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sabato 18 agosto 2012

La Serbia si ribella: basta alla dittatura bancaria europea



Il primo ministro socialista

In Serbia il governo composto dai nazionalisti del “Partito del Progresso” del presidente Nikolic e dai socialisti del primo ministro Dacic lo ha capito: per salvare l’economia del paese senza affamare le fasce popolari è necessario riformare il sistema bancario dissociandosi dal modello europeo, una vera e proprio dittatura finanziaria, che sta piano piano fallendo, trascinando nel barato interi popoli.
Epurato il liberista Soskic - A seguito di questa decisione, il governatore della Banca Nazionale Serba (NSB), il neo-liberista Dejan Soskic, dopo aver subito le minacce di epurazione da parte delle autorità politiche, si è dimesso per protesta contro quella che lui definisce una sorta di ritorno al “comunismo”. Ed è così che il governo di Belgrado è finito (di nuovo) nel mirino dell’usura internazionale per aver deciso di difendere il suo popolo dalle mire dei grandi potentati economici atlantici. Soskic, di fatto uomo dell’UE a Belgrado, ha saputo imporre una politica monetarista anti-inflazionista che ha pesantemente svalutato il dinaro serbo, facendo pagare la crisi ai giovani (moltissimi dei quali disoccupati) e ai lavoratori.


Il Comitato Centrale dei Socialisti di Serbia


Proteste di FMI e BCE - Socialisti d’altri tempi. Il premier Dacic, che è un socialista risoluto molto lontano dai socialisti nostrani capaci solo a fare compromessi perdenti, è finito immediatamente sotto accusa dopo neanche quattro giorni dal suo insediamento per aver voluto rafforzare il controllo sulla NSB. Niente di particolarmente rivoluzionario, in realtà, ma sicuramente si tratta di una riforma importante che riafferma, almeno parzialmente, il ruolo del controllo statale nell’economia e dunque della propria sovranità nazionale rispetto alle scelte imposte dai paesi imperialisti e della globalizzazione capitalista. Il Fondo Monetario Internazionale (FMI), uno degli strumenti con cui i paesi ricchi riescono a tenere a bada e ad affamare i paesi meno sviluppati, ha naturalmente già espresso contrarietà alla nuova legge. E la Banca Centrale Europea (BCE) non è da meno. Nel contempo i mass-media svizzeri ed europei cercano di far passare in sordina la notizia, nel tentativo di evitare che i serbi possano dare l’esempio ad altri popoli. Grazie alla nuova legge, da oggi in poi, il parlamento di Belgrado, che è sì guidato da un governo socialista ma che non gode dell’appoggio dei “socialisti” europei e svizzeri (ormai in orbita neo-liberale), supervisionerà tutti i provvedimenti e le azioni della NSB intervenendo quando necessario. In pratica i patrioti serbi, appena tornati al potere, hanno cancellato l’indipendenza di una delle istituzioni più potenti del Paese. Indipendenza, questa, che garantiva libertà di movimento a banche e banchieri, che con il loro potere economico decidevano in maniera non democratica le sorti di popoli interi.

Ma chi sono questi socialisti serbi? Sono gli eredi di Slobodan Milosevic: economicamente statalisti, fortemente anti-imperialisti, patrioti contrari alla globalizzazione, che tentarono di salvare fino all’ultimo, a costo di subire nel 1999 i bombardamenti della NATO, un’idea yugoslavista ormai distruttutta delle guerra fratricide nei balcani, spesso controllate dall’estero (come nel caso dello stato fantoccio del Kosovo). Ed è così che la Serbia torna a far paura ai poteri forti. Negli anni ’90 rifiutava di subire il diktateuropeista ed americano, limitando il grande capitale per salvaguardare almeno un minimo di stato sociale; per questo furono proprio i governi delle socialdemocrazie europee (da Schröder in Germania a D’Alema in Italia) ad accodarsi agli americani per bombardare il paese in una tipica missione guerrafondaia occidentale. Oggi la stessa Serbia, uno dei paesi più fieramente anti-imperialisti dell’area, si ribella al sistema bancario di strozzinaggio e ne costruisce uno tutto suo, orientato non ai profitti degli euro-banchieri, ma ai bisogni dell’economia nazionale. E ora si teme che l’esempio serbo possa essere preso da paesi in crisi come la Grecia, l’Italia e la Spagna.
fonte
http://www.nocensura.com

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