L’AZIENDA PIÙ ASSISTITA AL MONDO_ Il conto dei favori pubblici concessi al Gruppo dal 1975 a oggi (220mila miliardi) è salatissimo. E ha reso molto meno Facciamo un breve quiz. Sapete a quanto ammonta il totale dei finanziamenti statali elargiti nel corso degli anni e dei governi alla Fiat? La risposta esatta è: oltre 200 mila miliardi di lire. La domanda potrebbe essere girata a qualche concorrente di “Chi vuol essere milionario?”: anche se qua, di milionario, ce n’è uno solo, ed è l’azienda più assistita dallo Stato che esista al mondo. La stima sopra citata, e che più precisamente si aggira sui 220 mila miliardi, comprende varie voci, dai contributi statali alle rottamazioni prodiane, dalla cassa integrazione per i dipendenti ai prepensionamenti, e ancora dalla mobilità lunga agli stabilimenti costruiti con i soldi pubblici (come quello di Melfi) o, di fatto, regalati dallo Stato (l’Alfa Romeo di Arese). Il periodo nel quale è stata spalmata l’ingente cifra è compreso tra oggi e il 1975, anno in cui la creatura degli Agnelli faceva registrare altri, più gloriosi record. Ad esempio lo stabilimento Mirafiori di Torino, con i suoi 50 mila operai, era allora il più grande del mondo e sfornava auto che avrebbero riempito le strade della Penisola (una su tutte, la “127”).
È STATA L’AZIENDA PIÙ ASSISTITA AL MONDO
È STATA L’AZIENDA PIÙ ASSISTITA AL MONDO
A fronte di tali chiamiamoli “investimenti”, ci si aspetterebbe che la Fiat fosse diventata padrona del mercato automobilistico mondiale, o quasi.
La realtà, impietosa, disegna tutt’altro quadro.
La realtà, impietosa, disegna tutt’altro quadro.
Sempre nel 1975 la Fiat contava 250 mila dipendenti diretti (oltre a un indotto stimato sui 350 mila addetti), mentre oggi quel totale si è ridotto a poco più di 30 mila. Insomma, nonostante la pioggia di aiuti finanziari di ogni genere - per non parlare delle “protezioni” del mercato dalla concorrenza straniera, o delle eccezionali agevolazioni fiscali, o ancora delle politiche di lungo corso sulla mobilità in Italia - la Fiat ha perso per strada circa 220 mila assunti: guarda caso, la stessa cifra dei miliardi ricevuti dalle casse dello Stato. «Si può dunque affermare - osserva il parlamentare della Lega Dario Galli - che, per ogni miliardo pubblico intascato, la Fiat ha stracciato un contratto di lavoro; o, se preferite, che ogni posto di lavoro perduto è costato giusto un miliardo di lire. Nostre». Del resto, oggi Fiat produce principalmente all’estero. Le auto di punta, come la nuova “Panda”, nascono in Polonia, come pure i motori Multijet. Nel Bel Paese sono rimaste solo produzioni “di nicchia”, quali la “Punto” (vecchia e nuova) e la “Croma” bis. Chissà come si sarebbero comportati i governi del passato, così prodighi di aiuti, se avessero saputo che la storica Fabbrica, da loro tanto blandita e protetta, avrebbe fatto marameo all’Italia e ai suoi lavoratori, mandandone a casa quanti più possibile per creare nuovi posti di lavoro solo all’estero.
DAI CONTRIBUTI AGLI “AMMORTIZZATORI”
DAI CONTRIBUTI AGLI “AMMORTIZZATORI”
La misura e la varietà degli aiuti di Stato elargiti alla principale azienda automobilistica del Paese sono stati ben riassunti dal giornalista Massimo Mucchetti nel libro Licenziare i padroni? (Feltrinelli). «Nell’ultimo decennio - scrive Mucchetti - il sostegno pubblico alla Fiat è stato ingente. L’aiuto più cospicuo, pari a 6.059 miliardi di lire, deriva dai contributi in conto capitale e in conto interessi ricevuti a titolo di incentivo per gli investimenti nel Mezzogiorno d’Italia in base al contratto di programma stipulato con il governo nel 1988». Soldi a palate, dunque. Ma quello fu solo l’inizio. Le società beneficiate, infatti (la Sata di Melfi, in Basilicata, e la Fma di Pratola Serra, in Campania) hanno poi goduto dell’esenzione decennale dalle imposte sul reddito per le società meridionali. Mentre la legge 488 per il Mezzogiorno, in soli quattro anni (dal 1996 al 2000) ha fatto affluire nelle casse del Gruppo altri 328 miliardi di lire in conto capitale. Quarta, sostanziosa fonte di sostegno (possiamo solo immaginare quanto invidiata dalle altre imprese private) sono gli “ammortizzatori sociali”: cassa integrazione, prepensionamenti e indennità di mobilità. Solo per la prima voce, in un decennio l’onere per le casse dello Stato risulta di 1.228 miliardi di lire. Altri 700 miliardi pubblici sono stati spesi per prepensionare 6.600 dipendenti nel 1994, e altri 300 miliardi per le indennità di 5.200 lavoratori messi in mobilità.
IL REGALO DI PRODI: LE ROTTAMAZIONI
IL REGALO DI PRODI: LE ROTTAMAZIONI
Per non parlare della legge che nel 1997 ha introdotto gli incentivi per le rottamazioni delle auto più vecchie: l’ennesimo regalo al colosso (dai piedi d’argilla) torinese, scaturito in questa forma inedita dalla fantasia del governo di Romano Prodi. Allo Stato quella legge è costata 2.100 miliardi di lire; poiché la Fiat aveva il 40% del mercato nazionale, ha ottenuto un beneficio di almeno 800 miliardi. Solo negli anni Novanta dunque lo Stato ha dato al Gruppo Fiat 10 mila miliardi di lire, ricavandone circa 6.500 di imposte. La conclusione di Mucchetti è impietosa: «È curioso che i due terzi dei mezzi freschi immessi nella Fiat negli ultimi dieci anni provenga dallo Stato. E allora forse, tenuto conto che i risultati poco brillanti dell’azienda stanno inducendo i suoi padroni nella tentazione di liberarsene, ci si dovrà pur chiedere se ne valeva la pena».
Le tasse della Fiat volano in Gran Bretagna
Continua la saga “cornuti e mazziati” che vede protagonisti i contribuenti italiani. Vi ricordate la Fiat che più volte per non capitolare ha chiesto aiuti si Stato? Ebbene, noi con tutto quello che abbiamo dato allo Stato per poterla mantenere in vita dovremmo essere considerati azionisti almeno per una seppur piccola quota.
Ed invece, oltre a non aver avuto nulla in cambio del nostro aiuto oggi Sergio Marchionne, ci rende partecipi di un amaro per noi progetto che intende portare a termine. Secondo quanto dichiarato al Wall Street JournalFiat e Chrysler in Gran Bretagna e la quotazione della stessa a New York. In poche parole ci sta avvisando tramite un giornale estero che la sua intenzione è quella, dopo aver spremuto le nostre tasche, di pagare le tasse all’estero e non versare quindi un euro nel nostro Paese. Questa mossa consentirebbe alla Fiat e Chrysler di pagare meno tasse sui dividendi e il listing a New York, invece, gli darebbe la possibilità di un maggiore e più facile accesso al mercato dei capitali. Ancora però non sarebbe cosa certa in quanto non basta la volontà dell’amministratore delegato per permettere questa sciagurata mission in quanto avrà bisogno anche del via libera da parte del consiglio di amministrazione di Fiat. La nostra speranza è che qualcuno si metta una mano sulla coscienza e si ricordi che la Fiat è quella grande casa automobilistica grazie anche al lavoro e ai soldi di tanti italiani che ci hanno creduto. Sarebbe una vera vergogna se decidessero di spostare oltre che la produzione anche la sede fiscale all’estero solo per pure questioni economiche e non tenendo conto di quell’etica su cui da sempre le aziende avrebbero dovuto puntare.
Guerriero del Risveglio
tratto da http://altrarealta.blogspot.it/
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