La prima forma di globalizzazione, di corruzione e mafia, quindi la più potente è da un paio di millenni al potere, predicano molto bene, ma vediamo come razzolano?
Primo esempio:
Treviso, senzatetto si rifugia in convento, frati chiamano polizia
Gli oltre sei miliardi di euro che ogni anno escono dalle casse pubbliche per entrare in quelle della Chiesa hanno ben poche giustificazioni, tanto che anche gli apologeti del mondo cattolico finiscono per trovarne una sola: il bene che la Chiesa farebbe alle fasce più sfortunate della società. Ripeterlo è quasi un dogma, per i mezzi di informazione italiani, ma poi arrivano anche le plateali smentite. Per esempio da Treviso, dove una senzatetto sessantenne, alle prese con una temperatura di sette gradi sotto lo zero, dopo essere stata rifiutata da tutti i centri di accoglienza, si era rifugiata con cartoni e coperte nel cortile del convento dei Carmelitani Scalzi. I quali, scrive Il Corriere del Veneto, hanno subito chiamato la polizia. La quale ha accompagnato la donna al caldo, nella sala d’aspetto approntata presso la stazione dai volontari organizzati dal Comune.
Secondo esempio:
VOLEVO FARMI SUORA UN PRETE SI E' FATTO ME
9 febbraio 2012 - La terribile storia di Emanuela Violani
in un libro verità sulle violenze ecclesiastiche
Lasciata sola, da tutti. Violentata per anni da un sacerdote, dal quale voleva soltanto un po’ di sostegno, di compagnia, magari qualche abbraccio. E lui, invece, voleva da lei soltanto sesso, rubato nei cimiteri o nei letti delle canoniche. Emanuela Violani è uno pseudonimo, e nel libro intitolato “Diario Segreto dei Miei Giorni Feroci”, riportato in stralci da Marco Politi sul Fatto Quotidiano, racconta la sua storia quotidiana di violenze, durata cinque anni, in un paesino di campagna: [...]
Lasciata sola, da tutti. Violentata per anni da un sacerdote, dal quale voleva soltanto un po’ di sostegno, di compagnia, magari qualche abbraccio. E lui, invece, voleva da lei soltanto sesso, rubato nei cimiteri o nei letti delle canoniche. Emanuela Violani è uno pseudonimo, e nel libro intitolato “Diario Segreto dei Miei Giorni Feroci”, riportato in stralci da Marco Politi sul Fatto Quotidiano, racconta la sua storia quotidiana di violenze, durata cinque anni, in un paesino di campagna: [...]
fino a quando si è ribellata, ma allora era troppo tardi.
E pensare che da giovane si voleva fare suora.
VIOLENZA IN CHIESA – Ragazza fragile, in una famiglia che
non le dava l’affetto che sentiva di meritare, Emanuela ha fatto presto a
cercare sostegno altrove.
H o iniziato a fare direzione spirituale quando avevo 18
anni e la storia è iniziata quasi subito. Il don aveva capito il mio punto
debole, la carenza d’affetto e, piano piano, lavorando sulla mia psiche
fragile, è riuscito a mettermi in testa che l’amore, l’affetto, è un bene che
si può vendere e comprare. La nostra frase era “Cinque minuti di quello che
vuoi tu in cambio di cinque minuti di quello che voglio io”. Io volevo
solamente sfogarmi, parlare dei miei problemi ed essere abbracciata, volevo
essere messa al centro dell’attenzione, cosa che non accadeva mai nella mia
famiglia. La prima volta è stato così. “Ti porto in camera, ci sdraiamo sul
letto così ti abbraccio meglio”. Ero talmente inesperta che non avevo mai visto
un pene in vita mia, non sapevo come si facevano certe cose, ma poi ho dovuto
imparare per forza. Stavamo su quel letto, c’erano volte in cui io dovevo
semplicemente stare ferma e lui mi ravanava dappertutto e volte in cui si
sedeva sul mio collo e io avevo paura di soffocare. In camera sua c’era un
crocifisso di legno pesante, proprio sopra il letto. Io avevo il terrore che
quel crocifisso potesse cadermi in testa. Poi lui si rivestiva in fretta, mi
buttava i vestiti e mi diceva di andarmene, aveva fretta di liberarsi di me.
Emanuela, alcoolizzata, divenne facile preda del famelico
giovane prete.
Era prete da poco. Ogni tanto andavamo al parcheggio del
cimitero ed era sempre la solita storia: ho dovuto pagare tutto quello che mi
ha dato. Ogni tanto mi portava al cinema o a mangiare una pizza. Io ero
contenta perché non uscivo mai, solo che poi al ritorno andavamo a finire
sempre in qualche parcheggio isolato e lì non mi doveva abbracciare per cinque
minuti, dovevo subito iniziare. Per due anni mi sono ubriacata quasi tutti i
fine settimana e quando non bevevo, andavo dal don perché avevo bisogno di
riempire il vuoto della mia anima. Capivo che lui mi stava usando, ma io volevo
stare con qualcuno. Ho anche avuto disturbi alimentari, mi nutrivo quasi
esclusivamente di latte e nell’estate 2003 sono arrivata a pesare 41 chili. Era
agosto, faceva caldo, stavo talmente male che non mi interessava della mia
verginità, avrei dato tutto pur di essere presa in braccio e coccolata per
qualche minuto, ma quando mi sono accorta che faceva sul serio, mi sono spaventata,
ho iniziato a sentire male e gli ho detto di fermarsi. Lui (cento e più chili
contro i miei quarantuno) con una mano mi teneva ferma e con l’altra mi tappava
la bocca, poi ricordo il sangue, un “vaffa n c u l o ” detto da me e un “lo
volevi anche tu” detto da lui. Ci ho messo un anno a capire che cosa mi era
successo veramente, ho capito che razza d’uomo era solo quando ci siamo rivisti
dopo diversi mesi e mi ha sbattuta fuori casa perché non volevo fare porcate
con lui
DOLORE E DISPREZZO – Non che gli altri sacerdoti a cui si
è rivolta per trovare sostegno le abbiano dato una qualche tipo di mano, o di
aiuto: solo odio, solitudine e disprezzo.
Mi sono confessata da don D. Ho detto che avevo commesso
un solo grande peccato: “Atti impuri con un prete” e lui mi ha detto cose
orribili, mi ha detto che io ero il demonio sulla terra, che se quel prete dava
la comunione dopo essere stato con me rovinava la sua comunità. Ero lì in
ginocchio in quella chiesa scura con un pretino anziano che mi faceva cadere
addosso dei massi enormi e non sapevo come difendermi. Non voleva darmi
l’assoluzione , ma poi si è convinto e mi ha detto di non rifare più certe
cose. Io sono uscita dal confessionale di corsa perché lui voleva vedermi,
facevo fatica a stare in piedi, facevo fatica a parlare, ero sbiancata.
La ragazza, disperata, ad un certo punto si è anche
gettata da un ponte.
Don Virginio Colmegna,che a Milano dirige la Casa della
Carità, afferma di aver letto il diario di Emanuela con “fatica, disgusto e
conatidi vomito”, augurandosi che il violentatore “ammantato di potere
religioso” si assuma le sue responsabilità e decidadi “rompere la copertura
ipocrita del silenzio”. Nel diario, Emanuela scrive di un incidente. A me ha
confessato di essersi gettata da un ponte. Venti giorni dopo l’ operazione,
venti giorni soltanto dopo che mi hanno aperto la testa, mi hanno ricostruita
con il metallo e con le viti, mi hanno tirato fuori le ossa della faccia che
erano entrate… venti giorni dopo don G. mi ha detto che non ero più buona
neanche a fare pompini.
Il commento del Vaticanista del Fatto è senza appello.
“Mi ha detto al telefono che per anni, dopo che si rifiutava di vedere il suo
violentatore, il prete l’ha perseguitata con messaggini”, scrive Politi.
“Finalmente lo ha denunciato per violenza. In Questura le hanno risposto che
era passato troppo tempo. È andata dal vescovo. Il tribunale ecclesiastico
doveva intervenire, ma nulla è successo. Il prete ha confessato di avere
compiuto un “atto di debolezza”, ora è parroco. Le hanno proposto di versare
una somma di denaro a un’associazione benefica da lei indicata. Così, per non
dovere ammettere pubblicamente responsabilità, Emanuela ha rifiutato. In
Vaticano l’altro giorno hanno organizzato una veglia per le vittime, ma discutono
ancora se rendere obbligatorio o no che il vescovo denunci i preti criminali”.
libro :diario segreto sei miei giorni feroci
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