Tanto tempo fa in una galassia lontana lontana …
… tre piccoli fotoni gamma – di quelli che vengono prodotti dal collasso di una stella molto grande – partirono per un lungo viaggio attraverso le sterminate praterie cosmiche promettendosi di non perdersi mai di vista …
Il viaggio dei tre fotoni è durato oltre 7 miliardi di anni, e per quanto sembri banale, ci ha svelato molte cose sulla natura del Cosmo che neppure il più sofisticato acceleratore di particelle probabilmente potrebbe mai dirci (1).
Ma facciamo un passo indietro.
Einstein e la sua Relatività Generale ci hanno spiegato che lo Spazio e il Tempo sono in realtà un’unica cosa e che la materia curva questo tessuto sotto il suo peso a qualsiasi scala la si guardi. Al contrario, la Meccanica Quantistica ci spiega che a scale molto piccole come la scala di Panck – un miliardesimo di miliardesimo del diametro di un elettrone. – il tessuto dello spazio-tempo non è lineare come vuole la Relatività Generale ma diventa indistinto e spumoso con 5, 6 7 dimensioni strettamente arrotolate su sé stesse, fino a 15 o 20 per alcune teorie quanto-relativistiche. È infatti questo il vero scoglio che rende inconciliabili la Relatività Generale e la Meccanica Quantistica: il modo di descrivere il tessuto dello spazio-tempo.
Diversi anni fa un brillante ricercatore italiano, Giovanni Amelino-Camelia, fisico teorico alla Sapienza di Roma, propose di un interessante modo di indagare nell’infinitamente piccolo: guardare verso l’infinitamente grande. Il concetto di fondo è che gli effetti microscopici possono essere misurati più facilmente su scale macroscopiche. Ad esempio gli effetti microscopici del tessuto dello spazio-tempo sui nostri tre fotoni dovrebbero, per effetto dell’enorme viaggio percorso, essere amplificati fino a renderli rilevabili con gli strumenti oggi a disposizione. In pratica, la luce si dovrebbe disperdere in diversi colori mentre compie il suo viaggio attraverso l’universo dal tessuto dello spazio, così come si diffonde nelle diverse lunghezze d’onda quando passa attraverso la struttura cristallina di un prisma.
Nel maggio 2009 il Fermi Gamma Ray Space Telescope intercettò uno di questi lampi gamma registrando appunto i nostri tre piccoli fotoni. Robert Nemiroff (2) astrofisico presso il Michigan Technological University, ha esaminato questi dati scoprendo appunto le tracce del passaggio dei tre quanti ad altissima energia – oltre 1 Gev, due all’interno dello stesso millisecondo, e un terzo ad appena un altro millisecondo dietro ai primi due. Ora è improbabile che i fotoni siano stati emessi da lampi gamma diversi o da tempi diversi dello stesso fenomeno, per cui è ragionevole credere che i tre siano stati generati simultaneamente dallo stesso fenomeno, pertanto questi hanno percorso 7 miliardi di anni luce senza venire dispersi o diffusi dalla materia ordinaria – che ne avrebbe inevitabilmente alterato l’impronta energetica – percorrendo liberamente tutto lo spazio tra la Terra e la sorgente. E questo è esattamente il tipo di radiazioni che il fisico italiano proponeva di cercare e studiare.
I risultati di Nemiroff pubblicati su Physical Review Letters (3) pongono un limite agli effetti dispersivi dello spazio dovuti alla schiuma prevista dalle teorie della Relatività Quantistica fino a energie e scale prossime alla massa di Planckl. Un limite che una futura Teoria del Tutto non può non tenerne conto. A meno di incredibili coincidenze, ecco come tre piccoli fotoni possono aiutare a capire la natura più intima dell’Universo.
Altri riferimenti:
1. I gamma burst sono in genere prodotti dal collasso di una stella ipergigante – con massa oltre 100 volte e volume anche 3000 volte superiori a quella del nostro Sole, un fenomeno chiamato collapsar. In una collapsar la velocità di rotazione della stella viene trasferita al nucleo che collassa dopo la sintesi del ferro. Il nucleo si avvia a diventare un buco nero e parte della materia restante della stella crea un disco di accrescimento che per effetto della conservazione della quantità di moto ruota a velocità molto elevate prima di cadere oltre l’orizzonte degli eventi. Quando questo accade, dai poli del nuovo oggetto, dove la densità del disco è minore, partono due getti opposti di materia a velocità relativistiche (0,9999 c), creando un’onda d’urto che rilascia la sua energia nello spazio sotto forma di raggi gamma. Una collapsar può generare in pochi secondi l’energia che produce una stella come il Sole nell’arco dell’intera sua vita moltiplicato per mille! Si ritiene che fenomeni simili possono aver causato alcune importanti estinzioni di massa sul nostro pianeta, come quella avvenuta all’incirca 400 milioni di anni fa tra l’Ordoviciano e Siluriano, o tra il Permiano e il Triassico – 250 milioni di anni fa, che fu in assoluto la più catastrofica: più del 90% delle specie viventi scomparvero dalla faccia del pianeta. In questo momento le ipergiganti più vicine che conosciamo sono Rho Cassiopeiae, Eta Carinae e VY Canis Majoris. Quest’ultima è la stella più grande che conosciamo.
2. Robert Nemiroff è l’ideatore del sito Astronomy Picture of the Day o APOD, che vedete anche esposto in miniatura sulla homepage del Blog in alto a sinistra.
3. Bounds on Spectral Dispersion from Fermi-Detected Gamma Ray Bursts, PhysRevLett.108.231103 Fonte:
… tre piccoli fotoni gamma – di quelli che vengono prodotti dal collasso di una stella molto grande – partirono per un lungo viaggio attraverso le sterminate praterie cosmiche promettendosi di non perdersi mai di vista …
Il viaggio dei tre fotoni è durato oltre 7 miliardi di anni, e per quanto sembri banale, ci ha svelato molte cose sulla natura del Cosmo che neppure il più sofisticato acceleratore di particelle probabilmente potrebbe mai dirci (1).
Ma facciamo un passo indietro.
Einstein e la sua Relatività Generale ci hanno spiegato che lo Spazio e il Tempo sono in realtà un’unica cosa e che la materia curva questo tessuto sotto il suo peso a qualsiasi scala la si guardi. Al contrario, la Meccanica Quantistica ci spiega che a scale molto piccole come la scala di Panck – un miliardesimo di miliardesimo del diametro di un elettrone. – il tessuto dello spazio-tempo non è lineare come vuole la Relatività Generale ma diventa indistinto e spumoso con 5, 6 7 dimensioni strettamente arrotolate su sé stesse, fino a 15 o 20 per alcune teorie quanto-relativistiche. È infatti questo il vero scoglio che rende inconciliabili la Relatività Generale e la Meccanica Quantistica: il modo di descrivere il tessuto dello spazio-tempo.
Diversi anni fa un brillante ricercatore italiano, Giovanni Amelino-Camelia, fisico teorico alla Sapienza di Roma, propose di un interessante modo di indagare nell’infinitamente piccolo: guardare verso l’infinitamente grande. Il concetto di fondo è che gli effetti microscopici possono essere misurati più facilmente su scale macroscopiche. Ad esempio gli effetti microscopici del tessuto dello spazio-tempo sui nostri tre fotoni dovrebbero, per effetto dell’enorme viaggio percorso, essere amplificati fino a renderli rilevabili con gli strumenti oggi a disposizione. In pratica, la luce si dovrebbe disperdere in diversi colori mentre compie il suo viaggio attraverso l’universo dal tessuto dello spazio, così come si diffonde nelle diverse lunghezze d’onda quando passa attraverso la struttura cristallina di un prisma.
Nel maggio 2009 il Fermi Gamma Ray Space Telescope intercettò uno di questi lampi gamma registrando appunto i nostri tre piccoli fotoni. Robert Nemiroff (2) astrofisico presso il Michigan Technological University, ha esaminato questi dati scoprendo appunto le tracce del passaggio dei tre quanti ad altissima energia – oltre 1 Gev, due all’interno dello stesso millisecondo, e un terzo ad appena un altro millisecondo dietro ai primi due. Ora è improbabile che i fotoni siano stati emessi da lampi gamma diversi o da tempi diversi dello stesso fenomeno, per cui è ragionevole credere che i tre siano stati generati simultaneamente dallo stesso fenomeno, pertanto questi hanno percorso 7 miliardi di anni luce senza venire dispersi o diffusi dalla materia ordinaria – che ne avrebbe inevitabilmente alterato l’impronta energetica – percorrendo liberamente tutto lo spazio tra la Terra e la sorgente. E questo è esattamente il tipo di radiazioni che il fisico italiano proponeva di cercare e studiare.
I risultati di Nemiroff pubblicati su Physical Review Letters (3) pongono un limite agli effetti dispersivi dello spazio dovuti alla schiuma prevista dalle teorie della Relatività Quantistica fino a energie e scale prossime alla massa di Planckl. Un limite che una futura Teoria del Tutto non può non tenerne conto. A meno di incredibili coincidenze, ecco come tre piccoli fotoni possono aiutare a capire la natura più intima dell’Universo.
Altri riferimenti:
1. I gamma burst sono in genere prodotti dal collasso di una stella ipergigante – con massa oltre 100 volte e volume anche 3000 volte superiori a quella del nostro Sole, un fenomeno chiamato collapsar. In una collapsar la velocità di rotazione della stella viene trasferita al nucleo che collassa dopo la sintesi del ferro. Il nucleo si avvia a diventare un buco nero e parte della materia restante della stella crea un disco di accrescimento che per effetto della conservazione della quantità di moto ruota a velocità molto elevate prima di cadere oltre l’orizzonte degli eventi. Quando questo accade, dai poli del nuovo oggetto, dove la densità del disco è minore, partono due getti opposti di materia a velocità relativistiche (0,9999 c), creando un’onda d’urto che rilascia la sua energia nello spazio sotto forma di raggi gamma. Una collapsar può generare in pochi secondi l’energia che produce una stella come il Sole nell’arco dell’intera sua vita moltiplicato per mille! Si ritiene che fenomeni simili possono aver causato alcune importanti estinzioni di massa sul nostro pianeta, come quella avvenuta all’incirca 400 milioni di anni fa tra l’Ordoviciano e Siluriano, o tra il Permiano e il Triassico – 250 milioni di anni fa, che fu in assoluto la più catastrofica: più del 90% delle specie viventi scomparvero dalla faccia del pianeta. In questo momento le ipergiganti più vicine che conosciamo sono Rho Cassiopeiae, Eta Carinae e VY Canis Majoris. Quest’ultima è la stella più grande che conosciamo.
2. Robert Nemiroff è l’ideatore del sito Astronomy Picture of the Day o APOD, che vedete anche esposto in miniatura sulla homepage del Blog in alto a sinistra.
3. Bounds on Spectral Dispersion from Fermi-Detected Gamma Ray Bursts, PhysRevLett.108.231103 Fonte:
Vedi
"Affermare che la loro analisi stia provando che lo spazio tempo è liscio con l'accuratezza della scala di Planck è una ingenuità" "Per provare che i pixel nella scala di Planck non esistono, i ricercatori dovrebbero escludere la possibilita che i pixel dispergono i fotoni in modi che non dipendono direttamente dalle lunghezze d'onda degli stessi. I pixel potrebbero esercitare influenze "quadratiche" più sottili, per esempio, o potrebbero avere un effetto detto birifrangenza che dipende dalla polarizzazione delle particelle di luce. Nemiroff e colleghi dovrebbero escludere queste e altre possibilità. Per provare che il trio di fotoni non sia stato un caso, i risultati andrebbero confermati indipendentemente, un secondo set di fotoni da raggi gamma con proprietà simili andrebbero osservati"..."Se tutto questo viene fatto", dice Amelino Camelia, "almeno alcuni approcci alla gravità quantistica dovrebbero essere rivisti"
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