NB: quelle che scrivo qui sotto sono le mie idee, personali. Le scrivo e le condivido su internet con gente che non conosco perché un gentile signore, che non conosco ma spero un giorno di farlo, le pubblica sul suo bellissimo sito, non chiamatelo blogger sennò s’incazza. Liberi di pensare quello che volete…
Oggi dopo pranzo quando ho visto la mail di MC con i nuovi articoli pubblicati il mio viso si è illuminato. E leggendo il pezzo di Gilda, al quale questo è quasi una risposta, mi è arrivato l’input per scrivere quanto segue. Oggi è stata una giornata proficua, in mattinata ho scritto un altro pezzo che sarà pubblicato a breve. Edit: visto che sono pigro, molto pigro, ci ho messo qualche giorno per terminare lo scritto e riordinare le idee. L’importante è raggiungere la meta, quale che sia il viaggio. [Cit.]
Deve essere una caratteristica intrinseca nella natura umana quella di volere sempre qualcosa in più, oppure ottenuta una cosa, volerne subito un’altra completamente diversa, oppure ancora volere qualcosa di diverso. E non basta mai. Forse deriva da anni e anni (secoli) di privazioni più o meno forti ma sempre costanti, che ci hanno resi di fatto insaziabili. E incontentabili. Poco di quanto detto sopra ha a che fare con me, di obiettivi raggiunti ne ho ben pochi in elenco, per ora vivo di sogni.
Vorrei cambiare la mia vita. Non fare chissà cosa, ma fare per una volta qualcosa che ho deciso e scelto io, solo io senza influenze esterne di nessun tipo. Vorrei vivere la mai vita, senza condizionamenti e pregiudizi, senza moralismi vari e tutta la marea di cazzate di cui ormai gran parte della gente si nutre, se non fisicamente, mentalmente.
Per certi punti di vista Gilda e io siamo simili. Penso di essere depresso, non depresso-depresso, so che la depressione è una malattia e che chi è depresso non sa di essere malato, quindi o sono il primo uomo consciamente depresso oppure, comunque, c’è qualcosa che non va in me. Probabilmente la seconda. La metto giù così: sono stufo della situazione che vivo da un po’ a questa parte. Sono triste e amareggiato (anche se amareggiato non rende l’idea), frustrato, sconsolato e infelice, tante cose, troppe non sono andate come avrei voluto.
Ti interessa la mia storia? Continua a leggere e fatti una marea di cazzi miei; non te ne frega niente? Hai ragione anche tu, forse anche a me non interesserebbe la questione se non ci fossi dentro…
Luglio 2011. Dopo la maturità conseguita con un voto prossimo all’80 non sapevo bene cosa fare. Verso maggio di quello stesso anno stavo pensando che sarei andato all’università ma non ero sicuro anche perché non avevo idea di quale facoltà scegliere. In realtà dopo le 2 settimane di studio “matto e disperatissimo” in cui avevo ripassato due volte tutto il programma di tutto un anno, e passata la “bestia nera” della maturità ero proprio stufo di studiare e passare tempo sui libri, l’altra scelta era lavorare. I miei mi misero alle strette (…) e alla fine decisi di iscrivermi alla facoltà di economia, scelta più che altro scartando le altre disponibili in loco. Non ero molto convinto ma i miei avevano deciso, meglio si erano da subito convinti che quella era la facoltà presso la quale mi sarei laureato.
I fatti dimostrarono il contrario; già verso gennaio/febbraio di questo anno, in tempo di esami del primo semestre le cose non andavano bene con voti bassi o non sufficienti. In effetti non mi piaceva molto quella facoltà e come era organizzata la didattica. Davano tutto per scontato, io che venivo da ragioneria un po’ di cose le capivo e già le sapevo ma quelli che erano reduci di uno scientifico o di un classico avevano facce strane quando spiegavano concetti prettamente tecnici. Le lezioni poi, di alcune materie erano assurde. Il professore che entrava, spiegava qualche concetto completamente distaccato dai precedenti e continuava così fino alla fine della lezione. Altra cosa: alcuni argomenti che già feci alle superiori, lì venivano prima semplificati in modo assurdo e imbarazzante, e poi, nel 2 e 3 anno, ripresentati sotto un’altra veste. O come dovevano essere fatti fin dall’inizio. Tralascio altre critiche, quella facoltà non mi piaceva sotto molti, troppi punti di vista e gli sbocchi professionali offerti da quella che avrebbe potuto essere la mia laurea, non mi attiravano più di tanto. Quello che volevo era altro. Segue il secondo semestre, senza nessuna sostanziale novità, ma sempre più con un senso di smarrimento e distacco volontario e consapevole da parte mia verso tali studi e materie.
Maggio. Un mese prima della fine delle lezioni esprimo ai mie genitori le mie perplessità riguardo la mia iniziale scelta universitaria e espongo loro il mio sentito interesse, visto che mi ero informato, verso la facoltà di studi sociologici e in particolare verso un corso di studi nazionali e internazionali. Insomma qualcosa di interessante e diverso da quello che avevo visto fino a quel punto e che veramente mi ispirava interesse. Segue una feroce opposizione dai miei genitori ma dico che, o quella (l’altra) o che avrei lasciato l’università. Cercandomi un lavoro.
[Tralascio tutti i discorsi ricattatori e meschini che mi vengono rivolti e le varie “vessazioni” psicologiche..]
Oggi dopo pranzo quando ho visto la mail di MC con i nuovi articoli pubblicati il mio viso si è illuminato. E leggendo il pezzo di Gilda, al quale questo è quasi una risposta, mi è arrivato l’input per scrivere quanto segue. Oggi è stata una giornata proficua, in mattinata ho scritto un altro pezzo che sarà pubblicato a breve. Edit: visto che sono pigro, molto pigro, ci ho messo qualche giorno per terminare lo scritto e riordinare le idee. L’importante è raggiungere la meta, quale che sia il viaggio. [Cit.]
Deve essere una caratteristica intrinseca nella natura umana quella di volere sempre qualcosa in più, oppure ottenuta una cosa, volerne subito un’altra completamente diversa, oppure ancora volere qualcosa di diverso. E non basta mai. Forse deriva da anni e anni (secoli) di privazioni più o meno forti ma sempre costanti, che ci hanno resi di fatto insaziabili. E incontentabili. Poco di quanto detto sopra ha a che fare con me, di obiettivi raggiunti ne ho ben pochi in elenco, per ora vivo di sogni.
Vorrei cambiare la mia vita. Non fare chissà cosa, ma fare per una volta qualcosa che ho deciso e scelto io, solo io senza influenze esterne di nessun tipo. Vorrei vivere la mai vita, senza condizionamenti e pregiudizi, senza moralismi vari e tutta la marea di cazzate di cui ormai gran parte della gente si nutre, se non fisicamente, mentalmente.
Per certi punti di vista Gilda e io siamo simili. Penso di essere depresso, non depresso-depresso, so che la depressione è una malattia e che chi è depresso non sa di essere malato, quindi o sono il primo uomo consciamente depresso oppure, comunque, c’è qualcosa che non va in me. Probabilmente la seconda. La metto giù così: sono stufo della situazione che vivo da un po’ a questa parte. Sono triste e amareggiato (anche se amareggiato non rende l’idea), frustrato, sconsolato e infelice, tante cose, troppe non sono andate come avrei voluto.
Ti interessa la mia storia? Continua a leggere e fatti una marea di cazzi miei; non te ne frega niente? Hai ragione anche tu, forse anche a me non interesserebbe la questione se non ci fossi dentro…
Luglio 2011. Dopo la maturità conseguita con un voto prossimo all’80 non sapevo bene cosa fare. Verso maggio di quello stesso anno stavo pensando che sarei andato all’università ma non ero sicuro anche perché non avevo idea di quale facoltà scegliere. In realtà dopo le 2 settimane di studio “matto e disperatissimo” in cui avevo ripassato due volte tutto il programma di tutto un anno, e passata la “bestia nera” della maturità ero proprio stufo di studiare e passare tempo sui libri, l’altra scelta era lavorare. I miei mi misero alle strette (…) e alla fine decisi di iscrivermi alla facoltà di economia, scelta più che altro scartando le altre disponibili in loco. Non ero molto convinto ma i miei avevano deciso, meglio si erano da subito convinti che quella era la facoltà presso la quale mi sarei laureato.
I fatti dimostrarono il contrario; già verso gennaio/febbraio di questo anno, in tempo di esami del primo semestre le cose non andavano bene con voti bassi o non sufficienti. In effetti non mi piaceva molto quella facoltà e come era organizzata la didattica. Davano tutto per scontato, io che venivo da ragioneria un po’ di cose le capivo e già le sapevo ma quelli che erano reduci di uno scientifico o di un classico avevano facce strane quando spiegavano concetti prettamente tecnici. Le lezioni poi, di alcune materie erano assurde. Il professore che entrava, spiegava qualche concetto completamente distaccato dai precedenti e continuava così fino alla fine della lezione. Altra cosa: alcuni argomenti che già feci alle superiori, lì venivano prima semplificati in modo assurdo e imbarazzante, e poi, nel 2 e 3 anno, ripresentati sotto un’altra veste. O come dovevano essere fatti fin dall’inizio. Tralascio altre critiche, quella facoltà non mi piaceva sotto molti, troppi punti di vista e gli sbocchi professionali offerti da quella che avrebbe potuto essere la mia laurea, non mi attiravano più di tanto. Quello che volevo era altro. Segue il secondo semestre, senza nessuna sostanziale novità, ma sempre più con un senso di smarrimento e distacco volontario e consapevole da parte mia verso tali studi e materie.
Maggio. Un mese prima della fine delle lezioni esprimo ai mie genitori le mie perplessità riguardo la mia iniziale scelta universitaria e espongo loro il mio sentito interesse, visto che mi ero informato, verso la facoltà di studi sociologici e in particolare verso un corso di studi nazionali e internazionali. Insomma qualcosa di interessante e diverso da quello che avevo visto fino a quel punto e che veramente mi ispirava interesse. Segue una feroce opposizione dai miei genitori ma dico che, o quella (l’altra) o che avrei lasciato l’università. Cercandomi un lavoro.
[Tralascio tutti i discorsi ricattatori e meschini che mi vengono rivolti e le varie “vessazioni” psicologiche..]