"THE END"

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mercoledì 14 maggio 2014

Di Paolo Franceschetti: Qualcuno dovrà pur dirlo (a Mario Spezi, ai medici, ai parenti e amici di Mariapaola)

Di tanti sassolini nelle scarpe che vorrei togliermi dopo che Mariapaola se ne è andata, ce ne sono due in particolare.

Uno è il professor MR, primario di non so che clinica, medico specializzato in non so che cosa, che interveniva sulla mia pagina facebook sempre a favore della chemioterapia, ne lodava la bontà, e decantava le persone anche della sua famiglia che si erano “salvate” grazie alla chemio.
Ora che Mariapaola è morta, in soli 10 mesi dalla scoperta del tumore al seno, vorrei chiedergli: Gentile dottore, nelle sue statistiche mi fa rientrare, per cortesia, anche Mariapaola. Io credo che, essendo morta in dieci mesi, a occhio e croce qualcosa avete sbagliato nelle vostre cure, no? Sa, io non sono un esperto, ma quando vedo una persona che muore, so capire che è morta, e allora mi dovrebbe spiegare su quali principi scientifici si è basata la vostra cura. E dati i soldi che lo stato avrà speso per queste miracolose cure, a occhio e croce un centinaio di migliaia di euro, forse più, mi domando: ma non era meglio se non la curavate per niente, e le davate la metà dei soldi con cui ci facevamo una vacanza intorno al mondo io e lei, almeno ci godevamo gli ultimi mesi?
Ovviamente il dottor R, dopo aver invaso la mia bacheca con i suoi deliri tratti dai protocolli della medicina ufficiale per mesi, ora mi ha tolto l’amicizia e bloccato quindi non ho avuto il piacere di ascoltare la sua risposta alla mia domanda.
Ma se potessi parlargli vorrei aggiungere: dottore... Alla lista dei successi terapeutici, potete aggiungere anche una mia allieva? Lei è durata un po’ di più di Mariapaola, circa un anno, quindi la cura ha avuto più successo.
segue alla fonte




L’altro sassolino è un parente di alcuni parenti di Mariapaola, il mitico (per me, perché compariva come un incubo sempre nei momenti peggiori) Roberto, un oncologo - radioterapista - che era la persona di fiducia delle famiglia cui i familiari si rivolgevano per consigli e consulti. Era l’incubo delle mie notti, perché ovviamente i suoi consigli erano inevitabilmente due: chemioterapia e radioterapia; e sapevo che stavano portando alla morte Mariapaola (ma del resto lo sapeva anche lei).
Ricordo in particolare un suo intervento, il più tempestivo, incisivo e provvidenziale. Mariapaola aveva iniziato la radioterapia alla colonna, ma resasi conto che a Viterbo non la curavano affatto, stava decidendo se andare o no alla Lukas Klinik in Svizzera.


“No - sentenziò il mitico Roberto - meglio di no, perché dovrebbe interrompere la radioterapia che sta facendo a Viterbo, poi ricominciare, bisogna tarare il macchinario, ecc... Meglio che rimanga lì”.
E Mariapaola rimase li a finire la radioterapia, lasciandomi come un coglione, perché io avevo sperato che finalmente si decidesse a curarsi e prendesse in mano la sua vita.
Ecco, mi piacerebbe dire a Roberto: caro Roberto, sai perché Mariapaola ha seguito i tuoi consigli? Perché aveva una buona scusa per uccidersi. Conservo ancora i suoi sms, che ci mandavamo di notte, quando io piangendo ripensavo ai tuoi consigli e le chiedevo “ma perché ti sei arresa?”, e lei rispondeva “è troppo dura, Paolo, non ce la faccio a vivere”.
Ecco, sai qual è il paradosso, Roberto? Che Mariapaola deve davvero dirti grazie, per averle fornito l’appiglio che voleva (ma in mancanza del tuo appiglio ne avrebbe trovati altri, quindi la responsabilità non è tua).


E vorrei aggiungere: caro Roberto, so che non sarai sfiorato dal dubbio, so che continuerai a proporre le stesse cure ad altre centinaia di pazienti, rendendoti responsabile della loro morte (morte che del resto sceglieranno loro; la differenza tra loro e Mariapaola è solo che lei era più lucida e consapevole).
Ma vorrei solo che tu leggessi i suoi (e miei) sms, per capire quanto abbiamo apprezzato i tuoi interventi, io e Mariapaola, durante tutta la durata della sua malattia.


Qualcuno in pubblico, altri in privato, mi hanno scritto dicendo che traspare dai miei scritti rabbia, oltre che dolore.
Il dolore sì, quello è forte, ma la rabbia no, di quella ce n’è abbastanza poca.
Non esterno queste cose per rabbia.
Proprio in queste ore stavo riascoltando alcune registrazioni che facevo col cellulare nei dialoghi tra me e Mariapaola, registrazioni che facevo in genere per divertirmi, o per riascoltarle poi dicendole per scherzo: “Vedi come mi hai trattato male in data... ecc...”
In una di queste registrazioni parlavamo, ridevamo e scherzavamo ma l’argomento era serio, ed era l’atteggiamento da tenere nei confronti del tumore; a un certo punto, dal minuto 3,30 in poi, dice una cosa molto precisa: “Ma Paolo, tu sei veramente convinto che l’operazione possa togliermi il tumore? Io, per conto mio, penso che se questi mi tolgono il seno è più probabile che muoio; ma veramente pensi che l’operazione mi salverà? Ma dai Paolo su! Non penso sia la cosa definitiva per salvarmi”.
La registrazione è datata 14 gennaio, un mese prima dell’operazione.


Mi si conferma sempre di più la straordinaria lucidità che Mariapaola ha sempre avuto, di cui non mi sono reso conto fino in fondo, nei mesi scorsi.
Talmente era consapevole di questo, che a volte Mariapaola non rispondeva al telefono ai fratelli, e alcune volte non li ha messi al corrente delle sue scelte, perché pensava che non la capissero, mentre lei capiva perfettamente dove la portava la strada che aveva intrapreso.
Ad un certo punto poi, quando la sorella le ha detto “appoggio qualsiasi scelta tu faccia”, ha iniziato ad aprirsi sempre alla sorella e a voler parlare con lei, sempre però non parlando volentieri con amici o altri familiari che non riteneva in grado di capirla (e capire).
Non posso quindi provare rabbia per nessuno, se non forse - in qualche momento - per me stesso, perché mi rendo conto che anche io avrei potuto fare di più e diversamente, e mi rendo conto in questi giorni che anche io non mi rendevo esattamente conto di quello che lei provava e voleva.
Però qualcuno deve pure dire queste cose a MR, a Roberto, ai medici che l’hanno curata, ai parenti che l’hanno consigliata, agli amici che la consigliavano senza ascoltare più di due minuti la sua situazione clinica e che non hanno perso più di qualche secondo per ascoltare quello che dicevo sulle terapie alternative.
Il fatto che non sia colpa loro, e che Mariapaola avesse scelto consapevolmente e lucidamente cosa fare, non implica che l’atteggiamento dei medici non sia un atteggiamento criminale, e che quello di alcuni amici e parenti non sia assolutamente scellerato, tanto da diventare di fatto un atteggiamento complice).
E allora qualcuno deve, semplicemente, dire le cose come stanno.
Loro, i medici, continueranno a pensare che hanno seguito i protocolli, quindi sono a posto con la coscienza.
Amici e parenti continueranno a pensare che il problema fosse che Mariapaola non si è curata al Regina Elena o al Pascale di Napoli.
Ma qualcuno deve pur dire loro le cose come stanno, anche se non servirà a nulla: ai medici, occorre dire che sono degli assassini con licenza di uccidere.
A familiari ed amici bisogna dire che sono degli scellerati senza cervello.


So che tutto questo non servirà a nulla, come non servirà il sito che ho aperto, dedicato alle cure sul cancro; non servirà a nulla, se non a semplificare la vita a persone che stanno facendo già una ricerca specifica, e che sono già pronte per affrontare un discorso diverso, e soprattutto che hanno già una volontà loro, autonoma, di vivere.
Nessuno si salverà grazie a quel sito.
Ma occorre comunque qualcuno che dica le cose come stanno deve esserci.


Il mio discorso non è diverso da quello che ho fatto a suo tempo nella storia del Mostro di Firenze con Piero Luigi Vigna e Mario Spezi (che di recente mi ha querelato per diffamazione davanti al tribunale di Firenze).
Che loro fossero gli assassini, nei delitti del Mostro di Firenze, lo sapevano in molti, sia a Firenze che in Italia. Dire che sono loro gli assassini, non serve a nulla; nessuno andrà in galera (al massimo sono io che mi becco una querela e una condanna) e nessuna delle vittime future si salverà, perché gli assassini hanno potuto agire grazie alla complicità delle famiglie, prima di tutto, e poi di polizia, carabinieri, magistratura, politica, e gente comune; quella mite gente comune, quell’innocua gente comune, quell’onesta gente comune, che non vuole sapere, non vuole immischiarsi, e si volta dall’altra parte e che si informa su L’Espresso, Repubblica, Panorama, ecc. (e ricordiamo che Mario Spezi è un giornalista di Panorama, tra i più quotati quindi poi non c’è da meravigliarsi se la gente comune pensa che l’assassino fosse Pacciani, perché per immaginare che fosse invece il procuratore capo di Firenze, poi andato alla DIA per meriti professionali, in effetti ci vuole una fantasia superiore a quella di Dan Brown).
Non è quindi solo colpa di Spezi e Vigna se accadono queste cose, come non è solo colpa dei medici la morte di Mariapaola, perché in delitti efferrati come quelli dle mostro occorre la complicità (magari involontaria) delle famiglie, spesso, oltre che della gente comune; e anche per far morire di tumore una persona occorre la complicità indiretta di familiari e amici.


Perché quindi io ho detto e scritto queste cose, nonostante sapessi che la cosa non avrebbe avuto alcun seguito, che nessuno avrebbe riaperto le indagini e nessun giornalista si sarebbe seriamente occupato della vicenda?
Semplicemente perché qualcuno deve pur dirlo, perché solo dicendo le cose, senza voltarsi dall’altra parte, aumenterà piano piano la consapevolezza verso certi fenomeni.
Qualcuno deve pur dire quindi a Spezi e a Vigna, “gli assassini eravate voi”.
Qualcuno deve pur dire ai medici che hanno curato Mariapaola, “Siete degli assassini, vi piaccia o no”.
Qualcuno deve anche dire, però, che di persone ne hanno sicuramente ammazzate di meno Spezi e Vigna rispetto ai vertici delle multinazionali del farmaco e ai medici conniventi.
Poi però occorre anche dire a familiari, parenti, amici, utilizzando le parole di Andrè: “se avete preso per buone le verità della televisione, anche se voi vi credete assolti, siete lo stesso convolti”.

Ecco. Ho scritto questo, anche se so che non cambierà nulla, nessuno mi restituirà Mariapaola e nessuno pagherà per i delitti del mostro di Firenze che continuano indisturbati anche se con meno eco mediatica di un tempo.
Semplicemente perché qualcuno doveva pur dirlo

PS. Sono consapevole che, come dice un famoso detto, chi punta il proprio dito contro un altro, ne punta contemporaneamente tre contro se stesso.
Questo mio puntare il dito non mi esime infatti dall'interrogarmi sulle mie responsabilità, o verso Mariapaola, o verso la società; non mi esime ad esempio dal rendermi conto che comprando alcuni cibi contribuisco a incrementare l'industria di morte delle multinazionali; comprando e cambiando cellulari contribuisco al mercato delle batterie e incrementare le miniere africane che estraggono il materiale radioattivo con cui esse sono fatte.
Purtroppo la risposta che mi so dare è che non riesco a fare di più, come, credo, anche le persone contro cui ho puntato il dito in questo articolo.
Nessuno riesce a fare di più.
Ma credo che alcune cose vadano dette lo stesso.

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