"THE END"

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mercoledì 5 settembre 2012

Un modello da cambiare


Un modello da cambiare, prima che sia tardiDI GIANNI RALLO Il modello di vita occidentale, basato sul consumo e sullo spreco fine a se stessi, sta portando la stessa esistenza umana ad un punto di non ritorno. Non c’è scelta: o si cambia rotta, oppure…


Il tema a cui è dedicato il presente numero di Vulcano – quello dei rifiuti – va inscritto inevitabilmente in quello più generale del modello di vita occidentale. Tale modello, pare ovvio dirlo, è basato sul consumo continuo e crescente, cioè sullo spreco come sistema (ma 1 miliardo di euro di cibi scaduti se ne va in fumo mentre milioni di bambini muoiono di fame). Senza tale ingrediente il modello di vita occidentale crolla miseramente su se stesso: senza una domanda di beni ossessivamente stimolata e pilotata attraverso una pubblicità sempre più aggressiva e senza scrupoli, non avrebbe senso il tipo di produzione che caratterizza, da più di cent’anni, la nostra società: la produzione industriale su vasta scala.


Ma ora alcuni nodi stanno venendo al pettine.
Il nodo rifiuti è quello più evidente e maleodorante: consumare significa infatti produrre rifiuti, sedurre attraverso gli artifizi del genio pubblicitario significa produrre imballaggi, carte, plastiche, polistirolo, adesivi, sacchetti, etc. di difficile smaltimento. I sacchetti di plastica, ad esempio, stanno soffocando la vita nei mari e sulla terra. Consumo irresponsabile (perché voluto tale da poteri pubblici irresponsabili) significa produzione e gestione irresponsabile di rifiuti, cioè inquinamento, altro nodo sul quale si potrebbe ragionare a lungo. Ma proseguiamo col nodo dello sfruttamento dei lavoratori.
La produzione di beni in grande quantità e a prezzi accessibili al maggior numero possibile di consumatori, richiede infatti costi di produzione bassi. Ciò avviene, nella grande maggioranza dei casi, tramite lo sfruttamento dei lavoratori: le lotte sindacali dei primi del Novecento, le condizioni di vita dei lavoratori dell’Est del mondo, la piaga del lavoro minorile, gli attuali tentativi (riusciti, pare) della Fiat di riportare indietro l’orologio della storia ci raccontano proprio questo rovescio della medaglia: il consumismo si basa sullo sfruttamento del lavoro dei più deboli, tanto più ricattabili quanto più deboli. Tanto più deboli tanto più disperati: vedi l’emblematico caso Tunisia: attenti signori della morte (altrui), la corda potrebbe rompersi….
Ma anche lo sfruttamento scriteriato delle risorse costituisce un nodo che non possiamo più ignorare. Le risorse naturali alle quali abbiamo fatto ricorso finora non sono inesauribili: l’acqua, il petrolio, l’aria pulita, una terra priva di infiltrazioni velenose di ogni tipo, la fauna marina e terrestre, le specie vegetali che stiamo alterando e portando all’estinzione costituiscono un patrimonio non rinnovabile a questo ritmo di distruzione. Stiamo quindi vivendo consumando il futuro. Le fonti di energia rinnovabili che conosciamo e sappiamo utilizzare (sole, vento, etc.) finiscono per costituire terreno di conquista delle mafie – in colletto bianco o armate di lupara – di tutto il mondo.
Anzi, tali mafie costituiscono un ulteriore nodo. Se consumare e guadagnare diventano gli unici obiettivi concepibili da un tal genere di società, perché stupirsi se ogni mezzo per raggiungere questo scopo pare lecito? Perché stupirsi se le regole, le leggi, i cosiddetti valori, il rispetto di qualcosa che non sia se stessi paiono ostacoli da rimuovere, attraverso iter parlamentari o attraverso minacce, ricatti e omicidi, fa lo stesso? La politica stessa, in molti casi, finisce per diventare delinquenza fattasi legge; le campagne elettorali condotte con i potenzi mezzi della persuasione pubblicitaria diventano il mezzo con cui i nuovi padroni del mondo tentano di far passare per consenso ciò che è solo ignoranza e mancanza di consapevolezza civile, quando non è ammirazione beota del più forte.
Questo tipo di politica non può che generare spinte egoistiche – una volta si chiamavano “nazionalistiche”, ora si dovrebbe dire, suppongo, “multinazionalistiche” – che non temono affatto di far ricorso alle armi per la realizzazione dei propri obiettivi, fondamentalmente legati alla conquista dei mercati più appetibili, delle materie prime, dei punti strategici della terra, delle fonti di energia. In questo senso l’America di Bush ha buttato il mondo in guerra per la questione del petrolio, la Russia di Putin sta minacciando l’Europa per il gas, la Cina sta facendo incetta di materie prime rare vietandone, anche, l’esportazione, tanto per fare degli esempi.
Di un altro nodo converrebbe parlare diffusamente, mi riferisco al ruolo della pubblicità nell’indirizzare le nostre scelte: pochi, probabilmente, hanno reale nozione della scientificità con cui questo strumento del condizionamento di massa sta cambiando il mondo. Ci riserviamo di trattare questo argomento in modo specifico, più avanti. Anche su altri nodi converrebbe riflettere – su quali siano i veri obiettivi della ricerca scientifica, quale il senso della politica e delle religioni in questo contesto, quale il senso della vita umana, visto l’uragano di irresponsabili megaegoismi che sta mettendo in forse la dignità stessa dell’essere umano -, ma accontentiamoci, per ora, di renderci conto del fatto che è questo il quadro generale che ci vede tutti nel ruolo di piccoli schiavi al servizio del dio Consumismo; e del fatto che, per tutto quello che abbiamo detto, il piccolo gesto di buttare un sacchetto di rifiuti all’angolo di una strada o nel bel mezzo di un’aiola non è la semplice violazione di un regolamento, è, piuttosto, un atto di rinuncia all’unica dote che ci distingue dagli animali, il senso di responsabilità. Un atto che, se da una parte merita un profonda pietà intellettuale, dall’altra è anche pericolosissimo indice di una barbarie che va facendosi normalità e, per questo, degno della più dura delle repressioni. Sempre che da qualche parte noi si voglia davvero cominciare a riprenderci la nostra dignità di esseri pensanti e capaci di far valere i diritti (diritti, non concessioni di un qualche sovrano megalomane) che i nostri padri hanno conquistato col durissimo sacrificio e col sangue…

Pubblicato da caneliberonline
http://caneliberonline.blogspot.it/

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