Articolo da Soldiblog.it
Divario economico e ripresa dei consumi, il rapporto del Censis sulle disuguaglianze sociali in Italia mostra un quadro a tinte fosche e con disparità enormi tra redditi alti e bassi: una vera e propria certificazione della cancellazione di fatto del ceto medio in Italia, sempre più spaccata tra ricchi e poveri.
Chi più aveva ha avuto di più, sopratutto durante la crisi economica:
“Le distanze nella ricchezza sono cresciute nel tempo oggi, in piena crisi, il patrimonio di un dirigente è pari a 5,6 volte quello di un operaio, mentre era pari a circa 3 volte vent’anni fa. Il patrimonio di un libero professionista è pari a 4,5 volte quello di un operaio (4 volte vent’anni fa). Quello di un imprenditore è pari a oltre 3 volte quello di un operaio (2,9 volte vent’anni fa)”
Escludendo il valore degli immobili, sarebbero poco meno di 2.000 italiani ricchissimi, appartenenti al prestigioso club mondiale degli ultraricchi: dispongono di un patrimonio complessivo superiore a 169 miliardi di euro; di fatto lo 0,003% della popolazione italiana possiede quanto il 4,5%.
Secondo il Censis è in particolare al Sud che si avverte il divario: nel Mezzogiorno infatti il rischio di povertà è tre volte più alto che al nord e doppio che al centro, numeri che mostrano ancora una volta lo spread di civiltà lungo lo stivale. In questo quadro non è tuttavia “il padrone” (l’industriale o l’imprenditore che sia) ad averla scampata: rispetto a dodici anni fa infatti i redditi familiari annui degli operai sono diminuiti, in termini reali, del 17,9%, quelli degli impiegati del 12%, quelli degli imprenditori del 3,7%; sono i redditi dei dirigenti ad essere aumentati dell’1,5% (quindi non di molto). Nel 2012 i cosiddetti “top earner”, circa 414mila contribuenti italiani, si sono spartiti un reddito netto di oltre 42 miliardi di euro, con redditi netti individuali che volano mediamente sopra i 102mila euro, un valore che stride se rapportato a quella media nazionale ferma a 15mila euro l’anno.
Continua la lettura su Soldiblog.it
Fonte: http://websulblog.blogspot.it/
Autore: Andrea Spinelli
Divario economico e ripresa dei consumi, il rapporto del Censis sulle disuguaglianze sociali in Italia mostra un quadro a tinte fosche e con disparità enormi tra redditi alti e bassi: una vera e propria certificazione della cancellazione di fatto del ceto medio in Italia, sempre più spaccata tra ricchi e poveri.
Chi più aveva ha avuto di più, sopratutto durante la crisi economica:
“Le distanze nella ricchezza sono cresciute nel tempo oggi, in piena crisi, il patrimonio di un dirigente è pari a 5,6 volte quello di un operaio, mentre era pari a circa 3 volte vent’anni fa. Il patrimonio di un libero professionista è pari a 4,5 volte quello di un operaio (4 volte vent’anni fa). Quello di un imprenditore è pari a oltre 3 volte quello di un operaio (2,9 volte vent’anni fa)”
Escludendo il valore degli immobili, sarebbero poco meno di 2.000 italiani ricchissimi, appartenenti al prestigioso club mondiale degli ultraricchi: dispongono di un patrimonio complessivo superiore a 169 miliardi di euro; di fatto lo 0,003% della popolazione italiana possiede quanto il 4,5%.
Secondo il Censis è in particolare al Sud che si avverte il divario: nel Mezzogiorno infatti il rischio di povertà è tre volte più alto che al nord e doppio che al centro, numeri che mostrano ancora una volta lo spread di civiltà lungo lo stivale. In questo quadro non è tuttavia “il padrone” (l’industriale o l’imprenditore che sia) ad averla scampata: rispetto a dodici anni fa infatti i redditi familiari annui degli operai sono diminuiti, in termini reali, del 17,9%, quelli degli impiegati del 12%, quelli degli imprenditori del 3,7%; sono i redditi dei dirigenti ad essere aumentati dell’1,5% (quindi non di molto). Nel 2012 i cosiddetti “top earner”, circa 414mila contribuenti italiani, si sono spartiti un reddito netto di oltre 42 miliardi di euro, con redditi netti individuali che volano mediamente sopra i 102mila euro, un valore che stride se rapportato a quella media nazionale ferma a 15mila euro l’anno.
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