Belli i gatti ... sono mitici animali, selvaggi e diffidenti, preparati dalla natura alla dura guerra per la sopravvivenza. Ieri mattina ne ho visto uno bellissimo, grande e rosso, gli ho fatto il verso e lui ha iniziato con i suoi maaooo, mi sono avvicinato ma non voleva farsi accarezzare sto bastardo, però ha iniziato a fregarsi sui pali di una recinzione, avete presente quando spingono la loro testina o la schiena verso qualcosa e si coccolano da soli? Così, si lasciava ammirare e mi faceva il verso anche lui, però sempre all'erta e pronto a fuggire se attaccato. Nietzsche scriveva: "Dio ha creato il gatto per dare all'uomo il piacere di accarezzare una tigre", quello di ieri non ha voluto offrirmi il piacere di essere toccato, però mi ha offerto il piacere di poterlo ammirare da vicino ...
Buona Lettura
da: "I Quaderni di Avallon", n. 23, 1990,
105-111
In questo Articolo
il noto orientalista tedesco K. von Dürckheim porge al pubblico occidentale un
estratto da un antico libro sulla Via della Spada dell'antica Scuola Ittôryû,
fondata nel XVII secolo da ltô Ittôsai Kagehisa (156-1653); benché lo scritto
sia anonimo, denunzia un'evidente ispirazione taoista e Zen, e può essere
ritenuto frutto dell'insegnamento di uno dei primi Maestri della Scuola.
Traduzione di
Marcella Morganti.
C'era una volta un Maestro di kendô chiamato
Shoken.
Un grosso topo si era installato in casa sua, mettendogli
tutto sottosopra; lo si vedeva scorrazzare tranquillamente addirittura in pieno
giorno.
Un giorno il padrone di casa lo rinchiuse nella sua
stanza e incitò il suo gatto ad acchiapparlo, ma il topo gli saltò addosso e lo
morse alla gola così forte che riuscì a salvarsi a malapena, miagolando
disperatamente. Allora Shoken radunò diversi gatti del quartiere famosi per il
loro coraggio e li fece entrare nella stanza. Il topo rimaneva seduto,
raggomitolato in un angolo, e appena uno dei gatti gli si avvicinava gli
saltava addosso e lo mordeva, facendolo fuggire. Aveva un atteggiamento così feroce
che nessun gatto osava riprovarci nuovamente. Allora il padrone di casa, in
preda alla rabbia, iniziò a corrergli dietro lui stesso per ucciderlo, ma il
topo evitava tutti i colpi del celebre Maestro di Kendô, che finivano
per distruggere porte, pareti, specchi ed altri oggetti, mentre il roditore,
rapido come il lampo, riusciva a schivare ogni suo movimento. Infine,
saltandogli al viso, fini per morderlo.
Alla fine, grondante di sudore, Shoken chiamò il suo
servitore, dicendogli: "Sembra che a sei o sette cho da qui [Cho =
unità di misura corrispondente circa a 109 m. -ndt.] viva il gatto più
coraggioso del mondo. Va' e portamelo!"
Il servitore gli portò il gatto. Era invero una gatta,
che non sembrava aver nulla di diverso dagli altri gatti, e dall'aspetto né
particolarmente intelligente, né pericoloso. Anche il Maestro di spada non le
concesse una particolare fiducia; le apri comunque la porta e la fece entrare.
Calma e silenziosa, come se non dovesse accadere nulla di
particolare, la gatta avanzò nella stanza. Il topo sussultò e rimase immobile.
Con la più grande naturalezza la gatta gli si avvicinò lentamente, lo prese in
bocca e lo portò fuori.
Alla sera, tutti i gatti sconfitti si riunirono nella
casa di Shoken. Rispettosamente, offrirono alla vecchia gatta il posto d'onore,
le si inginocchiarono davanti e dissero umilmente: "Abbiamo tutti la
reputazione di gatti coraggiosi. Ci siamo sempre allenati affilandoci le unghie
e vincendo qualsiasi topo, lontra o donnola. Mai avremmo potuto credere all'esistenza
di un topo così forte. Con quale arte avete potuto vincerlo così facilmente?
Svelateci il vostro segreto!"
Allora la vecchia gatta rise e disse: "Voi, giovani
gatti, siete senz'altro coraggiosi, ma ignorate la vera Via. È per questo che
non conquistate il successo quando vi confrontate con qualcosa che non
conoscete. Ma innanzitutto ditemi: come vi siete allenati?"
Un gatto nero s'avvicinò e disse: "Sono il
discendente di una famiglia celebre per quanto riguarda la cattura dei topi, e
anch'io decisi di proseguire nella stessa Via. Posso saltare sopra paraventi
alti due metri, so introdurmi in aperture minuscole dove solo un topo può
entrare; da piccolo mi sono allenato in tutte le arti acrobatiche. Anche quando
sono sveglio da poco, quando non sono completamente presente, nel momento in
cui riprendo le forze, se vedo un topo correre su una trave lo acchiappo con un
balzo. Ma questo è il topo più forte che abbia mai incontrato. È la sconfitta
più terribile che abbia mai subito, e me ne vergogno."
La vecchia gatta rispose: "Ciò in cui ti sei
allenato non è null'altro che tecnica [Shosa arte solamente fisica].
Quando gli antichi insegnavano una tecnica, questa era in realtà una delle
forme della Via (Michisuji). La loro tecnica era semplice ma racchiudeva la più
grande saggezza. Nel mondo d'oggi ci si occupa solo della tecnica; certamente,
molte cose sono state inventate usando le ricetta 'A condizione di fare
questo o quello si ottiene questo o quello...'. Ma cosa si ottiene?
Nient'altro che dell'abilità. Abbandonando la Via tradizionale, usando
l'intelligenza ed abusandone, si instaura la competizione nella tecnica, e non
si avanza più. Succede sempre così: non si pensa a null'altro che alla tecnica,
e ci si serve solo dell'intelligenza: questa senza dubbio è una funzione dello
Spirito (Ki), ma se non è radicata nella Via, puntando solamente all'abilità
diventa il germe della falsità, ed il risultato sarà nefasto. Riprenditi,
dunque, ed allenati nel senso giusto!".
Si avvicinò allora un grosso gatto tigrato, dicendo:
"Penso che sia unicamente lo spirito (Ki) che conta nell'arte
cavalleresca; mi sono sempre esercitato in questo potere (Ki voneru). Ora mi
sembra che il mio spirito sia duro come l'acciaio e libero, pieno dello spirito
che riempie il cielo e la terra. Appena avvistato il nemico, la potenza di
questo spirito lo incanta immediatamente, dandomi una sicura vittoria. Solo
allora mi avvicino, senza riflettere, e mi oriento secondo l'Io del mio
avversario. È la mia volontà che incanta il topo: a destra, a sinistra,
controllo ogni suo movimento. Quanto alla tecnica non me ne preoccupo: viene da
sola. Un topo che corre su una trave: mi basta fissarlo che già cade, ed è mio.
Ma questo è un topo giunto senzaforma, se ne è andato senza lasciar
tracce. Che cos'è? Lo ignoro".
La vecchia gatta rispose: "Ciò per cui ti sei tanto
sforzato non è altro che forza fisica. Non traspare quel bene che merita il
nome di 'bene'. Il solo fatto di esser cosciente del potere di cui vuoi
servirti per vincere è sufficente per vanificare la tua vittoria. Il tuo Io
entra in gioco, ma se l'Io dell'avversario è più forte del tuo, cosa succederà?
Se vuoi vincere il nemico grazie unicamente alla tua forza superiore, egli ti
opporrà la sua. Credi di essere il solo ad esser forte, e tutti gli altri
deboli? Ma come ti comporterai di fronte a qualcosa che non potrai vincere,
neanche con la migliore volontà o con la tua forza, anche se superiore? Ecco il
problema. La forza spirituale che serbi in te 'dura come l'acciaio, libera e
che riempie il cielo e la terra' non è la grande Potenza (Ki-no-sho), ma solo
un suo riflesso; il tuo spirito, solo un'ombra del grande Spirito. Sembra
questa grande potenza, ma in realtà è tutt'altra cosa. Lo Spirito di cui parla
Mencio è forte perché è illuminato da una permanente chiaroveggenza. Ma il tuo
spirito può disporre della sua potenza solo a determinate condizioni. La tua
forza e quella di cui parla Mencio hanno un'origine diversa e diverso è il loro
effetto. Sono talmente opposte tra loro da poter paragonarle alla corrente
eterna dello Yang-Tze-Kiang e ad una marea notturna improvvisa. Ma in presenza
di ciò che non può essere vinto da alcuna forza spirituale contingente (Kisei)
quale spirito manifestare? Dice il detto: 'Un topo intrappolato morde persino
il gatto'. Il nemico, di fronte alla morte non è legato più a nulla: dimentica
la sua vita, dimentica ogni bisogno, dimentica sé stesso, è libero di vincere o
perdere; non mira più a preservare la propria esistenza. Ed è così che la sua
volontà diventa acciaio. Come si può vincerlo, con una forza spirituale che ci
si è attribuiti da soli?"
Giunse un gatto grigio più anziano, che s'inchinò e
disse: "Sì, in verità è come dice lei. La potenza fisica, anche se enorme,
ha in sé unaforma (Katachi), e tutto ciò che ha forma, anche se impalpabile,
può essere percepito e compreso. Ecco perchè ho sempre esercitato il mio Cuore
[Kokoro=la potenza del Cuore]. Non sono io che esercito questo potere capace di
sconfiggere spiritualmente l'avversario (l' "Io" del secondo gatto);
non combatto neanche (come il primo gatto). Mi "accordo" con colui
che è di fronte a me, mi unisco a lui non opponendomi in alcun modo. Quando
l'altro è più forte di me cedo, mi abbandono per così dire alla sua volontà; la
mia arte consiste nell'afferrare una gettata di ghiaia con una rete flessibile;
il topo che desidera attaccarmi, anche se forte, non troverà nulla su cui
appoggiarsi, nulla da cui poter slanciarsi. Ma questo topo non è stato al
gioco. È arrivato ed è partito, inafferrabile come una divinità. Non ho mai
visto nulla di simile."
La vecchia gatta rispose: "Ciò che tu chiami
conciliazione non procede dall'Essere, dalla grande Natura: è una conciliazione
voluta, artificiale, un'astuzia. In maniera conscia, vuoi sfuggire all'aggressività
del nemico. Ma se ci pensi, egli si rende conto furtivamente delle tue
intenzioni, quindi, se manifesti un tale atteggiamento di conciliazione il tuo
spirito che era pronto ad attaccare viene turbato, come la base della tua
percezione ed i tuoi atti. Tutto ciò che intraprendi consciamente ostacola la
Vibrazione originaria della grande Natura, disturba il suo sorgere dalla fonte
segreta ed il corso del tuo movimento spontaneo.
"Da dove viene allora l'efficacia miracolosa?
Unicamente non pensando a nulla, non volendo nulla, non facendo nulla,
abbandonandosi nel movimento della vibrazione dell'Essere; solo così la tua
forma diverrà inafferrabile. Niente in questo mondo nasce privo di forma. Solo
così nessun nemico potrà resistere. Non penso assolutamente che tutto quello
che state cercando di raggiungere non abbia valore: tutto e qualsiasi cosa può
divenire un modo di seguire la Via; tecnica e Via possono identificarsi. In
questo caso il grande Spirito, l' "agente", è integrato in essa e si
manifesta nell'azione del corpo. La forza del grande Spirito (Ki) serve la
persona umana (Ishi). Colui che ha liberato il suo Ki può affrontare
ogni cosa nel giusto modo, nella sua libertà infinita. Al momento di
combattere, senza servirsi di una forza particolare, il suo spirito in
attitudine di Conciliazione non cederà né all'oro né alla pietra. Una sola cosa
è importante: che anche la più minuscola traccia di coscienza di sé non entri
in gioco, altrimenti tutto è perduto. Se si pensa allo scopo, anche solo per un
istante, tutto diventa artificiale, non procede più dall'Essere, dalla
vibrazione originaria della "Via-Corpo" (do-Tai): allora il nemico vi
resisterà. Quindi, quale arte è bene utilizzare, ed in che modo? Solo nel
momento in cui sarete liberi da ogni coscienza dell'Io (Mu-shin), solamente
agendo "senza agire", senza intenzione o astuzia, in armonia con la
grande Natura, solo allora sarete sulla vera Via. Abbandonate ogni intenzione,
esercitatevi nella non-intenzionalità, e lasciate agire l'Essere. Questa Via è
inesauribile, senzafine".
La vecchia gatta aggiunse poi qualcosa di stupefacente:
"Non crediate che quanto vi ho appena detto sia quanto di più elevato
esista. Poco tempo fa, in un villaggio vicino al mio viveva un gatto che
passava le sue giornate a dormire. Non c'era niente che lasciasse supporre la
benchè minima forza spirituale in lui. Era sempre là, sdraiato come un pezzo di
legno. Nessuno l'aveva mai visto prendere un topo. Là dove dormiva e viveva,
così come nei dintorni, non c'erano topi. Un giorno andai da lui e gli chiesi
come si doveva interpretare questo fatto: non vi fu alcuna risposta. Per tre
volte ancora gli posi la stessa domanda: egli continuò a tacere, non perché non
voleva rispondere, ma perché, con tutta evidenza, non sapeva cosa dire. Fu così
che compresi che "Colui che sa qualcosa, non la conosce". Quel gatto
aveva dimenticato sé stesso, ed allo stesso modo tutte le cose attorno a lui:
era diventato "nulla", avendo raggiunto il più alto grado di
non-intenzionalità. Egli aveva trovato, senza alcun dubbio, la divina Via del
Guerriero: Vincere senza uccidere. Io sono ancora lontana da lui".
Shoken ascoltò tutto questo come in un sogno. Si
avvicinò, salutò la vecchia gatta e disse: "Da molto tempo ormai mi
esercito nella Via della Spada (Kendô), e non ne ho ancora raggiunto la fine.
Ho ascoltato il suo discorso, e credo di aver compreso il vero senso del mio
cammino. Ma ora, la prego, dica ancora qualcosa di più sul Suo segreto."
La vecchia gatta rispose: "In che modo? Io sono solo
un animale, e il topo è il mio cibo. Che cosa conosco delle cose umane?
Solamente questo: il senso dell'arte del Kendô non è vincere
l'avversario. O meglio, grazie a quest'arte ad un certo momento si giunge con
la massima chiarezza alla base luminosa della morte e della vita (Seishi wo
akiraki ni suru). Un vero guerriero attraverso l'esercizio dovrebbe impegnarsi
nell'aspetto spirituale dell'arte, nella direzione determinata da questa
chiarezza. Per far ciò bisogna esplorare innanzi tutto la dottrina sui fondamenti
dell'essere, della vita, della morte e dell'ordine della morte (Shi no ri). Ma
solo colui che diviene libero da tutto ciò che può distrarlo dalla Via, e
soprattutto libero dal pensiero che limita e trattiene, può giungere a questa
grande chiarezza. Non turbato, abbandonato se stesso, libero dall'Io e da ogni
cosa, l'Essere ed il suo movimento (Shinki) si manifesterà in tutta la sua
libertà, nel luogo e nel tempo ove ciò sarà neccesario. Ma se il Cuore non è
libero, anche in modo estremamente tenue, anche l'Essere sarà ostacolato ed
immobile; ora, se diviene immobile, chiuso in se stesso, anche l'Io diverrà
immobile fisso in se stesso e in qualcosa che gli si oppone: così due forze si
oppongono e lottano per la propria esistenza e in questo caso le migliori
funzioni dell'Essere, capaci di ogni trasformazione, saranno inibite. Se la
morte appare in quel momento il senso di chiarezza proprio dell'Essere si
perderà. Come si può in una simile condizione affrontare il nemico nel giusto
modo, considerare vittoria e sconfitta con un animo equanime? Anche se si
vincerà sarà una vittoria cieca, che non ha nulla a che vedere col vero senso
della Via della spada.
"Essere libero da ogni cosa non significa affatto il
"Vuoto". In quanto tale, l'Essere non possiede una natura propria:
resta al di là di ogni forma. Nulla si accumula più in esso, in maniera tale
che se si trattiene anche la cosa più infima, la grande Forza viene ostacolata,
e l'equilibrio originario delle forze è perduto. Per poco che l'Essere si trovi
legato ad un oggetto, non è più libero di muoversi, non potrà più scaturire
nella sua piena ed intera abbondanza. Se l'equilibrio che proviene dall'Essere
viene turbato la sua forza, laddove le sarà possibile circolare, scaturirà
malgrado tutto, ma ove non potrà scorrere, non ci sarà nulla da fare.
"Quindi, il concetto di libertà da tutte le cose non
significa altro che questo: non accumulando nulla, non appoggiandosi a nulla e
non fissandosi su nulla non vi è né il forte né il suo opposto, né l'Io né
l'opposto dell'Io. Nel momento in cui accade qualcosa, si incontra questo
evento come inconsciamente, ed esso non lascerà traccia. Si dice nel
"Libro delle Trasmutazioni" (Eki): 'Senza pensare, senza agire, senza
movimento, nel silenzio totale: solo così è possibile testimoniare l'esistenza
dell'Essere e della Legge delle cose dall'interno, e divenire inconsciamente
tutt'uno con il Cielo e la Terra'. Colui che pratica il Kendô e vive
in questo modo, è prossimo alla verità della Via".
Shoken, udendo queste parole, chiese: "Cosa
significa né Io né non-Io, né soggetto né oggetto? ".
La gatta rispose: "Perché esiste l'Io, esiste anche
il suo nemico. Se non ci si manifesta in quanto Io non si manifesterà nemmeno
il proprio avversario. Questo è solo un altro nome per ciò che significa:
opposizione. Fino a quando le cose conserveranno una forma propria, esisterà
sempre una "contro-forma". Ogni volta che qualcosa assume
determinazione, prende una forma particolare. Se il mio essere non viene
concepito come una forma particolare, la sua "contro-forma" non avrà
più ragione d'esistere. Dove non esiste opposizione, non c'è nulla che possa
esservi contro. Questo è il significato di "né Io, né non-lo".
"Se si abbandona completamente il proprio essere, se
si diventa liberi dall'attaccamento ad ogni oggetto, si è in armonia con
l'universo, Uno con tutte le cose, nella grande Solitudine. Se la forma del
proprio nemico svanisce, non ci se ne accorge, ovvero non ci si arresta: lo
spirito si muove, continuamente libero da ogni legame, e risponde
semplicemente, agendo con pari semplicità dal profondo dell'essere. Se lo
Spirito è libero da ogni occupazione, il mondo corrisponderà tale e quale al
nostro mondo, formando con noi un'unità. Lo si potrà cogliere aldilà del bene e
del male, della simpatia o dell'antipatia: non si sarà più turbati o legati a
nulla. Ogni opposizione: guadagno e perdita, bene e male, gioia e sofferenza,
sorgono da noi stessi, ed è per questo che nell'immensità del Cielo e della
Terra nulla merita d'esser compreso più che il proprio essere. Un poeta antico
disse:
Un granello di polvere nell'occhio
e i tre mondi saranno troppo piccoli.
Se non ci si sofferma più su nulla
il letto più piccolo sarà ancora grande.
e i tre mondi saranno troppo piccoli.
Se non ci si sofferma più su nulla
il letto più piccolo sarà ancora grande.
Questo significa: se un granello di polvere penetra
nell'occhio, questo non potrà più aprirsi, poichè una visione chiara è
possibile a condizione che l'occhio sia vuoto. Possa quest'immagine servirci da
parabola riguardo all'essere, che è luce illuminante e libera in sé da ogni
cosa. Un'altro poeta disse:
Circondato da contomila nemici, in quanto forma sarei
schiacciato.
Ma l'Essere è e resterà mio per quanto il nemico sia forte.
Nessun nemico potrà mai penetrarlo.
Ma l'Essere è e resterà mio per quanto il nemico sia forte.
Nessun nemico potrà mai penetrarlo.
Confucio disse: "Anche l'essere di un uomo semplice
non può essere rubato". Ma se lo spirito è turbato, l'Essere si rivolterà
contro di noi. È tutto ciò che posso dirle. Ora si raccolga e cerchi in lei
stesso".
Un maestro può solo dare delle nozioni al suo discepolo,
esporgli la sua opinione. Ma io solo sono capace di riconoscere la Verità, di
integrarla. Questo si chiama "Integrazione di sé" (Jitoku). La
trasmissione avviena da cuore a cuore (I shin den shin), ed è aldilà della
dottrina e dell'erudizione (kjogai betsuden). Non significa "non contraddire
il Maestro". Vuol dire semplicemente: anche un Maestro non saprebbe
trasmettere la Verità. Questo non è valido unicamente per lo Zen.
A partire dagli esercizi spirituali degli antichi,
passando per la cultura dell'anima fino alle arti, l'integrazione di sé rimane
sempre il nucleo centrale, ed essa è trasmissibile unicamente da cuore a cuore.
Ogni insegnamento si limita ad indicare, orientare verso ciò che già esiste in
se stessi, senza saperlo. Non vi è dunque un segreto che il Maestro possa
"trasmettere" al discepolo: è facile insegnare, è facile ascoltare;
il difficile è prendere coscienza di ciò che esiste già in sé, trovarlo e
prenderne realmente possesso. Questo si chiama "Guardare nel proprio
essere, visione dell'Essere" (ken-sei, ken-sho).
Se ciò avviene vi sarà il Satori: il grande Risveglio dal
sogno, dalle illusioni.
Risvegliarsi, guardare all'interno del proprio essere,
comprendere la Verità del Sé: tutto questo è la stessa cosa.
Karlfried von Diirckheim
Pubblicato da fiore selvatico
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