Messico, e di José Guadalupe
Martín Rábago, arcivescovo di León e anfitrione di questa visita. Mi chiedo
anche come sia possibile non menzionare il fatto che Guanajuato è uno degli stati più conservatori, nel senso di retrogradi,
del paese e
che qui le donne che interrompono la gravidanza per qualunque motivo vanno
incontro a processi penali. Come reazione alla legalizzazione
dell'aborto a Città del Messico, governata da una coalizione progressista dal
1997, diciassette stati del Messico hanno deciso di applicare questo tipo di
sanzione (penale) nei loro territori e la candidata presidenziale Josefina
Vazquez Mota, del Partido Accion Nacional, la formazione politica dell'attuale
presidente Felipe Calderon, aspira a uniformare in senso restrittivo i diritti
delle donne a livello nazionale e, quindi, a fare vari passi indietro rispetto
al tanto ammirato "primo mondo".
Anche per colpa di
scandali come quello di Maciel, un sacerdote con sei figli sparsi per il mondo,
impune per oltre 50 anni e fino alla morte, la Chiesa cattolica ha perso
nettamente terreno rispetto alle altre fedi. Cito di nuovo il mio pezzo, non me
ne abbiate, i dati son questi: "L’arrivo del Papa assume una rilevanza
speciale per il momento politico del Messico e per la stessa Chiesa che qui
affronta una costante emorragia di fedeli. “Il Papa viene a saldare un debito”,
sostiene il cardinale di Guadalajara, Juan Sandoval, alludendo all’abbandono
dell’America Latina che ha favorito l’espansione di protestanti, evangelici e
pentecostali: in Brasile la percentuale di cattolici è scesa al 68%, in El
Salvador e Nicaragua è al 50%, in Messico è al minimo storico, l’82,7%. Su 7688
associazioni religiose, oltre 4000 non sono cattoliche e hanno ben 41.000
sacerdoti su un totale di 70.000. Il fenomeno è fortissimo nel sud del paese,
dal Chiapas allo Yucatan, mentre nel centro il cattolicesimo ha mantenuto
percentuali superiori al 90%". Un
altro problema sottolineato dai media messicani e ignorato all'estero
sono le spese della visite per l'erario: oltre 100 milioni di dollari. Ci
starebbe forse per una visita di stato, ma non si era dihiarato che era una
visita pastorale e basta?
Anticlimax. Dall'inviato Vecchi, il 25 marzo: Il Papa: «La Chiesa smascheri il male». L'incontro con i parenti dei desaparecidos. «È una grande responsabilità quella di educare le coscienze». Vediamo: "Il pontefice ha parlato con la madre di un poliziotto desaparecido, un’altra madre che ha visto sparire i suoi quattro figli, la sorella di un sequestrato, il fratello di una studentessa uccisa per caso durante una sparatoria, e ancora tra gli altri la madre di una delle 15 persone, compresi donne e bambini, massacrate dai narcos nella strage di Villas de Salvarcar, il 30 gennaio". Il resto dell'articolo, e anche dei precedenti, riporta quasi interamente le dichiarazioni del pontefice con un contesto ridotto a folclore e poche nozioni. Qual è il problema?
Il Papa non ha ricevuto né ha dialogato con le vittime del narcotraffico o coi parenti dei desaparecidos, ma li ha incontrati di sfuggita, salutandoli, in uno strascico di tempo rubato all'agenda.
Non ha dato risposte concrete al Movimento per la Pace, uno degli interlocutori sociali più importanti del paese in questo momento che da un anno a questa parte rende visibili quelle vittime che il governo cercava di occultare e considerava "collaterali", cioè i 16mila desaparecidos (in genere fatti sparire dai narcos e/o dalle autorità colluse con gli stessi criminali) e i 60mila morti della guerra al narcotraffico cominciata dal presidente Calderón.
Anticlimax. Dall'inviato Vecchi, il 25 marzo: Il Papa: «La Chiesa smascheri il male». L'incontro con i parenti dei desaparecidos. «È una grande responsabilità quella di educare le coscienze». Vediamo: "Il pontefice ha parlato con la madre di un poliziotto desaparecido, un’altra madre che ha visto sparire i suoi quattro figli, la sorella di un sequestrato, il fratello di una studentessa uccisa per caso durante una sparatoria, e ancora tra gli altri la madre di una delle 15 persone, compresi donne e bambini, massacrate dai narcos nella strage di Villas de Salvarcar, il 30 gennaio". Il resto dell'articolo, e anche dei precedenti, riporta quasi interamente le dichiarazioni del pontefice con un contesto ridotto a folclore e poche nozioni. Qual è il problema?
Il Papa non ha ricevuto né ha dialogato con le vittime del narcotraffico o coi parenti dei desaparecidos, ma li ha incontrati di sfuggita, salutandoli, in uno strascico di tempo rubato all'agenda.
Non ha dato risposte concrete al Movimento per la Pace, uno degli interlocutori sociali più importanti del paese in questo momento che da un anno a questa parte rende visibili quelle vittime che il governo cercava di occultare e considerava "collaterali", cioè i 16mila desaparecidos (in genere fatti sparire dai narcos e/o dalle autorità colluse con gli stessi criminali) e i 60mila morti della guerra al narcotraffico cominciata dal presidente Calderón.
Mentre Benedetto
XVI si divertiva coi mariachi e i canti, nei pochi tempi morti della
sua "intensa agenda", le vittime
di Maciel denunciavano l'assenza totale di risposte alle loro richieste
d'incontro con il santo padre che negli USA nel 2008, a Malta e in Gran
Bretagna nel 2010 e in Germania nel 2011 aveva tenuto dei dialoghi più o meno
lunghi con le vittime.L'incontro
con i parenti dei desaparecidos, sbandierato dal titolo dell'articolo, è
stato brevissimo, un saluto fulmineo programmato all'ultimo minuto proprio per
poterne parlare un po' e sviare l'attenzione dalla mancanza di proposte e
contenuti del massimo rappresentante dei cattolici, un incontro che ha un senso
solo per la propaganda e la forma.
O meglio, i contenuti c'erano, ma poco avevano a che vedere
con la gente. I tre candidati alla
presidenza Repubblica (Josefina Vazquez Mota, destra, Enrique Peña Nieto,
dell'ex partito egemonico e trasformista, il PRI, e Andres Manuel Lopez Obrador
del Partido Revolucion Democratica) sono stati invitati e hanno partecipato
alla messa (non a un incontro politico o di stato) del Papa, indipendentemente
dalla loro fede (uno, Andrès Manuel Lòpez Obrador, non è nemmeno cattolico
romano) e
hanno cercato così di accattivarsi l’elettorato cattolico e partecipare a un
atto di pre-campagna elettorale. E’ anche probabile che Lopez
Obrador abbia voluto fare atto di presenza (sempre per opportunità politica,
come gli altri due) per non distanziarsi molto dai rivali, infatti la visita
papale in un bastione del conservatorismo messicano è stata interpretata da
molti opinionisti sin dall’inizio come una mossa dal sapore elettorale
orchestrata dai partiti di governo.
La campagna è
cominciata il 1 aprile, ufficialmente, e un’apparizione mediatica di massa come
questa non poteva essere ignorata dai tre moschettieri. Ma la visita è
arrivata anche quando era in fase di approvazione una riforma importante della
Costituzione messicana che è stata modificata più volte perché se, da una parte,
voleva ribadire e precisare il concetto di libertà religiosa e quello di Stato
laico, dall'altra, cercava anche (su proposta del partito PAN di Felipe
Calderòn) di concedere radio e Tv alla
Chiesa e di aprire all’insegnamento della religione nelle scuole pubbliche,
cosa che in Messico, diversamente da quanto succede in Italia, è proibita.
La riforma non è stata approvata prima della visita di Ratzinger, ma le
speculazioni mediatiche parlavano di un eventuale regalo della politica per il
Papa che, però, non è stato consegnato in tempo. Il tema è stato comunque
oggetto dei dialoghi tra il presidente e il capo dello stato vaticano e viene
visto come un primo passo verso aperture successive contro la laicità dello
stato dai critici della riforma.
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