"THE END"

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venerdì 23 settembre 2011

Il carcere e le pene severe servono davvero? No se guardiamo gli esempi…

Non sono mai stato convinto che le pene severe servano a limitare i reati, anzi


là dove nasce e prospera un'autogestione,
lo Stato interviene per distruggerla in tre modi:
... vivono in autogestione e in cooperazione, senza perciò nessun capo e
... Per conseguenza, in queste comunità non esistono reati continua qui

Sotto troviamo l'esempio della Norvegia, uno degli stati con meno detenuti al mondo, e che dire della pena di morte applicata in America? Attaccano e uccidono gli arabi per poi dimostrarsi come loro, se non peggiori dato che si ritengono evoluti, sviluppati e civili...

Lunedì in Arabia Saudita viene decapitato in piazza un uomo accusato di stregoneria. Mercoledì un minorenne viene impiccato in pubblico in Iran. All’alba di ieri, un’iniezione di veleno mette fine alla vita di un probabile innocente negli Stati Uniti. Continua a questo link

Invece a questo link potrete trovare un interessante articolo sulle comunità anarchiche esistenti in Italia, dove sembra proprio che prosperi la pace!

Vediamo in questa pagina lo stato attuale dei carcerati negli Stati Uniti e in Europa, 

Le carceri europee: sovraffollamento e detenzione dei migranti




di Vito Pirrone (Avvocato)

È principio giuridico assodato che la sanzione è la risposta della società alla trasgressione dell’ordinamento giuridico, che ogni società civile si dà per assicurarsi la pacifica convivenza.

È prioritario identificare quelle sanzioni che creino il giusto equilibrio sociale.

Nella nostra analisi partiamo dal presupposto secondo cui il momento penitenziario e quello sanzionatorio non sono estranei al processo, ma ne fanno parte, presupposto che ci pone in un’ottica ben determinata.

Infatti, se il momento sanzionatorio e quello penitenziario fanno parte del processo, ne consegue il coinvolgimento in prima persona degli avvocati e di tutti gli operatori del settore, e tutto ciò che accade va inquadrato in un clima di contraddittorio e di principio di legalità.

Purtroppo, dobbiamo notare dei paradossi del nostro sistema: l’art. 27 della Costituzione stabilisce il principio della pena finalizzata alla rieducazione e risocializzazione.

Nel nostro ordinamento la pena aspirerebbe al recupero del cittadino (con un percorso trattamentale).

Il carcere si dovrebbe porre come una esperienza provvisoria, che preluda al rientro nella società.

È noto che l’attuale condizione delle carceri italiane contraddice radicalmente l’intento della Carta fondamentale.

Basti considerare lo stato di sovraffollamento delle carceri: ogni struttura carceraria attualmente ospita una popolazione penitenziaria che risulta essere più del doppio della capienza massima per la singola struttura.

Una cella tipo (in un istituto, per esempio, come quello di Catania – Piazza Lanza) ospita dagli 8 ai 12 detenuti, il che contravviene assolutamente a quanto previsto dagli articoli 5 e 6 dell’ordinamento penitenziario in materia edilizia e sui luoghi di pernottamento e soggiorno.

Il sovraffollamento verosimilmente è dovuto ad una legislazione che favorisce sempre più i percorsi che dal sociale portano al penale.

Attualmente nelle nostre carceri è presente una popolazione in esubero (rispetto alla capienza massima) di ben 23.000 unità (!), dato ancora più allarmante se si considera la carenza di personale dell’amministrazione penitenziaria di circa 7.000 unità.

Analogo discorso può essere effettuato a proposito dell’articolo 13 dell’ordinamento penitenziario e della individuazione della pena, principio anch’esso completamente disatteso, dal momento che la distribuzione dei detenuti all’interno degli istituti penitenziari dovrebbe tenere conto della “tipizzazione” dei reati da essi commessi, laddove si registra invece un accorpamento di detenuti in un unico ambito che comprende dai mafiosi, ai primari, ai ragazzi che hanno compiuto uno scippo.

E, in assenza di qualsiasi altra forma di socializzazione, i detenuti trascorrono in cella più di 20 ore: il che evidentemente spiega l’abbrutimento che conseguentemente si produce.

Da un simile livello di sovraffollamento discende anche l’impossibilità di garantire il rispetto dei diritti umani più elementari.

Il detenuto vive in circa 2 mq..
Continua qui


Norvegia: il paese con meno detenuti d’Europa, spende 2 miliardi di € per la loro rieducazione

Affari Italiani, 26 luglio 2011

La Norvegia ha 5 milioni di abitanti e nelle carceri del Paese sono rinchiusi 3.200 detenuti: per la loro rieducazione lo stato spende 2 miliardi di € l'anno. In Italia, dove i detenuti sono 20 volte tanto, il bilancio del Dap arriva appena a 2,2 miliardi di €, di cui soltanto il 5% investiti in "rieducazione".

Il sistema giudiziario della Norvegia fa riferimento sia alla Common Law sia al diritto continentale europeo ed è costituito da una Corte Suprema nominata dal sovrano. La Pena di morte è stata abolita nel 1905 per i crimini ordinari e abrogata del tutto nel

1979. Il sistema legale del Paese scandinavo, basato sull’idea che per ridurre la criminalità non basta chiudere a chiave i colpevoli ma bisogna reintegrarli, a differenza di altre nazioni europee, non prevede condanne maggiori ai 21 anni neanche per chi si

macchia di delitti gravi. Difficilmente nel Paese un assassino resta in carcere per più di 14 anni. Inoltre anche coloro che vengono condannati al massimo della pena, ottengono la scarcerazione dopo aver scontato i due terzi della sentenza e molti

ottengono dei permessi premio per uscire dalla prigione durante i fine settimana, in libertà condizionale senza supervisione, dopo appena un terzo. Solamente nei casi più gravi, con individui giudicati ancora potenzialmente pericolosi, la sentenza viene

estesa per altri 5 anni.

Il numero di detenuti dietro le sbarre in Norvegia è il più basso d’Europa, 66 ogni 100mila abitanti, contro i 100 in Europa e gli oltre 500 negli Usa, mentre l’età per essere giudicati responsabili di fronte alla legge è 15 anni, in confronto ai 10 previsti in Gran

Bretagna. Per mancanza di spazio nelle carceri, inoltre, può accadere che i condannati norvegesi attendano di scontare la pena a casa, magari all’interno delle comunità dove è avvenuto il reato. Considerato uno dei più efficienti nel mondo il sistema

carcerario costa annualmente al Paese una cifra intorno ai 2 miliardi di euro, investiti soprattutto nella rieducazione dei condannati.
Fonte

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