"THE END"

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giovedì 14 giugno 2012

Teoria di Gaia




Ipotesi Gaia
La Teoria di Gaia è una teoria scientifica che, nella formulazione sintetica proposta dal padre della teoria, James Lovelock, considera il pianeta Terra un complesso organismo vivente. Un organismo sui generis ovviamente, con proprie regole ed una propria fisiologia. Ed è la fisiologia di Gaia - un organismo grande quanto la superficie del pianeta - che interessa gli studiosi di geofisiologia.
Gaia è ovviamente una metafora che fa leva su un sentimento diffuso e profondo: l’idea che la Terra sia una sorta di grembo per la vita. Gaia infatti è il nome della dea-madre della cosmogonia greca. E’ la Mater Tellus dei romani, la Hel della mitologia norvegese. E’ una dea madre che ad ogni ciclo stagionale si rinnova (è sempre vergine) e conosce i misteri della vita e della morte: è dea della sapienza. Eppure Gaia è malata e la diagnosi non è delle migliori. Numerosi e autorevoli studi affermano che ci troviamo ad un punto critico dello sviluppo e della sostenibilità della vita sul nostro pianeta.

Una svolta che potrebbe portare il pianeta al collasso
La Terra è vicina a punto di svolta che potrebbe portare il pianeta al collasso: è quanto evidenziano quattro studi pubblicati sulla rivista Nature, che dedica la copertina e quasi interamente il numero di questa settimana al bilancio della salute del pianeta in vista delSummit sulla Terra che si terrà il 20 giugno in Brasile, a Rio de Janeiro.
Secondo i ricercatori guidati dall'università della California a Berkeley, a causa delle pressioni dell'uomo e dei cambiamenti climatici la Terra è spaventosamente vicina a un punto che potrebbe portare il pianeta a uno stato irreversibile. Il timore é che il pianeta stia imboccando una strada che potrebbe distruggere a livello globale gli ecosistemi vegetali e animali, con conseguenze anche sull'acqua e i rifornimenti alimentari.
Dopo una serie di incontri internazionali che hanno prodotto scarsi risultati (quasi inutili, n.d.r.), gli esponenti dell'Organizzazione Internazionale per la Conservazioneritengono che il summit di Rio rappresenti una seconda opportunità per salvare il pianeta. Molte speranze sono riposte proprio nelle scelte che adotterà nei prossimi anni il paese ospitante. Il Brasilem sottolineano gli esperti, custodisce infatti circa il 70% della biodiversità mondiale e rappresenta una delle poche economie non toccate dalla crisi, avviandosi a diventare la sesta economia al mondo. 
Secondo Pavan Sukhdev, a capo fino al 2011 delle iniziative dell’Onu relative alla Green economy, i singoli governi nazionali dovrebbero essere molto più incisivi nei confronti delle grandi aziende multinazionali, obbligandole a prendere decisioni radicali più attente al bene pubblico. Un'analisi di 25.000 specie a rischio e dei modelli di commercio internazionale mostra, per esempio, un collegamento fra i consumi nei Paesi sviluppati e le specie minacciate nei Paesi in via di sviluppo. Lo studio, coordinato dall'australianoBarney Foran, della Charles Sturt University e dell'Università di Sydney, rivela che il 30% delle cause che mettono a repentaglio la sopravvivenza di alcune specie sono dovute proprio al commercio internazionale. 
Quanto sia di fondamentale importanza tutelare la salute del pianeta lo dimostra infine la ricerca dell'università americana del Michigan, che ha analizzato 20 anni di studi in questo campo. Il risultato è che la biodiversità è cruciale per la sopravvivenza degli ecosistemi. [Ansa].


Un collegamento tra la biosfera e la geosfera della terra?
Nelle ultime settimane tanti terremoti hanno colpito molte zone del pianeta, tra cui purtroppo anche l’Italia. La spiegazione di tutto questo, sarebbe legata alle responsabilità umane che starebbero provocando un autentico “collasso” del pianeta. Lo pensaAnthony Barnosky, un biologo dell’Università della California.
Secondo Barnosky la Terra è vicina al punto di non ritorno e si sta preparando ad affrontare i cambiamenti più drammatici e radicali da 12.000 anni a questa parte, da quando cioè i ghiacci hanno inziato a ritirarsi alla fine dell’ultima glaciazione.
Secondo Barnosky e i suoi colleghi che l’hanno supportato nello studio, il problema è causato dall’eccesiva pressione alla quale stiamo sottoponendo il pianeta: a un certo punto, impossibile da prevedere con precisione, qualcosa si rompe scatenando una serie di reazioni a catena i cui effetti devastanti si amplificano un passaggio dopo l’altro, dai terremoti ai fenomeni meteo estremi.
L’esempio più eclatante di queste trasformazioni è il quasi totale azzeramento delle superfici ghiacciate: poco meno di 3000 anni fa la Terra era coperta per il 30% da una coltre di nevi perenni. Oggi queste sono quasi del tutto scomparse.
E il maggior numero di estinzioni nella storia del pianeta si è consumato negli ultimi 1600 anni, sempre secondo ciò che si legge nella ricerca. [Le Scienze]

Tutta colpa dell’uomo?
Secondo Barnosky, sì. La razza umana ha causato, ed è tutt’ora la causa, di mutamenti climatici e ambientali rapidissimi: la CO2 nell’atmosera è aumentata del 35% negli ultimi 250 anni, le superfici coltivate o cementificate sono ormai più del 40% del totale delle terre emerse e la popolazione ha sfondato il tetto dei 7 miliardi di individui.
Negli ultimi 200 anni insomma, abbiamo sottoposto la Terra a uno stress molto più elevato di quello che ha scatenato gli ultimi grandi cataclismi. Ma quali potrebbero essere le conseguenze di tutto questo? Difficile dirlo. I ricercatori ipotizzano estizioni di massa, radicali cambiamenti nelle specie che sopravviveranno per adattarsi alle nuove condizioni e massicce migrazioni. Insomma, uno scenario da “alba del giorno dopo”.
Fino ad oggi tutti gli appelli all’adozione di uno stile di vita a minor impatto ambientale sono rimasti inascoltati: secondo gli scienziati entro il 2025 circa il 50% delle terre emerse sarà colonizzato in qualche forma dall’uomo e per il 2050 la popolazione avrà raggiunto i 9 miliardi di individui. “Vorrei che tra 50 o 100 anni il mondo fosse ancora come oggi, se non un po’ migliore” spiega lo scienziato ai media. “Siamo a un crocevia, e se non cambiamo qualcosa, adesso, lasceremo un pessimo futuro alle prossime generazioni“. Dopotutto alcuni passaggi della ricerca si sembrano un pò eccessivi [MeteoWeb].

Molti, forse troppi terremoti lungo il margine di faglia tra Africa ed Eurasia
Da un pò di tempo l’attività macrosismica che normalmente affligge il margine di faglia che separa la zolla Africana da quella Euro Asiatica ha subito un notevole incremento. Numerosi eventi sismici di magnitudo variabile tra il 4.5 ed il 5.4 sono stati registrati da ovest ad est, dall’Africa settentrionale, in particolare l’Algeria fino alla Turchia. L’attività sismica lungo tale sistema di faglie non è anomala, il margine è di tipo compressivo, le zolle cioè tendono ad accumulare stress perche vengono spinte l’una contro l’altra dalla tettonica.
L’avvicinamento della zolla africana a quella europea raggiunge i 9mm all’anno nella zona di Creta. All’interno del Mediterraneo poi la situazione si complica ulteriormente per la presenza di zolle minori come quella che comprende le isole dell’Egeo, quella che racchiude la Turchia e naturalmente quella che comprende la nostra penisola. la famosa zolla Adriatica.
Tali zolle rispondo alle sollecitazioni esercitate da quella principale africana un po’ come i pendolini di newton. Si sono verificati cosi una serie di eventi a catena cominciati se vogliamo alla fine del mese di Gennaio con i terremoti nel nord Italia in Emilia Romagna di magnitudo 4.2, 4,9 e 5.4. Cosa significa tutto questo? Ci piacerebbe saperlo, non lo sappiamo! L’aumento dell’attività sismica lungo un margine di Faglia non necessariamente deve essere un evento negativo perché i terremoti scaricano energia accumulata quindi in sostanza diminuiscono gli stress.
Ma non è detto che questo terremoti debbano essere sempre di energia ridotta. C’è tra l’altro da mettere in evidenza anche l’eruzione del Nabro in Eritrera e la comparsa di un vulcano sottomarino nel Mar Rosso che è un oceano in apertura, verificatasi alla fine del mese di Dicembre dello scorso anno, il 30 Dicembre per la precisione. Tutti segnali che l’Africa è viva e che si sta muovendo. [MegaModo]

Troppi terremoti sulla Terra: è il parere di un sismologo rumeno
Gheorghe Marmureanu, sismologo molto noto in Romania, non riesce a trovare spiegazione ai 39 forti terremoti che hanno sconvolto il pianeta negli ultimi tempi. “Qualcosa non va, ci sono troppi terremoti”, ha affermato. In particolare fa riferimento ai due intensi terremoti indonesiani di magnitudo 8.6 e 8.2 della scala Richter, rapidamente seguiti da tre scosse forti tra il Messico e la California.
Lo scienziato sembra preoccupato dal fatto che la Terra stia vivendo un periodo troppo turbolento dal punto di vista tellurico, anche alla luce del fatto che certi fenomeni così forti dovrebbero avere tempi di ritorno molto più ampi. “Gli ultimi terremoti sono una sorpresa che non possono essre facilmente spiegati dalle attuali conoscenze scientifiche. Il terremoto indonesiano ad esempio – prosegue il simologo – dovrebbe rappresentare un evento che statisticamente ha tempi di ritorno di 500 anni in quella parte asiatica.
Tuttavia – conclude Marmureanu – dal 2004 si sono verificate tre grandi scosse superiori alla magnitudo 8 Richter, che non è normale”. Naturalmente si tratta del parere di un singolo, seppur noto, scienziato, non di tutta la comunità scientifica. Quantomeno non ancora.
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Per avere maggiori delucidazioni serviranno studi più approfonditi, ma in linea di massima rispetto agli ultimi decenni, sembra effettivamente di assistere ad un incremento dei terremoti di magnitudo molto alta. [MeteoWeb]
Fonte

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