Gianluca Marletta ed Enzo Pennetta sono autori di un libricino intitolato “Extraterrestri, le radici occulte di un mito moderno”, 2011. Il testo si situa nel solco della saggistica xenologica che ascrive in toto il fenomeno U.F.O. a dimensioni occulte di natura non fisica. Tempo fa, esprimemmo un giudizio severo che oggi ci sentiamo globalmente di confermare. Quali sono le ragioni di tale valutazione?
In primo luogo, nel già ripetitivo panorama della letteratura ufologica, il titolo dei due autori non aggiunge alcunché di nuovo: numerosi studiosi, troppo celebri per essere menzionati, già formularono ed esplorarono l’ipotesi parafisica. Transeat: è possibile comunque che si intenda proporre un taglio personale all’interpretazione in esame.
Ciò che non convince è l’approccio riduzionista a causa del quale tutti gli aspetti hard dell’Ufologia sono ignorati a favore di una lettura che, pur legittima, è opinabile quando diventa esclusiva, apodittica. Il rigetto delle caratteristiche materiali elimina ipso facto il problema del terraforming, dell’ibridazione genetica, delle misteriose mutilazioni animali, dalla retroingegneria (si pensi alla notevole testimonianza del Tenente Colonnello Philip J. Corso). Sono questioni che è arduo negare, ma pure facile omettere per non essere accusati di essere dei visionari.
E’ questo il limite maggiore: la tesi è enunciata, senza avvertire la necessità in qualche modo di dimostrarla. E’ così che si getta tutto nello stesso calderone: lo spiritismo ottocentesco, il contattismo, l’archeologia spaziale, gli oggetti volanti non identificati...
Se cardine della ricerca è il discernimento, allora il testo in oggetto non è una ricerca. Si consideri solo il caso del contattismo, molto più complesso di com’è presentato, non riconducibile sic et simpliciter all’occultismo. Vero è che gli ufonauti incontrati da Adamski e dai numerosi epigoni lasciano intuire, di là dai mirabilia tecnologici e dalle apparenze angelicate, obiettivi, se non malevoli, ambigui, ma sarebbe auspicabile adottare criteri più duttili. Quando si affrontano temi controversi, come quelli connessi alla Xenologia, occorre affinare e calibrare gli strumenti interpretativi: è come se un orefice usasse pinze e tenaglie per lavorare l’oro.
Un altro aspetto ci sembra minare la fatica di Marletta e Pennetta: l’opposizione, ormai obsoleta e rude, tra ipotesi parafisica ed ipotesi extraterrestre. A ben vedere, i due orizzonti non sono così lontani: è possibile che una civiltà, dopo aver toccato il culmine del “progresso” tecnologico, abbandoni la tecnica per procedere lungo la via dei poteri psichici, del dominio della materia e dello spazio-tempo attraverso il pensiero. Ad esempio, nell’India vedica dèi, semidei ed eroi ora impiegano la tecnologia ora ne sono svincolati. Lo stesso termine “loka”, in sanscrito, designa sia il pianeta fisico sia un mondo sovradimensionale: invero, realtà fisica ed iperfisica coesistono e si compenetrano, anche se, quasi sempre noi percepiamo solo la prima, anzi una sua piccola frazione. Un Venusiano non deve per forza provenire dal pianeta materiale che chiamiamo Venere.
Pertanto se nella Bibbia ed in altri libri tradizionali alcuni specialisti scorgono “angeli” in carne ed ossa nonché macchine volanti, mentre altri ricercatori vedono immagini sciamaniche e fenomeni eterici, probabilmente hanno ragione entrambe le categorie di studiosi. Si tratta di stabilire dove il testo o l’esperienza descrivono un referente concreto e dove, invece, un simbolo, pur nella consapevolezza che tale distinzione può essere sfumata. Lo stesso vale per la fenomenologia ufologica, il cui versante tecnologico (viti e bulloni), sebbene sia da ridimensionare, non può essere escluso del tutto, pena la creazione di una grisaille in cui si confonde tutto ed il contrario di tutto: esoterismo, occultismo, New age, scienza di frontiera…
Occorre provare a superare la tradizionale separazione tra empirico e meta-empirico. La scienza ortodossa si ostina ad ignorare le cosiddette energie sottili nonché la sfera metafisica: in questo modo si preclude dogmaticamente una visione più ampia ed approfondita. La vera ricerca, però, non può prescindere dalla ricognizione, sempre critica e prudente, di territori liminali. In molti casi l’osservazione del “fatto concreto” dà l’impulso per un’indagine che, un po’ alla volta, travalica i confini dell’empiria, lasciando intravedere inattesi paesaggi.
Dunque la visione dei due scrittori è poco aggiornata e rischia di appiattirsi su un’esegesi dicotomica, anzi manichea dove il bene coincide con il Cattolicesimo ed il male con tutto il resto.
Le ambizioni antropologiche degli autori, cioè dimostrare che le manifestazioni ufologiche nascondono il fine delle élites di creare il terreno adatto ad una pseudo-religione mondialista, si diluiscono nella brevità (brevis laboro esse, obscurus fio...) dell’opuscolo, ma soprattutto sono quasi vanificate dall’impostazione confessionale.
Condividiamo, pur con alcuni distinguo, l’assunto centrale dell’opuscolo, ossia dietro gli Altri (tutti?) opera un agente pericoloso, ma se il fine è portare i lettori nell’ovile della Chiesa cattolica, come tante docili pecorelle bianche, allora preferiamo rimanere pecore nere.
Siamo concordi con altre tesi degli autori, ostili al riduzionismo scientifico, al darwinismo, alla teoria dei cambiamenti climatici dovuti al biossido di carbonio etc. Perciò, visto che le premesse sono buone, auspichiamo che “Extraterrestri, le radici occulte di un mito moderno” sia solo un primo passo di un lungo cammino verso mete più originali, specialmente verso concezioni emancipate dal dualismo interpretativo cui si è accennato sopra.
http://zret.blogspot.it/2014/01/extraterrestri-le-radici-occulte-di-un.html#.UtFQ8_TuJg0
In primo luogo, nel già ripetitivo panorama della letteratura ufologica, il titolo dei due autori non aggiunge alcunché di nuovo: numerosi studiosi, troppo celebri per essere menzionati, già formularono ed esplorarono l’ipotesi parafisica. Transeat: è possibile comunque che si intenda proporre un taglio personale all’interpretazione in esame.
Ciò che non convince è l’approccio riduzionista a causa del quale tutti gli aspetti hard dell’Ufologia sono ignorati a favore di una lettura che, pur legittima, è opinabile quando diventa esclusiva, apodittica. Il rigetto delle caratteristiche materiali elimina ipso facto il problema del terraforming, dell’ibridazione genetica, delle misteriose mutilazioni animali, dalla retroingegneria (si pensi alla notevole testimonianza del Tenente Colonnello Philip J. Corso). Sono questioni che è arduo negare, ma pure facile omettere per non essere accusati di essere dei visionari.
E’ questo il limite maggiore: la tesi è enunciata, senza avvertire la necessità in qualche modo di dimostrarla. E’ così che si getta tutto nello stesso calderone: lo spiritismo ottocentesco, il contattismo, l’archeologia spaziale, gli oggetti volanti non identificati...
Se cardine della ricerca è il discernimento, allora il testo in oggetto non è una ricerca. Si consideri solo il caso del contattismo, molto più complesso di com’è presentato, non riconducibile sic et simpliciter all’occultismo. Vero è che gli ufonauti incontrati da Adamski e dai numerosi epigoni lasciano intuire, di là dai mirabilia tecnologici e dalle apparenze angelicate, obiettivi, se non malevoli, ambigui, ma sarebbe auspicabile adottare criteri più duttili. Quando si affrontano temi controversi, come quelli connessi alla Xenologia, occorre affinare e calibrare gli strumenti interpretativi: è come se un orefice usasse pinze e tenaglie per lavorare l’oro.
Un altro aspetto ci sembra minare la fatica di Marletta e Pennetta: l’opposizione, ormai obsoleta e rude, tra ipotesi parafisica ed ipotesi extraterrestre. A ben vedere, i due orizzonti non sono così lontani: è possibile che una civiltà, dopo aver toccato il culmine del “progresso” tecnologico, abbandoni la tecnica per procedere lungo la via dei poteri psichici, del dominio della materia e dello spazio-tempo attraverso il pensiero. Ad esempio, nell’India vedica dèi, semidei ed eroi ora impiegano la tecnologia ora ne sono svincolati. Lo stesso termine “loka”, in sanscrito, designa sia il pianeta fisico sia un mondo sovradimensionale: invero, realtà fisica ed iperfisica coesistono e si compenetrano, anche se, quasi sempre noi percepiamo solo la prima, anzi una sua piccola frazione. Un Venusiano non deve per forza provenire dal pianeta materiale che chiamiamo Venere.
Pertanto se nella Bibbia ed in altri libri tradizionali alcuni specialisti scorgono “angeli” in carne ed ossa nonché macchine volanti, mentre altri ricercatori vedono immagini sciamaniche e fenomeni eterici, probabilmente hanno ragione entrambe le categorie di studiosi. Si tratta di stabilire dove il testo o l’esperienza descrivono un referente concreto e dove, invece, un simbolo, pur nella consapevolezza che tale distinzione può essere sfumata. Lo stesso vale per la fenomenologia ufologica, il cui versante tecnologico (viti e bulloni), sebbene sia da ridimensionare, non può essere escluso del tutto, pena la creazione di una grisaille in cui si confonde tutto ed il contrario di tutto: esoterismo, occultismo, New age, scienza di frontiera…
Occorre provare a superare la tradizionale separazione tra empirico e meta-empirico. La scienza ortodossa si ostina ad ignorare le cosiddette energie sottili nonché la sfera metafisica: in questo modo si preclude dogmaticamente una visione più ampia ed approfondita. La vera ricerca, però, non può prescindere dalla ricognizione, sempre critica e prudente, di territori liminali. In molti casi l’osservazione del “fatto concreto” dà l’impulso per un’indagine che, un po’ alla volta, travalica i confini dell’empiria, lasciando intravedere inattesi paesaggi.
Dunque la visione dei due scrittori è poco aggiornata e rischia di appiattirsi su un’esegesi dicotomica, anzi manichea dove il bene coincide con il Cattolicesimo ed il male con tutto il resto.
Le ambizioni antropologiche degli autori, cioè dimostrare che le manifestazioni ufologiche nascondono il fine delle élites di creare il terreno adatto ad una pseudo-religione mondialista, si diluiscono nella brevità (brevis laboro esse, obscurus fio...) dell’opuscolo, ma soprattutto sono quasi vanificate dall’impostazione confessionale.
Condividiamo, pur con alcuni distinguo, l’assunto centrale dell’opuscolo, ossia dietro gli Altri (tutti?) opera un agente pericoloso, ma se il fine è portare i lettori nell’ovile della Chiesa cattolica, come tante docili pecorelle bianche, allora preferiamo rimanere pecore nere.
Siamo concordi con altre tesi degli autori, ostili al riduzionismo scientifico, al darwinismo, alla teoria dei cambiamenti climatici dovuti al biossido di carbonio etc. Perciò, visto che le premesse sono buone, auspichiamo che “Extraterrestri, le radici occulte di un mito moderno” sia solo un primo passo di un lungo cammino verso mete più originali, specialmente verso concezioni emancipate dal dualismo interpretativo cui si è accennato sopra.
http://zret.blogspot.it/2014/01/extraterrestri-le-radici-occulte-di-un.html#.UtFQ8_TuJg0
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