di Clarissa Banfi
Nell’epoca antica filosofi della levatura di Plutarco di Cheronea avevano sostenuto che l’Uomo dovesse agli Animali (animot) un atteggiamento non solo di pietà, ma anche di giustizia. Ne conseguiva la necessità ed il dovere di adottare una dieta rigorosamente vegetariana.
Teofrasto, ad esempio, sottolineava nel suo Della pietà (ci sono pervenuti, purtroppo, solo pochi frammenti) che gli Animali fossero dotati di anima, nelle cui vene scorre lo stesso nostro sangue e che il cielo e la terra sono i loro genitori, proprio come lo sono per l’Uomo. Pertanto, meritano il massimo rispetto:
“Similmente riteniamo che tutti gli uomini, ma anche tutti gli animali, sono della stessa stirpe originaria, perché i principi dei loro corpi sono per natura gli stessi (…) e ancor più perché l’anima che è in loro non è diversa per natura in rapporto agli appetiti, ai movimenti di collera, ai ragionamenti e soprattutto alle sensazioni. Come per i corpi, certi animali hanno l’anima più o meno perfetta; ma per tutti i viventi i principi sono per natura gli stessi. La parentela delle affezioni lo prova. Se ciò che si dice dell’origine dei costumi è vero, tutte le specie sono intelligenti, ma esse differiscono per l’educazione e perla composizione del miscuglio dei primi elementi. Sotto tutti i rapporti, dunque, la razza degli altri animali ci è apparentata ed è la stessa della nostra; poiché i mezzi di sussistenza sono gli stessi per tutti, come l’aria che respiriamo, secondo Euripide, e un sangue rosso scorre in tutti gli animali e tutti mostrano d’avere in comune, per padre il Cielo e per madre la Terra”
Ma le loro voci finirono per essere dimenticate.
Tristemente e dolorosamente, infatti, una delle caratteristiche della scienza moderna è proprio l’atteggiamento di autentica manipolazione nei confronti degli altri esseri viventi e di quegli umani percepiti come al di fuori della comunità civile.
Nella prima metà del Novecento Cerletti (psichiatra) sperimentò l’elettroshock: inizialmente sugli Animali destinati alla macellazione e, successivamente, sui detenuti in carceri.
Non fu differente l’estrema disinvoltura con cui popoli delle culture non europee, ritenuti alla stregua di “selvaggi”, furono sterminati e, in un secondo momento, esposti nei musei di antropologia come vere rarità che avrebbero soddisfatto la morbosa e sadica curiosità degli occidentali.