Le bugie hanno le gambe corte, ma la cattiveria ha la gittata lunga. Prima ancora che inventassero l’archibugio, gli esseri umani erano soliti uccidere i propri nemici mediante armi da taglio e anche quando venivano lanciati sassi con fionde, catapulte o mani nude, la volontà di chi effettuava il gesto era quella di penetrare le carni dell’avversario, sì da smembrarne le fibre, spezzarne le ossa e lederne gli organi vitali. Mi ha sempre dato fastidio l’immagine di tessuti muscolari che si scindono a causa dell’ingresso di un corpo estraneo, stimolando nervi che inviano sensazioni di dolore alla centrale nervosa della vittima. Se Woody Allen, in una sua famosa intervista, disse che disapprovava la morte, io posso dire anche senza essere intervistato che disapprovo il dolore, soprattutto quello che di tanto in tanto provo io e un po’ meno quello che provano gli altri. Tuttavia, trovo altamente immorale infliggere dolore di proposito a chicchessia, specie a vittime innocenti che non possono difendersi.
La prepotenza, la malvagità e l’arroganza insita nell’atto d’uccidere il prossimo, a due o a quattro gambe, ha in sé qualcosa di scandalosamente inaccettabile, anche se mi rendo conto che in questo universo materiale gli atomi e le molecole sono soggetti a scindersi, scontrarsi, cambiare di stato e perfino a cedere o a catturare elettroni. Gli angeli, i fantasmi e gli alieni che vivono negli strati leggeri della materia, cioè nelle dimensioni dello spirito, non possono subire alcun danno mediante colpi di spada o scariche di pallini, per intenderci.
Sospetto però, tornando alla matrice psicologica dell’atto di trafiggere qualcuno, che l’idea di sopprimere l’altro da noi tramite penetrazione di lame, proiettili, frecce di legno duro e schegge di selce sia nata dalla modalità del rapporto sessuale, in cui la femmina veniva penetrata letteralmente dal maschio. Di modo che, se l’evoluzione ci avesse portato ad avere una riproduzione per partenogenesi, noi a quest’ora non conosceremmo le guerre, le armi e le bombe atomiche. Non a caso la stragrande maggioranza dei cacciatori e dei soldati sono di sesso maschile e ciò avviene anche nelle tribù primitive amazzoniche o australiane che possono essere prese come paradigma e portate a supporto di questa mia strampalata teoria.
Di fatto, sia la persona che ha compiuto un infame gesto nei confronti di un coyote, sia quella che ha filmato la scena mettendola su You Tube, per deliziare le nostre esistenze di persone sensibili e per farci cominciare sotto i migliori auspici questo 2013, sono di sesso maschile e probabilmente entrambi vanno fieri dei rispettivi comportamenti.
Mi è capitato di pensare, dopo aver visto questo filmato:
http://www.youtube.com/watch?v=RdoU2u75qrs
(attenzione: immagini forti)
……che se i militari hanno messo a punto una tecnologia volta ad ottenere schiavi obbedienti e soldati assolutamente disciplinati, da utilizzare per uccidere presidenti o persone comunque sgradite, potrebbe darsi che anche nel caso dei cacciatori per diletto sia stata inventata una specie di manipolazione in stile candidato manciuriano.
Ma poi ho pensato che trattandosi di tecnologie dispendiose che richiedono anni di preparazione, sofisticate apparecchiature e personale esperto, il soldato robot ha un utilizzo in guerra, mentre il cacciatore robot non ce l’ha, a meno che, come auspicava Mussolini, non si voglia valorizzare per fini bellici le capacità di maneggio delle armi di cui i cacciatori sono necessariamente dotati.
Il santo non vale la candela e la strage annuale di milioni di mammiferi e uccelli non rientra nel più grande gioco della guerra, se non come passatempo per monarchi rincoglioniti o per ragionieri frustrati.
Dunque, scartato l’interessamento dei cabalisti satanisti guerrafondisti, nel caso della passione venatoria che costringe vegliardi pensionati alle autunnali levatacce delle tre del mattino, ci deve essere qualcos’altro. Altri fattori devono entrare in gioco nella spiegazione del perché tanta smania di uccidere. E l’unica spiegazione ragionevole che vada oltre l’accaparramento di proteine da assimilare con la polenta e con salse varie è l’obnubilamento temporaneo o definitivo delle facoltà cerebrali.
Sappiamo infatti che in situazioni d’emergenza il nostro organismo produce endorfine, droghe naturali volte ad attenuare un dolore improvviso e questo, a detta dei fisiologi, spiega perché molti soccorritori che giungono sul luogo di un incidente stradale trovano il cadavere dell’automobilista incastrato tra le lamiere con un sorriso sulle labbra, dono che la natura ha fatto all’uomo per alleviare il fatale atto della morte violenta.
Ma siccome l’uomo è un mammifero come il toporagno e la balena – e io non voglio considerarlo come un privilegiato – ritengo che anche altri animali abbiano ricevuto lo stesso dono e che quindi anche la gazzella sbranata dal leone possa usufruirne. E spero che questa non sia solo una mia pia illusione.
Quindi, appurato che i cacciatori vanno a caccia per vedere esplodere il fagiano in volo, in una nuvola di piume, e per vedere la corsa della lepre interrotta in una capriola mortale, ne deriva che vadano a caccia di emozioni adrenaliniche, anziché di selvaggina, esattamente come quei temerari sulle macchine volanti, i paracadutisti, i deltaplanisti, ibungee-jumpers e gli scalatori d’alta quota.
E’ una forma di tossicodipendenza. I tabagisti non possono vivere senza nicotina e gli amanti degli sport estremi senza adrenalina. Con la differenza che se mi butto con il paracadute al massimo, per disgrazia, posso ammazzare me stesso, a meno che non cada in testa a qualche sfigato, ma se vado a caccia posso anche ammazzare altra gente, a due o a quattro gambe.
Ecco perché a nessuno verrà in mente di chiedere l’abolizione dell’alpinismo ma milioni di persone chiedono l’abolizione della caccia. Cioè, come perseguiamo penalmente quei ragazzini a cui piace gettare sassi dal cavalcavia, così si dovrebbe perseguire quegli adulti a cui piace gettare pallini di piombo agli animali selvatici. In entrambi i casi gli interessati provano piacere nell’ebbrezza di fare qualcosa di sbagliato, anche se nel caso degli animali le leggi speciste non lo considerano un reato, lasciando la questione alla libera interpretazione della morale.
Se gli immaturi lanciatori di sassi finiscono in prigione, mentre gli immaturi lanciatori di pallini di piombo no, è solo perché le vittime in un caso guidano l’automobile e nell’altro se ne vanno in giro per la natura con i loro mezzi fisiologici di deambulazione.
E’ un problema di percezione: se ammazzo palestinesi, per un ebreo, è un po’ come andare a caccia di anatre. Se ammazzo i musi gialli, per unmarines di stanza nel Pacifico durante la 2ww, è un po’ come andare a pesca di salmoni nel Klondike. Se ingaggio una sparatoria con i malviventi, per un poliziotto in servizio in Sicilia, è un po’ come andare a caccia di tordi. La giustificazione si trova sempre e se uno non se la trova da solo, è lo Stato assassino che gliela fornisce.
Vai in guerra, dice lo Stato, perché quello è il tuo nemico, indicando alla maniera dello Zio Sam, con tanto di indice puntato e cappello a cilindro, l’arabo terrorista. Vai a caccia, dice lo Stato azionista della Beretta, perché quello è il tuo bersaglio mobile, indicando dettagliatamente periodi, specie cacciabili e munizioni adeguate, il pennuto di turno o il mammifero troppo prolifico o dalle carni saporite.
E se qualche amministratore della cosa pubblica si permette d’inserire norme restrittive, ci sarà sempre qualche cacciatore mafioso che glielo farà gentilmente notare, inviandogli lettere di minaccia di morte (cosa di cui i cacciatori sono esperti), anche e specialmente se si tratta di assessori loro amici. Ad un politico ecologista non gliel’avrebbero mandata, la minaccia di morte, perché l’assessore filovenatorio che applica le norme europee è visto come un amico che tradisce, un Giuda viscido e repellente. Togli la siringa a un drogato e riduci il calendario venatorio a un cacciatore e otterrai le stesse reazioni.
Fra le varie giustificazioni per avallare la porcata della caccia, c’è anche quella dell’esercizio fisico, come se non ci fossero mille altri modi meno cruenti per praticarlo. Giustificazione messa in crisi nel momento in cui esaminiamo la caccia da appostamento, molto praticata nelle valli berciane agli uccelli migratori. La contro risposta è che ci sono molti cacciatori anziani che hanno diritto di esprimere la loro passione senza scannarsi ad inseguire la preda, come se non ci fossero accoglienti osterie in cui giocare a carte con gli amici e attrezzati bocciodromi in cui manifestare il proprio coordinamento psicomotorio.
E’ chiaro che per chi ha voglia di litigare tutte le mosche sono elefanti e per chi ha voglia di cacciare tutte le scuse sono buone. Anche quel cacciatore americano che ha sparato al coyote dev’essere stato anziano, benché lo si veda di spalle, perché era comodamente seduto su un seggiolino e appoggiava il fucile ad un sostegno.
In tal modo ha potuto prendere la mira con comodo e far esplodere le viscere all’ignaro canide di passaggio. Il giornalista che ha riportato la notizia si è premurato di evidenziare che il coyote non lo stava attaccando, perché in tal caso ci si sarebbe potuti appellare alla legittima difesa. Si sa che i coyote sono bestie ferocissime.
La posizione comoda dell’assassino contrasta con quanto è successo dopo. La scena che segue può essere vista sotto due aspetti diametralmente opposti, perché anche qui è una questione di percezione. Per noi che non ci droghiamo e siamo persone dotate d’anima e di coscienza, che forse sono la stessa cosa, fa un effetto devastante e, a causa dell’empatia di cui siamo dotati, ci fa quasi provare lo stesso dolore che ha provato il coyote, prima di ricevere il secondo colpo mortale.
Per un gran numero d’esseri umani (sic!) la scena suscita il riso e nella migliore delle ipotesi un’alzata di spalle. La cultura fornisce loro mille giustificazioni sul perché sia lecito uccidere le inferiori bestie e la natura fornisce una difesa protettiva, tramite l’assenza d’empatia, nel fatto di non trovarci nella pelle di quel coyote.
Se tale mancanza può essere utile alla sopravvivenza della specie, non è detto che sia accettabile sul piano etico. Natura e cultura in questo caso s’intersecano e le guide morali e religiose, o comunque tutti coloro che si sono calati in tali ruoli, hanno prodotto lo splendido risultato di plasmare popolazioni insensibili e indifferenti al dolore altrui, con il paradosso che le stesse guide morali e religiose levano alti lai e sprecano fiumi di parole per lamentarsi dell’insensibilità e dell’indifferenza della popolazione.
Un circolo vizioso e satanico niente male!
Ma come! Brutti ipocriti sepolcri imbiancati che non siete altro! Folle ottuse e indifferenti alle ingiustizie è esattamente ciò che volevate ottenere, altrimenti come potevate passarla liscia con tutte le ingiustizie che eravate proprio voi i primi a commettere. Se il popolo fosse stato sensibile alle ingiustizie non vi avrebbe permesso d’imporre la Decima e di mettere al rogo eretici e streghe.
Se il popolo fosse stato da voi educato a considerare realmente immorale la violazione del quinto comandamento, senza deroghe speciose e speciste, non ci sarebbero stragi nelle scuole americane, né pigri cacciatori cecchini a sparare ad innocenti coyote. E invece, avete voluto la massaia ubriaca e la cantina piena. La ricchezza per pochi fabbricanti d’armi e il dolore dei familiari degli scolari uccisi. Le ville della dinastia dei Breda, dei Beretta e dei Benelli (ma anche dei Fiocchi benché cominci con la effe) e l’amputazione degli arti – o di ciò che ne resta - ai bambini afgani ad opera di Gino Strada.
Come all’anonimo cacciatore minaccioso l’assessore Stival fa andare il sangue alla testa, così a me suscita un moto di sdegnata rabbia la Chiesa cattolica che da una parte è azionista delle industrie armiere e dall’altra scrive su Famiglia Cristiana articoli di biasimo contro i signori della guerra, tacendo il fatto che sono loro i più feroci Signori della Guerra! Dalle vesti immacolate.
Dobbiamo aprire gli occhi, e non le tasche per acquietare le nostre coscienze elargendo oboli alla ONG di turno. Dovremmo forse smettere di chiedere l’abolizione della caccia e pretendere leggi che obblighino i cacciatori ad indossare il giubbotto antiproiettile, l’elmetto metallico con visiera in plexiglas da agenti antisommossa, i guanti massima protezione e la conchiglia da karatega, oltre naturalmente a robusti parastinchi. Loro e i loro accompagnatori.
Se sono drogati di adrenalina e non vogliono frequentare sedute di psicoterapia per smettere, almeno dobbiamo rendergli la vita difficile sul piano legale e possibilmente portarli a vergognarsi di andare in giro come deficienti. Dobbiamo spogliarli della loro presunta mascolinità e mostrare le loro nudità metaforiche di poveri esseri schiavi della droga. Alla fine, la caccia si staccherà da sola dalla coscienza civile come un ramo secco, anche perché sull’altro fronte, il fronte interno, noi non smettiamo di toglier loro il terreno da sotto i piedi, educando la gente ad una visione antispecista della realtà.
Che il re sia nudo dobbiamo continuare a gridarlo senza farci scoraggiare dalla sordità deigolem e degli zombie che ci circondano. Dobbiamo spiegare che far esplodere gli intestini e obbligare un povero cane selvatico ad azzannarseli per il dolore, nel tentativo di alleviarlo, - similmente a quanto avviene agli animali finiti nelle tagliole - non è impresa degna di un essere umano che si rispetti.
Ma è opera dei demoni più feroci. Io non voglio vivere circondato dai demoni e se gli esorcisti non mi vengono in aiuto, sarò costretto a combattere tali malvagie entità con le mie mani, in prima persona. Anche a costo di abbassarmi al loro livello e diventare uno di loro. Nella caduta all’inferno me ne trascinerò dietro quanti più possibile.
http://freeanimals-freeanimals.blogspot.it
La prepotenza, la malvagità e l’arroganza insita nell’atto d’uccidere il prossimo, a due o a quattro gambe, ha in sé qualcosa di scandalosamente inaccettabile, anche se mi rendo conto che in questo universo materiale gli atomi e le molecole sono soggetti a scindersi, scontrarsi, cambiare di stato e perfino a cedere o a catturare elettroni. Gli angeli, i fantasmi e gli alieni che vivono negli strati leggeri della materia, cioè nelle dimensioni dello spirito, non possono subire alcun danno mediante colpi di spada o scariche di pallini, per intenderci.
Sospetto però, tornando alla matrice psicologica dell’atto di trafiggere qualcuno, che l’idea di sopprimere l’altro da noi tramite penetrazione di lame, proiettili, frecce di legno duro e schegge di selce sia nata dalla modalità del rapporto sessuale, in cui la femmina veniva penetrata letteralmente dal maschio. Di modo che, se l’evoluzione ci avesse portato ad avere una riproduzione per partenogenesi, noi a quest’ora non conosceremmo le guerre, le armi e le bombe atomiche. Non a caso la stragrande maggioranza dei cacciatori e dei soldati sono di sesso maschile e ciò avviene anche nelle tribù primitive amazzoniche o australiane che possono essere prese come paradigma e portate a supporto di questa mia strampalata teoria.
Di fatto, sia la persona che ha compiuto un infame gesto nei confronti di un coyote, sia quella che ha filmato la scena mettendola su You Tube, per deliziare le nostre esistenze di persone sensibili e per farci cominciare sotto i migliori auspici questo 2013, sono di sesso maschile e probabilmente entrambi vanno fieri dei rispettivi comportamenti.
Mi è capitato di pensare, dopo aver visto questo filmato:
http://www.youtube.com/watch?v=RdoU2u75qrs
(attenzione: immagini forti)
……che se i militari hanno messo a punto una tecnologia volta ad ottenere schiavi obbedienti e soldati assolutamente disciplinati, da utilizzare per uccidere presidenti o persone comunque sgradite, potrebbe darsi che anche nel caso dei cacciatori per diletto sia stata inventata una specie di manipolazione in stile candidato manciuriano.
Ma poi ho pensato che trattandosi di tecnologie dispendiose che richiedono anni di preparazione, sofisticate apparecchiature e personale esperto, il soldato robot ha un utilizzo in guerra, mentre il cacciatore robot non ce l’ha, a meno che, come auspicava Mussolini, non si voglia valorizzare per fini bellici le capacità di maneggio delle armi di cui i cacciatori sono necessariamente dotati.
Il santo non vale la candela e la strage annuale di milioni di mammiferi e uccelli non rientra nel più grande gioco della guerra, se non come passatempo per monarchi rincoglioniti o per ragionieri frustrati.
Dunque, scartato l’interessamento dei cabalisti satanisti guerrafondisti, nel caso della passione venatoria che costringe vegliardi pensionati alle autunnali levatacce delle tre del mattino, ci deve essere qualcos’altro. Altri fattori devono entrare in gioco nella spiegazione del perché tanta smania di uccidere. E l’unica spiegazione ragionevole che vada oltre l’accaparramento di proteine da assimilare con la polenta e con salse varie è l’obnubilamento temporaneo o definitivo delle facoltà cerebrali.
Sappiamo infatti che in situazioni d’emergenza il nostro organismo produce endorfine, droghe naturali volte ad attenuare un dolore improvviso e questo, a detta dei fisiologi, spiega perché molti soccorritori che giungono sul luogo di un incidente stradale trovano il cadavere dell’automobilista incastrato tra le lamiere con un sorriso sulle labbra, dono che la natura ha fatto all’uomo per alleviare il fatale atto della morte violenta.
Ma siccome l’uomo è un mammifero come il toporagno e la balena – e io non voglio considerarlo come un privilegiato – ritengo che anche altri animali abbiano ricevuto lo stesso dono e che quindi anche la gazzella sbranata dal leone possa usufruirne. E spero che questa non sia solo una mia pia illusione.
Quindi, appurato che i cacciatori vanno a caccia per vedere esplodere il fagiano in volo, in una nuvola di piume, e per vedere la corsa della lepre interrotta in una capriola mortale, ne deriva che vadano a caccia di emozioni adrenaliniche, anziché di selvaggina, esattamente come quei temerari sulle macchine volanti, i paracadutisti, i deltaplanisti, ibungee-jumpers e gli scalatori d’alta quota.
E’ una forma di tossicodipendenza. I tabagisti non possono vivere senza nicotina e gli amanti degli sport estremi senza adrenalina. Con la differenza che se mi butto con il paracadute al massimo, per disgrazia, posso ammazzare me stesso, a meno che non cada in testa a qualche sfigato, ma se vado a caccia posso anche ammazzare altra gente, a due o a quattro gambe.
Ecco perché a nessuno verrà in mente di chiedere l’abolizione dell’alpinismo ma milioni di persone chiedono l’abolizione della caccia. Cioè, come perseguiamo penalmente quei ragazzini a cui piace gettare sassi dal cavalcavia, così si dovrebbe perseguire quegli adulti a cui piace gettare pallini di piombo agli animali selvatici. In entrambi i casi gli interessati provano piacere nell’ebbrezza di fare qualcosa di sbagliato, anche se nel caso degli animali le leggi speciste non lo considerano un reato, lasciando la questione alla libera interpretazione della morale.
Se gli immaturi lanciatori di sassi finiscono in prigione, mentre gli immaturi lanciatori di pallini di piombo no, è solo perché le vittime in un caso guidano l’automobile e nell’altro se ne vanno in giro per la natura con i loro mezzi fisiologici di deambulazione.
E’ un problema di percezione: se ammazzo palestinesi, per un ebreo, è un po’ come andare a caccia di anatre. Se ammazzo i musi gialli, per unmarines di stanza nel Pacifico durante la 2ww, è un po’ come andare a pesca di salmoni nel Klondike. Se ingaggio una sparatoria con i malviventi, per un poliziotto in servizio in Sicilia, è un po’ come andare a caccia di tordi. La giustificazione si trova sempre e se uno non se la trova da solo, è lo Stato assassino che gliela fornisce.
Vai in guerra, dice lo Stato, perché quello è il tuo nemico, indicando alla maniera dello Zio Sam, con tanto di indice puntato e cappello a cilindro, l’arabo terrorista. Vai a caccia, dice lo Stato azionista della Beretta, perché quello è il tuo bersaglio mobile, indicando dettagliatamente periodi, specie cacciabili e munizioni adeguate, il pennuto di turno o il mammifero troppo prolifico o dalle carni saporite.
E se qualche amministratore della cosa pubblica si permette d’inserire norme restrittive, ci sarà sempre qualche cacciatore mafioso che glielo farà gentilmente notare, inviandogli lettere di minaccia di morte (cosa di cui i cacciatori sono esperti), anche e specialmente se si tratta di assessori loro amici. Ad un politico ecologista non gliel’avrebbero mandata, la minaccia di morte, perché l’assessore filovenatorio che applica le norme europee è visto come un amico che tradisce, un Giuda viscido e repellente. Togli la siringa a un drogato e riduci il calendario venatorio a un cacciatore e otterrai le stesse reazioni.
Fra le varie giustificazioni per avallare la porcata della caccia, c’è anche quella dell’esercizio fisico, come se non ci fossero mille altri modi meno cruenti per praticarlo. Giustificazione messa in crisi nel momento in cui esaminiamo la caccia da appostamento, molto praticata nelle valli berciane agli uccelli migratori. La contro risposta è che ci sono molti cacciatori anziani che hanno diritto di esprimere la loro passione senza scannarsi ad inseguire la preda, come se non ci fossero accoglienti osterie in cui giocare a carte con gli amici e attrezzati bocciodromi in cui manifestare il proprio coordinamento psicomotorio.
E’ chiaro che per chi ha voglia di litigare tutte le mosche sono elefanti e per chi ha voglia di cacciare tutte le scuse sono buone. Anche quel cacciatore americano che ha sparato al coyote dev’essere stato anziano, benché lo si veda di spalle, perché era comodamente seduto su un seggiolino e appoggiava il fucile ad un sostegno.
In tal modo ha potuto prendere la mira con comodo e far esplodere le viscere all’ignaro canide di passaggio. Il giornalista che ha riportato la notizia si è premurato di evidenziare che il coyote non lo stava attaccando, perché in tal caso ci si sarebbe potuti appellare alla legittima difesa. Si sa che i coyote sono bestie ferocissime.
La posizione comoda dell’assassino contrasta con quanto è successo dopo. La scena che segue può essere vista sotto due aspetti diametralmente opposti, perché anche qui è una questione di percezione. Per noi che non ci droghiamo e siamo persone dotate d’anima e di coscienza, che forse sono la stessa cosa, fa un effetto devastante e, a causa dell’empatia di cui siamo dotati, ci fa quasi provare lo stesso dolore che ha provato il coyote, prima di ricevere il secondo colpo mortale.
Per un gran numero d’esseri umani (sic!) la scena suscita il riso e nella migliore delle ipotesi un’alzata di spalle. La cultura fornisce loro mille giustificazioni sul perché sia lecito uccidere le inferiori bestie e la natura fornisce una difesa protettiva, tramite l’assenza d’empatia, nel fatto di non trovarci nella pelle di quel coyote.
Se tale mancanza può essere utile alla sopravvivenza della specie, non è detto che sia accettabile sul piano etico. Natura e cultura in questo caso s’intersecano e le guide morali e religiose, o comunque tutti coloro che si sono calati in tali ruoli, hanno prodotto lo splendido risultato di plasmare popolazioni insensibili e indifferenti al dolore altrui, con il paradosso che le stesse guide morali e religiose levano alti lai e sprecano fiumi di parole per lamentarsi dell’insensibilità e dell’indifferenza della popolazione.
Un circolo vizioso e satanico niente male!
Ma come! Brutti ipocriti sepolcri imbiancati che non siete altro! Folle ottuse e indifferenti alle ingiustizie è esattamente ciò che volevate ottenere, altrimenti come potevate passarla liscia con tutte le ingiustizie che eravate proprio voi i primi a commettere. Se il popolo fosse stato sensibile alle ingiustizie non vi avrebbe permesso d’imporre la Decima e di mettere al rogo eretici e streghe.
Se il popolo fosse stato da voi educato a considerare realmente immorale la violazione del quinto comandamento, senza deroghe speciose e speciste, non ci sarebbero stragi nelle scuole americane, né pigri cacciatori cecchini a sparare ad innocenti coyote. E invece, avete voluto la massaia ubriaca e la cantina piena. La ricchezza per pochi fabbricanti d’armi e il dolore dei familiari degli scolari uccisi. Le ville della dinastia dei Breda, dei Beretta e dei Benelli (ma anche dei Fiocchi benché cominci con la effe) e l’amputazione degli arti – o di ciò che ne resta - ai bambini afgani ad opera di Gino Strada.
Come all’anonimo cacciatore minaccioso l’assessore Stival fa andare il sangue alla testa, così a me suscita un moto di sdegnata rabbia la Chiesa cattolica che da una parte è azionista delle industrie armiere e dall’altra scrive su Famiglia Cristiana articoli di biasimo contro i signori della guerra, tacendo il fatto che sono loro i più feroci Signori della Guerra! Dalle vesti immacolate.
Dobbiamo aprire gli occhi, e non le tasche per acquietare le nostre coscienze elargendo oboli alla ONG di turno. Dovremmo forse smettere di chiedere l’abolizione della caccia e pretendere leggi che obblighino i cacciatori ad indossare il giubbotto antiproiettile, l’elmetto metallico con visiera in plexiglas da agenti antisommossa, i guanti massima protezione e la conchiglia da karatega, oltre naturalmente a robusti parastinchi. Loro e i loro accompagnatori.
Se sono drogati di adrenalina e non vogliono frequentare sedute di psicoterapia per smettere, almeno dobbiamo rendergli la vita difficile sul piano legale e possibilmente portarli a vergognarsi di andare in giro come deficienti. Dobbiamo spogliarli della loro presunta mascolinità e mostrare le loro nudità metaforiche di poveri esseri schiavi della droga. Alla fine, la caccia si staccherà da sola dalla coscienza civile come un ramo secco, anche perché sull’altro fronte, il fronte interno, noi non smettiamo di toglier loro il terreno da sotto i piedi, educando la gente ad una visione antispecista della realtà.
Che il re sia nudo dobbiamo continuare a gridarlo senza farci scoraggiare dalla sordità deigolem e degli zombie che ci circondano. Dobbiamo spiegare che far esplodere gli intestini e obbligare un povero cane selvatico ad azzannarseli per il dolore, nel tentativo di alleviarlo, - similmente a quanto avviene agli animali finiti nelle tagliole - non è impresa degna di un essere umano che si rispetti.
Ma è opera dei demoni più feroci. Io non voglio vivere circondato dai demoni e se gli esorcisti non mi vengono in aiuto, sarò costretto a combattere tali malvagie entità con le mie mani, in prima persona. Anche a costo di abbassarmi al loro livello e diventare uno di loro. Nella caduta all’inferno me ne trascinerò dietro quanti più possibile.
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