La scena da sola annullò la mia coscienza. Ero il fortunato mortale che attende per varcare l'impenetrabile barriera che segna il confine del mondo. Ritornerò? La domanda da buon mortale mi assillava, anziché contemplare la visione miracolosa. Avvertivo durante le mie avventurose prove, un senso di appartenenza alla mia amata Terra. Mi interrogavo - quasi avessi la risposta - su come avrei potuto scamparla. O, nel peggiore degli esiti, cosa sarebbe successo ai miei genitori, cosa avrebbe provato mio fratello più piccolo? Eppure grazie a Scandurra avevo potuto provare l'ineffabile. Le nozioni di corpo anima spirito, non erano più materia teologica o filosofica. Quel fruttarolo di Viterbo, pur usando espressioni dialettali da sottoproletariato urbano, ci spiegava i massimi misteri del tempo, dello spazio, della Vita, ci creava immaginifiche costruzioni cognitive per meglio farci comprendere i livelli dimensionali, dimostrando la necessità di tagliare vincoli, zavorre karmiche, per volare liberi. Ci ricordava l'umiltà come virtù fondamentale per ogni realizzazione spirituale. L'umile, ci diceva, sostiene il mondo. Assaporai il nettare della conoscenza, provai l'esperienza assoluta di viaggiare oltre la realtà conosciuta, ma ogni tanto, sporadicamente, la nostalgia per quel mondo che mi aveva ospitato, mi inondava. Un mantra ricorrente.
Il cigno si muoveva lentamente. Guardava ora a destra, ora a sinistra. Nulla lo turbava. Sembrava non accorgersi nemmeno della mia presenza. Chi era? Esclusi la sua natura animale. Un simbolo vivente? Un mito incarnato? Una divinità manifesta?
Si trovava a non più di 10m da me. Non capivo cosa avrei dovuto fare. Forse soltanto attendere. Che fretta c'era?
Mentre finalmente riuscii a fermare i miei pensieri, ebbi la percezione istintiva di un qualcosa che si stava avvicinando da tergo. Poi avvertii un fragore come di una folla che si stava muovendo verso di me. Mi girai e intravidi lontano, in un fulgore di luci bianche come mille flash, una colonna di esseri. Persone, sì, donne uomini bambini che a passo lento si dirigevano nella direzione del cigno. Mi scostai per non intralciare il loro cammino, ma con grande sorpresa mi accorsi che rallentavo meccanicamente. La sensazione fu curiosa. La fiumana umana procedeva con andatura normale ed io annaspavo, tentavo di sbrigarmi senza successo. A mala pena evitai di scontrarmi con i primi della colonna. Il loro aspetto denunciava uno stato d'animo quasi di sogno, sebbene non avevano la difficoltà di movimento che avevo io. Appartenevano sicuramente a quella terra, Lakustra, lo sapevo... semplicemente. Non vi era nei loro volti paura né tormento. Piccoli e adulti possedevano una forza, una convinzione per quello che facevano malgrado la strana condizione ambientale e coscienziale in cui versavano. Era una processione lunghissima, senza fine. Ognuno passando di fianco al cigno, lo salutava con un cenno della testa, spontaneamente. Credevo di essere invisibile ai loro occhi – chissà perché – invece alcuni si giravano e mi guardavano sorridendo. Contraccambiai.
La mia anima si apriva: un moto profondo fuoriusciva incontrollabile verso quella gente. Potevo sentirne gli umori, i pensieri, le tensioni. Non solo. La gioia vera, alta, serena si estendeva dappertutto. Avvertivo l'umanità di quella marea di persone. Come un suono proveniente da lontano che si avvicina progressivamente, ascoltai un canto che mi entrava dentro con la sua vibrazione, un'onda oceanica invadeva il flusso sanguigno che si illuminava perché raggiungeva il cielo. Una melodia stupenda, ricca di sentimento ma non sdolcinata. Potente, ci prendeva al petto. Da dove veniva quel canto bellissimo? Non riuscivo a capire, ma poco contava. Sembrava che l'universo, come un'orchestra infinita, suonasse il suo inno alla gioia. Dov'ero? In paradiso? Tutte quelle anime avevano un corpo, ne sentivo i passi, l'ansimare dei più anziani e il vociare dei piccoli. Se non era quello un posto edenico, sicuramente apparteneva ad un sovramondo oltre ogni più sfrenata immaginazione. Mano a mano che passava il tempo – ma il tempo, passava? - gradualmente, sopra la testa di ognuno di loro, si formavano luci abbaglianti, stelle raggianti di colori, delle dimensioni di una mela: angeli custodi o forme dello spirito che non hanno forma. Lo scenario era fantastico come la copertina di un disco degli Osibisa. Da quel momento, la fiumana cambiò atteggiamento. Tutti, nei modi più diversi, manifestavano contentezza, alcuni cantavano, i bambini saltavano. Erano belli, felici. Il Varco trasformava l'essere, o meglio, lo trasmutava. Ma chi sceglieva chi? Chi decideva chi doveva varcarlo? Altre persone sarebbero rimaste su Lakustra. Vi era, quindi, una selezione, un criterio discriminante. Oppure cosa?
Poi mi sentii assorbire. Sì, il termine è questo. Qualcosa mi traeva verso il punto più lontano del Varco. Velocemente fui allontanato. Troppo velocemente. Persi i sensi.
Geter sorrideva e mi sosteneva la schiena. Ero di nuovo seduto all'interno dell'aeronave. Intorno, gli altri militari mi squadravano con curiosità. Cercai di dire qualcosa, ma le parole non mi uscivano. Ero stordito, fiaccato nel fisico come dopo una lunga fatica. Di nuovo bevvi quel liquore. Mi ripresi.
Hai potuto avere un'esperienza mistica che diventerà mitica quando la narrerai alle generazioni future – mi fece Geter.
Ma cos'era, il paradiso?
Oh Angelo, non si ritorna di solito da quel posto. Hai avuto la possibilità di essere testimone di un passaggio cosmico di un mondo in un altro mondo. La gente che hai veduto non sono defunti. Donne uomini bambini in carne e ossa attraversano il ponte del Varco. Un ciclo è giunto alla fine e la ruota gira nuovamente. Di esodi ce ne sono stati molti nella storia dei nostri popoli. Ma si fuggiva da qualcuno o da qualcosa di terribile. Il Varco, invece, è una grande occasione, unica, formidabile per quella generazione che arriva al termine di un'era.
E tu Geter non li invidi?
Ognuno di noi ha un compito. Cerco di onorarlo. È già un miracolo trovare una causa per cui val la pena morire. Quanti vagano trascinandosi durante tutta la vita, senza una stella di orientamento, senza un senso da dare all'esistenza. Ognuno di noi ha una missione da compiere in questo tratto di strada della Vita, ma pochi la scoprono in tempo.
Ora Geter che faremo?
È necessario per te vedere come il caos opera. Ti servirà al momento opportuno. La Terra, la nostra Terra affronterà il Varco come i lakustriani. Ma non è automatico. Le leggi celesti non sono programmi definiti e rifiniti in ogni dettaglio. C'è un margine, un fattore squilibrante, necessario, maledettamente necessario. Lo hai incontrato credo... l'Ombra. Già quando da piccolini scopriamo il male nelle sue forme relative magari, cominciamo a domandarci perché. Perché se la Creazione è opera di Dio, sommo bene, vi è una parte oscura che tende a violare quest'ordine? È implicito nella Creazione il male? E allora Dio ha una faccia oscura? La libertà di scelta di ogni creatura è autentica libertà o è un frammento di quel disordine? Se non vogliamo essere automi, quanto male siamo disposti a concedere per avere la libertà? Chi ti parla è un soldato che non di rado ha ucciso e ha incontrato mille volte il male e per molti miei nemici potevo io apparire il male, il loro male. Ho tradito spesso il nostro codice per far rientrare in un altra prospettiva le cose. Ho abiurato la mia fede per non distruggere quella altrui e dopo, rivisitando le mie azioni, vergognandomene, ma soprattutto pentendomene amaramente, non ero più così sicuro di stare dalla parte giusta. Se l’uomo, come si legge nel Prologo di Zarathustra, il mio libro-chiave da giovane, è un cavo teso tra la bestia e il superuomo, io mi ci sono sentito in più di un'occasione, e ti giuro Angelo, era qualcosa di terribile.
Scandurra ha uno strano rapporto con quell'essere maligno, l'Ombra. Non capisco. Sarà la mia cultura cattolica preconciliare, ma credevo che col male non si negoziasse.
Invece si negozia, eccome, caro Angelo. Ci si insozza fino a sentirtelo dentro. Diventa parte della tua natura. Difficile combattere un nemico che ha teste di ponte nel tuo cervello.
Ti riporto sulla Luna. Tutto inizierà da lì.
Il cigno si muoveva lentamente. Guardava ora a destra, ora a sinistra. Nulla lo turbava. Sembrava non accorgersi nemmeno della mia presenza. Chi era? Esclusi la sua natura animale. Un simbolo vivente? Un mito incarnato? Una divinità manifesta?
Si trovava a non più di 10m da me. Non capivo cosa avrei dovuto fare. Forse soltanto attendere. Che fretta c'era?
Mentre finalmente riuscii a fermare i miei pensieri, ebbi la percezione istintiva di un qualcosa che si stava avvicinando da tergo. Poi avvertii un fragore come di una folla che si stava muovendo verso di me. Mi girai e intravidi lontano, in un fulgore di luci bianche come mille flash, una colonna di esseri. Persone, sì, donne uomini bambini che a passo lento si dirigevano nella direzione del cigno. Mi scostai per non intralciare il loro cammino, ma con grande sorpresa mi accorsi che rallentavo meccanicamente. La sensazione fu curiosa. La fiumana umana procedeva con andatura normale ed io annaspavo, tentavo di sbrigarmi senza successo. A mala pena evitai di scontrarmi con i primi della colonna. Il loro aspetto denunciava uno stato d'animo quasi di sogno, sebbene non avevano la difficoltà di movimento che avevo io. Appartenevano sicuramente a quella terra, Lakustra, lo sapevo... semplicemente. Non vi era nei loro volti paura né tormento. Piccoli e adulti possedevano una forza, una convinzione per quello che facevano malgrado la strana condizione ambientale e coscienziale in cui versavano. Era una processione lunghissima, senza fine. Ognuno passando di fianco al cigno, lo salutava con un cenno della testa, spontaneamente. Credevo di essere invisibile ai loro occhi – chissà perché – invece alcuni si giravano e mi guardavano sorridendo. Contraccambiai.
La mia anima si apriva: un moto profondo fuoriusciva incontrollabile verso quella gente. Potevo sentirne gli umori, i pensieri, le tensioni. Non solo. La gioia vera, alta, serena si estendeva dappertutto. Avvertivo l'umanità di quella marea di persone. Come un suono proveniente da lontano che si avvicina progressivamente, ascoltai un canto che mi entrava dentro con la sua vibrazione, un'onda oceanica invadeva il flusso sanguigno che si illuminava perché raggiungeva il cielo. Una melodia stupenda, ricca di sentimento ma non sdolcinata. Potente, ci prendeva al petto. Da dove veniva quel canto bellissimo? Non riuscivo a capire, ma poco contava. Sembrava che l'universo, come un'orchestra infinita, suonasse il suo inno alla gioia. Dov'ero? In paradiso? Tutte quelle anime avevano un corpo, ne sentivo i passi, l'ansimare dei più anziani e il vociare dei piccoli. Se non era quello un posto edenico, sicuramente apparteneva ad un sovramondo oltre ogni più sfrenata immaginazione. Mano a mano che passava il tempo – ma il tempo, passava? - gradualmente, sopra la testa di ognuno di loro, si formavano luci abbaglianti, stelle raggianti di colori, delle dimensioni di una mela: angeli custodi o forme dello spirito che non hanno forma. Lo scenario era fantastico come la copertina di un disco degli Osibisa. Da quel momento, la fiumana cambiò atteggiamento. Tutti, nei modi più diversi, manifestavano contentezza, alcuni cantavano, i bambini saltavano. Erano belli, felici. Il Varco trasformava l'essere, o meglio, lo trasmutava. Ma chi sceglieva chi? Chi decideva chi doveva varcarlo? Altre persone sarebbero rimaste su Lakustra. Vi era, quindi, una selezione, un criterio discriminante. Oppure cosa?
Poi mi sentii assorbire. Sì, il termine è questo. Qualcosa mi traeva verso il punto più lontano del Varco. Velocemente fui allontanato. Troppo velocemente. Persi i sensi.
Geter sorrideva e mi sosteneva la schiena. Ero di nuovo seduto all'interno dell'aeronave. Intorno, gli altri militari mi squadravano con curiosità. Cercai di dire qualcosa, ma le parole non mi uscivano. Ero stordito, fiaccato nel fisico come dopo una lunga fatica. Di nuovo bevvi quel liquore. Mi ripresi.
Hai potuto avere un'esperienza mistica che diventerà mitica quando la narrerai alle generazioni future – mi fece Geter.
Ma cos'era, il paradiso?
Oh Angelo, non si ritorna di solito da quel posto. Hai avuto la possibilità di essere testimone di un passaggio cosmico di un mondo in un altro mondo. La gente che hai veduto non sono defunti. Donne uomini bambini in carne e ossa attraversano il ponte del Varco. Un ciclo è giunto alla fine e la ruota gira nuovamente. Di esodi ce ne sono stati molti nella storia dei nostri popoli. Ma si fuggiva da qualcuno o da qualcosa di terribile. Il Varco, invece, è una grande occasione, unica, formidabile per quella generazione che arriva al termine di un'era.
E tu Geter non li invidi?
Ognuno di noi ha un compito. Cerco di onorarlo. È già un miracolo trovare una causa per cui val la pena morire. Quanti vagano trascinandosi durante tutta la vita, senza una stella di orientamento, senza un senso da dare all'esistenza. Ognuno di noi ha una missione da compiere in questo tratto di strada della Vita, ma pochi la scoprono in tempo.
Ora Geter che faremo?
È necessario per te vedere come il caos opera. Ti servirà al momento opportuno. La Terra, la nostra Terra affronterà il Varco come i lakustriani. Ma non è automatico. Le leggi celesti non sono programmi definiti e rifiniti in ogni dettaglio. C'è un margine, un fattore squilibrante, necessario, maledettamente necessario. Lo hai incontrato credo... l'Ombra. Già quando da piccolini scopriamo il male nelle sue forme relative magari, cominciamo a domandarci perché. Perché se la Creazione è opera di Dio, sommo bene, vi è una parte oscura che tende a violare quest'ordine? È implicito nella Creazione il male? E allora Dio ha una faccia oscura? La libertà di scelta di ogni creatura è autentica libertà o è un frammento di quel disordine? Se non vogliamo essere automi, quanto male siamo disposti a concedere per avere la libertà? Chi ti parla è un soldato che non di rado ha ucciso e ha incontrato mille volte il male e per molti miei nemici potevo io apparire il male, il loro male. Ho tradito spesso il nostro codice per far rientrare in un altra prospettiva le cose. Ho abiurato la mia fede per non distruggere quella altrui e dopo, rivisitando le mie azioni, vergognandomene, ma soprattutto pentendomene amaramente, non ero più così sicuro di stare dalla parte giusta. Se l’uomo, come si legge nel Prologo di Zarathustra, il mio libro-chiave da giovane, è un cavo teso tra la bestia e il superuomo, io mi ci sono sentito in più di un'occasione, e ti giuro Angelo, era qualcosa di terribile.
Scandurra ha uno strano rapporto con quell'essere maligno, l'Ombra. Non capisco. Sarà la mia cultura cattolica preconciliare, ma credevo che col male non si negoziasse.
Invece si negozia, eccome, caro Angelo. Ci si insozza fino a sentirtelo dentro. Diventa parte della tua natura. Difficile combattere un nemico che ha teste di ponte nel tuo cervello.
Ti riporto sulla Luna. Tutto inizierà da lì.
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