Le persone abituate ad ascoltare poco gli altri finiscono col non riuscire a farsi capire, un problema che si ripercuote sulla qualità della vita: come uscirne.
Può sembrare paradossale, ma proprio nell’epoca della comunicazione globale e della connessione continua, le persone non hanno mai fatto così fatica a capirsi fra loro. Tra i tanti errori comunicativi che si compiono ce n’è uno che sta spopolando. È la marcata tendenza di molte persone a dialogare pensando di avere già la risposta a tutto. Un fenomeno ben visibile in molti dibattiti televisivi. Non c’è mai qualcuno che dica: sì, la tua argomentazione mi ha convinto, cambio idea, oppure ne prendo atto. Ognuno ha la sua verità e da lì non si sposterà di una virgola.
Monologhi paralleli. Se in TV è comprensibile, visto che quei dibattiti sono governati dall’audience, più grave è che lo stesso accada fuori dai riflettori, nella vita di ogni giorno: spesso parliamo soltanto per vedere se la risposta che ci viene data coincide con quello che già abbiamo in mente. Alla fine, restiamo convinti di quello che pensiamo noi, della nostra posizione preventiva, del nostro pregiudizio, come se quello che l’altro ci dice non contasse nulla. Se anche l’interlocutore fa la stessa cosa, l’incomunicabilità è il risultato certo di questo dialogo, composto in realtà da due monologhi che viaggiano paralleli, ignorandosi l’un l’altro.
Il coraggio di andare verso l’altro. Un simile atteggiamento è frutto di una sempre più diffusa cultura della prestazione e della sfida, per la quale ogni scambio dialogico è una sorta di occasione per mostrare i propri “muscoli mentali”. Purtroppo a volte accade anche in famiglia. Quanti danni può fare, ad esempio, un genitore che chiede a un figlio quali siano i suoi problemi, e poi agisce sulla base di ciò che pensava già prima di chiederglielo, ignorando la preziosa risposta? Tanti. Per questo è necessario correggere il tiro e ridare all’ascolto e al dialogo il loro ruolo naturale, che non è quello di affermare i propri pregiudizi, ma di conoscere, capire e integrare la realtà che ci circonda.
I danni del mancato ascolto. Difficoltà a prendere atto e ad adattarsi a situazioni inattese: vai sempre per la tua strada e non ti accorgi di quello che accade di nuovo.
- Frustrazione e rabbia negli interlocutori, soprattutto quelli abituali: pensano che tanto con te è inutile parlare. Questo porta difficoltà in coppia, famiglia e lavoro.
Due azioni da fare. Il vero ascolto è un’azione concreta, sia passiva che attiva. La parte passiva è quella di tirarsi indietro con i propri pregiudizi e lasciare che le parole dell’altro entrino in noi in modo “pulito”. Quella attiva è produrre un’elaborazione critica e, quanto possibile, obiettiva, di quel che viene detto. È un atto di “attenta umiltà”.
- Non andiamo in giro come proiettori di “verità standard”, preformate, da applicare a ciò che ci viene risposto. Non interpretiamo tutto sulla base di questi pochi e grezzi parametri. Nelle risposte dell’altro c’è un intero mondo da scoprire e delle novità da integrare. Non coglierle significa smettere di evolvere.
FONTE: RIZAPSICOSOMATICA
Tratto da http://eccocosavedo.blogspot.it/
Può sembrare paradossale, ma proprio nell’epoca della comunicazione globale e della connessione continua, le persone non hanno mai fatto così fatica a capirsi fra loro. Tra i tanti errori comunicativi che si compiono ce n’è uno che sta spopolando. È la marcata tendenza di molte persone a dialogare pensando di avere già la risposta a tutto. Un fenomeno ben visibile in molti dibattiti televisivi. Non c’è mai qualcuno che dica: sì, la tua argomentazione mi ha convinto, cambio idea, oppure ne prendo atto. Ognuno ha la sua verità e da lì non si sposterà di una virgola.
Monologhi paralleli. Se in TV è comprensibile, visto che quei dibattiti sono governati dall’audience, più grave è che lo stesso accada fuori dai riflettori, nella vita di ogni giorno: spesso parliamo soltanto per vedere se la risposta che ci viene data coincide con quello che già abbiamo in mente. Alla fine, restiamo convinti di quello che pensiamo noi, della nostra posizione preventiva, del nostro pregiudizio, come se quello che l’altro ci dice non contasse nulla. Se anche l’interlocutore fa la stessa cosa, l’incomunicabilità è il risultato certo di questo dialogo, composto in realtà da due monologhi che viaggiano paralleli, ignorandosi l’un l’altro.
Il coraggio di andare verso l’altro. Un simile atteggiamento è frutto di una sempre più diffusa cultura della prestazione e della sfida, per la quale ogni scambio dialogico è una sorta di occasione per mostrare i propri “muscoli mentali”. Purtroppo a volte accade anche in famiglia. Quanti danni può fare, ad esempio, un genitore che chiede a un figlio quali siano i suoi problemi, e poi agisce sulla base di ciò che pensava già prima di chiederglielo, ignorando la preziosa risposta? Tanti. Per questo è necessario correggere il tiro e ridare all’ascolto e al dialogo il loro ruolo naturale, che non è quello di affermare i propri pregiudizi, ma di conoscere, capire e integrare la realtà che ci circonda.
I danni del mancato ascolto. Difficoltà a prendere atto e ad adattarsi a situazioni inattese: vai sempre per la tua strada e non ti accorgi di quello che accade di nuovo.
- Frustrazione e rabbia negli interlocutori, soprattutto quelli abituali: pensano che tanto con te è inutile parlare. Questo porta difficoltà in coppia, famiglia e lavoro.
Due azioni da fare. Il vero ascolto è un’azione concreta, sia passiva che attiva. La parte passiva è quella di tirarsi indietro con i propri pregiudizi e lasciare che le parole dell’altro entrino in noi in modo “pulito”. Quella attiva è produrre un’elaborazione critica e, quanto possibile, obiettiva, di quel che viene detto. È un atto di “attenta umiltà”.
- Non andiamo in giro come proiettori di “verità standard”, preformate, da applicare a ciò che ci viene risposto. Non interpretiamo tutto sulla base di questi pochi e grezzi parametri. Nelle risposte dell’altro c’è un intero mondo da scoprire e delle novità da integrare. Non coglierle significa smettere di evolvere.
FONTE: RIZAPSICOSOMATICA
Tratto da http://eccocosavedo.blogspot.it/