"THE END"

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venerdì 18 maggio 2012

Chi di noi conosce veramente sé stesso?

Sappiamo chi noi siamoma non sappiamo cosa potremmo essere


Chi di noi conosce veramente sé stesso? Pochi o nessuno. Ormai non è più data molta importanza al fatto di esistere e manifestarsi in quanto individui. Andiamo tutti negli stessi negozi, compriamo gli stessi tipi di vestiti (tra poche decine di scelte possibili, alla fine ci assomigliamo un po’ tutti), tutti mangiamo le stesse cose, tutti guardiamo gli stessi programmi alla TV… La chiamano “società”, un insieme di individui che condivide la stessa cultura, usi, costumi ecc..
Neppure ci rendiamo conto di quanto tutto questo in realtà pesi sul nostro inconscio, su quella parte nobilissima di noi che è il nostro vero Essere e che si trova nel nostro profondo. Ormai siamo tutti così standardizzati che difficilmente si riesce a cogliere con immediatezza quelle che sono le peculiarità, i talenti, i carismi di una persona. Tutto soffocato dal continuo, incessante, logorante cercare di conformarsi agli altri.
Non siamo più quello che siamo, ma quello che gli altri pensano noi dovremmo essere. Ma gli altri chi? Chi sono questi “altri”? E che scopo hanno nel volerci tutti uguali? O non siamo forse noi ad essere caduti nella trappola del pensare che da noi ci si aspetti qualcosa di particolare?
Tutto questo diventa particolarmente pesante quando, oltre a conformarci agli standard sociali, cerchiamo anche di accontentare le persone che più ci sono vicine: familiari,amici, colleghi di lavoro. Pur di piacere e non essere criticati, impariamo la sottile arte del capire cosa ci si aspetta da noi e ci adeguiamo a queste aspettative. Il problema è che ogni persona si aspetta da noi qualcosa di diverso e non possiamo contemporaneamentesoddisfare tutti. Attenzione alla parola “contemporaneamente”.


Sì, perché purtroppo molti imparano anche a comportarsi in maniera molto diversa a seconda di chi hanno davanti.
Magari all’inizio tutto sembra facile, ma col tempo questi comportamenti posticci, queste maschere iniziano a pesare tantissimo. All’inizio si nega solo una piccola parte di sé, ma col tempo si può arrivare a negare tutta la propria stessa individualità con tutto ciò che ne consegue. Astio e dolore si impossessano della persona che sente di non essere capita e valorizzata, mentre chi le sta intorno non ha la più pallida idea di cosa stia succedendo in quanto vede tutto scorrere normalmente.
La soluzione è troppo spesso altrettanto assurda quanto il male: invece di cercare gli intoppi e ritrovare la propria vera individualità cominciando finalmente a vivere la vita secondo quelle che sono le nostre necessità e non più quelle altrui, si inizia a prendere psicofarmaci che tengono sotto controllo ansia, depressione, angoscia ecc., coprendo così i sintomi di un malessere profondo che, se non riequilibrato, non ha ancora finito di causare guai. Cercare e ritrovare la propria vera identità non è sempre così facile. Intanto bisogna mettere in conto che qualsiasi cosa cambiamo di noi stessi per essere più in linea con il nostro vero Essere sarà comunque un cambiamento che il nostro coniuge, i nostri figli, i nostri genitori, i nostri amici potrebbero non essere in grado di accettare da subito. Troppo abituati a vederci in un certo modo, si trovano spiazzati di fronte alla persona nuova che sta emergendo. E’ questa, più che ogni altra, la ragione per cui molti, dopo un primo timido tentativo di entrare in contatto con sé stessi, decidono la via della soppressione del sintomo grazie alla scienza medica, senza cambiare nulla nella propria esistenza.
L’unico modo di risolvere la faccenda è quello, invece, di andare in profondità dentro noi stessi e imparare a conoscerci, imparare quali sono i nostri principi (che spesso tradiamo), quali le nostre aspirazioni, quali in nostri reali bisogni, quali i nostri talenti che reclamano a gran voce di essere sviluppati e utilizzati. Certo non si può e non si deve fare tutto in una volta. Però si può procedere pian piano, togliendo uno strato alla volta. Tutte queste maschere sono spesso piazzate una sopra l’altra, un po’ come la struttura di una cipolla. E allora si comincia a sbucciare la cipolla togliendo la prima maschera che abbiamo individuato e consolidando il cambiamento. E pian piano si continua fino a toglierne la maggior parte. Vedremo in seguito anche come fare con appositi esercizi. Sappiate comunque che in questi casi può essere molto prezioso l’aiuto di un professionista preparato quale uno psicologo o un serio personal coach. Ma soprattutto è utile il lavoro che facciamo da soli su noi stessi. La biblioterapia è sicuramente un validissimo strumento (leggere i libri adatti a risolvere una situazione). Ma anche il tenere un diario seguendo certe modalità è molto importante perché ci aiuta sia a tenere traccia dei cambiamenti, sia a individuare quelle che sono le nostre dinamiche che tendono a ripetersi e che sarebbe bene cambiare.
Gettare la maschera non deve essere per forza un processo traumatico. Nessun processo di crescita dovrebbe esserlo. Si può anche crescere pian piano raggiungendo giorno dopo giorno risultati che a prima vista sembrano insignificanti, ma che col tempo, sommati assieme, danno il quadro di un carattere del tutto nuovo, il nostro vero caratterenon più soffocato da mille aspettative e pregiudizi. Mi si permetta una metafora per chi è convinto che crescere è sempre sinonimo di sofferenza: quando si ha da imparare a nuotare si può scegliere di gettarsi in acqua e provare. Ci si spaventa e si rischia anche di annegare. Però si può anche scegliere di andare in piscina e, in acqua bassa e con l’aiuto di un bravo istruttore, imparare gradualmente a muoversi nell’acqua con sicurezza fino a diventare dei provetti nuotatori. Ecco, chissà perché per il nuoto viene visto come normale andare in piscina a fare un percorso graduale, mentre per quanto riguarda la mentesembra che la maggior parte della gente voglia gettarsi in acque fonde per dimostrare (agli altri!!!) di non essere deboli. Ma qui non c’è nulla che c’entri con “debole” o “forte”. Qui siamo noi con noi stessi. Fintanto che continueremo a seguire quello che gli “altri” possono pensare, continueremo solo a costruire nuove maschere da indossare sopra alle precedenti, negando sempre più la nostra essenza.
I primi esercizi che puoi fare sono proprio quelli legati al momento presente [...]. Mettiamo caso che adesso ti stia allacciando le scarpe. Osserva come le stai allacciando e chiediti il perché. Magari potresti scoprire che invece ti piacerebbe portare le scarpe con un tipo di allaccio diverso o crearne uno del tutto personalizzato… o che sarebbe molto più nelle tue corde un tipo di calzatura del tutto differente.
Allo stesso modo osservati mentre dai il buongiorno e chiediti perché lo dai in quel modo. Lo fai perché ti arriva così dal profondo o perché quello è il modo “giusto”, “appropriato alla situazione”, “quello che ci si aspetta da te”? Come ti piacerebbe dare il buongiorno? Provaci e scoprirai una parte di te che hai dimenticato, impolverata com’era sotto decine e decine di maschere e stereotipi.
Sono solo due piccoli indizi che ti permettono di capire il processo del consapevolizzare i tuoi comportamenti automatici, analizzarli se ti sono o meno congeniali e decidere eventualmente di cambiarli avvicinandoti a quello che è il tuo vero modo di essere. Come per ogni cosa anche qui la teoria sono solo parole. Ora tocca a te mettere in pratica. Se cambi anche un solo particolare a settimana, consolidando il cambiamento, nel giro di un anno ne avrai cambiati più di cinquanta e il tuo vero Essere risplenderà da ogni tua parola e ogni tua azione. E in questo troverai tanta serenità e pace che neppure immagini.

Buon lavoro e buona giornata.

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