"THE END"

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domenica 6 aprile 2014

SCANDALO COOP – GUARDATE DA DOVE PROVENGONO I LORO PRODOTTI + VIDEO


Il grande inganno nel quale viviamo tutti è la convinzione diffusa che l’etica e la morale abbiano una sostanza diversa da quella dei sogni. Alcuni sono consapevoli di questa debolezza, io credo di essere uno di questi, altri vivono la dicotomia tra ciò che è e ciò che vorrebbero che fosse come una sorta di tradimento, la violazione di una legge primigenia, un’anomalia.
In realtà, a governare le cose della vita non è il messaggio del Vangelo, del Corano, della Torah o quello del cuore, per chi non si riconosce nei testi sacri, ma banalmente gli algidi enunciati dei libri di fisica con le loro regole semplici, addirittura elementari, che regolano l’universo secondo la consuetudine della massima efficienza nelle trasformazioni. 
Si guardi questo breve filmato.
Dopo averlo visto si può provare un certo disappunto, ma questo vuol dire solo una cosa, che non si ha la minima idea della dimensione vorticosa entro la quale si evolve la produzione planetaria e l’estrema violenza dei fenomeni macro economici.
Una volta aperto il vaso di Pandora, da quando cioè economia e finanza hanno preso il sopravvento sulla politica e sull’ideologia, ci si è incamminati in una direzione che non offre ripensamenti. La qualità è un opinione, i volumi delle produzioni, i costi e l’entità delle vendite sono numeri, fatti incontestabili. Questo per dire che, inevitabilmente, una volta definiti degli standard minimi di accettabilità, un prodotto è migliore di un altro se e solo se, rispettando lo standard, costa di meno.

Si potrà ribattere che, a parità di requisiti minimi, la passata di pomodoro prodotta in Italia è migliore di quella prodotta in Romania. E’ un’opinione lecita, come quella di chi afferma in buona fede che Fabio Volo scrive cose bellissime, ma nel ciclo produttivo di massa non è la qualità il principio che guida le scelte, ma solo ed esclusivamente il prezzo. Questo perché, quando poi il cliente medio sceglie la passata di pomodoro sullo scaffale, la prima cosa che guarda è il prezzo.
Si faccia attenzione, proprio perché il sistema produttivo e di consumo è così complesso, sono i grandi numeri a dettare legge. Probabilmente su cento consumatori, 10 faranno una scelta di qualità (o che almeno loro considerano tale) comprando un prodotto più caro, ma a regolare la pressione sull’acceleratore del mercato sono gli altri 90. Con i prodotti di eccellenza campano solo gli eccellenti che li producono che, per definizione, sono pochi. La massa produce e consuma prodotti generalmente scadenti, di grandissima diffusione e di prezzo relativamente basso.

L’economia non è un concetto politico, ma un fenomeno naturale, come le eclissi, i terremoti, le tempeste, le inondazioni. E’ una classe di fenomeni ai quali ci si può attrezzare per sopravvivere, ma a pretendere di controllarli sono solo i santoni, i fenomeni da baraccone o gli anti euro.
Il comunismo, o qualsiasi forma di assoggettamento dell’economia a considerazioni etiche (quindi politiche), può funzionare se e solo se attuata contemporaneamente in tutto l’universo e solo per brevi periodi. Questo perché la Natura non è comunista, ma anarchica e selvaggiamente, crudelmente, selettiva. Per cui, se rimane un solo posto al mondo dove gli uomini riescono ad arricchirsi facendo prodotti a prezzi più bassi violando ogni forma di controllo politico ed etico, il resto del pianeta continuerà a guardarli con invidia fino a quando il tappo non salterà. Se ne sono accorti i russi e lo sanno benissimo i cinesi il cui capitalismo dittatoriale si sta dimostrando la forma più efficiente di trasformazione delle capacità produttive in ricchezza.

E’ vero, la ricchezza non distribuita equamente non appare un valore condivisibile, ma questa è una considerazione etica, non fisica. Quelli che la ricchezza la detengono la pensano diversamente e la loro opinione conta più di quelli che non posseggono nulla. Anche quest’ultima affermazione suona dolorosa, ma ancora una volta è una questione etica che in natura non si pone. Nessuno trova niente da ridire sul fatto che un ghepardo mangi una gazzella. Magari le gazzelle non vivono la cosa con grande serenità, ma la loro opinione non conta.

L’esperienza mi ha insegnato che su tutto governa la paura della morte, la necessità di trovare una ragione superiore agli scambi energetici nei quali si evolve un universo stocastico totalmente indifferente ai valori etici della vita. L’anelito ad un “senso dell’esistenza” secondo il quale adeguarsi alle sofferenze e sperare in una sorta di riconoscimento del comportamento corretto e rispettoso. Va bene così, ognuno di notte ha il diritto di cercare una coperta sotto la quale soffocare la paura del buio.

Per quel che mi riguarda, più che la mancanza di un senso nella vita, mi duole il fatto che io ne abbia consapevolezza. Questo mi sembra superfluo, per certi versi crudele, ma in quanto gazzella la mia opinione non conta.
Così è.


http://www.mentecritica.net/le-opinioni-delle-gazzelle/leggere/cuore-di-tenebra/comandante-nebbia/43890/

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