In Sardegna un uomo di 60 anni vanta un credito di 350 MILA euro nei confronti del fisco. Minaccia di suicidarsi. La confederazione italiana agricoltori ci avvisa che 250 MILA imprese agricole rischiano di chiudere. Due esempi, di oggi, che rendono l'idea della velocità con la quale stiamo precipitando. Ogni giorno non mancano notizie della stessa gravità. Lor signori dei palazzi e delle lobbettine invece pensano a come salvaguardare le tasse, la loro rendita parassitaria, che poi girano ai loro padroni banchieri. Non solo, la principale preoccupazione di taluni ministri è diventata quella di aggiungere alla metà della popolazione disoccupata italiana altri disoccupati dal resto del mondo che dovrebbero trovare il paradiso qui. Si divertono sulla pelle degli altri.
Barbara
Via tutte le tasse, ecco perchè si può
di Alessandro De Angelis
Da sempre, la cultura è stata monopolio esclusivo dei detentori del potere e quest'ultimo èstato spesso utilizzato dalla classe dominante per discriminare i popoli, assoggettandoli tramite manipolazioni strumentali che passeranno sempre e comunque attraverso inganni che riescono a estrinsecarsi grazie all'ignoranza dei popoli.
Così l'economia, da sempre vista con osticità dalle masse per la sua incomprensibilità, è da secoli stata lo strumento più efficace al fine di coercizzare i popoli. Ben vengano, quindi, econom isti e scrittori che cercano di svelare i meccanismi ingannevoli con cui gli economisti e le banche centrali hanno schiavizzato gran parte della popolazione mondiale, togliendo la dignità della vita e fomentando guerre tra poveri, al fine di trarne vantaggi personali.
In realtà l'economia, al di fuori dell'osticità delle parole, è molto semplice, così come i meccanismi di truffa – e quindi l'inesigibilità del debito pubblico, creato attraverso queste frodi – che le possono essere intrinsecamente annessi. Se si provasse a chiedere, a persone di medio livello culturale, il motivo per cui si debbono pagare le tasse, la maggior parte di esse darebbe una risposta perlomeno scontata: «le tasse servono per pagare gli impiegati statali e tutti coloro che lavorano per lo stato, per costruire infrastrutture, per la scuola, la sanità, per finanziare la ricerca e per gli ammortizzatori sociali». Se avete mai sentito una risposta del genere, sappiate che ciò non corr isponde a verità. Partiamo da un presupposto semplice: i produttori di beni e servizi siamo noi. Per scambiare ciò che produciamo, nell'antichità veniva usato il sistema del baratto; successivamente, venne introdotta la moneta, al fine di attuare la semplificazione degli scambi.
I beni e i servizi che vengono prodotti da uno stato vengono valutati in PIL (Prodotto Interno Lordo, in inglese gross domestic product o GDP): se la quantità di denaro che si stampa è superiore al PIL si genera inflazione, con conseguente abbassamento del potere d'acquisto delle persone, se esso è inferiore si genera una rarefazione monetaria (fenomeno cui siamo oggi soggetti) con conseguente recessione, perdita di posti di lavoro, aumento degli ammortizzatori sociali e via dicendo. Pertanto è essenziale che, da parte degli stati, si emetta una quantità di moneta pari al PIL prodotto. È ovvio che la moneta, essendo lo strumento utilizzato per scambiare ciò che viene da noi prodotto e realizzato, dovrebbe essere prodotta esclusivamente dallo stato attraverso la propria zecca tipografica, di diritto pubblico.
Se essa viene stampata da qualsiasi ente che non sia puramente statale, e che per giunta addebita la moneta agli stati – anziché accreditarla –, comportandosi come una semplice tipografia, si corre il rischio di cadere sotto un regime dittatoriale in cui i titolari della moneta si appropriano di tutti i beni e servizi prodotti dal popolo e dunque dallo stato. Questo è quanto succede sotto l'egida della BCE (Banca Centrale Europea) in Europa e sotto la FED (Federal Reserve System) in America. Difatti, il debito pubblico è addirittura maggiore di tutta la moneta circolante e ciò trova spiegazione nel fatto che, oltre ad addebitare la moneta agli stati, vengono applicati anche interessi sui titoli di debito pubblico che gli stati stampano come contropartita del denaro che ci viene prestato. È quindi chiaro che uno stato che non abbia la propria sovranità monetaria perda la propria autonomia, relegandosi di fatto sotto la dittatura dell'oligarchia bancaria, dove la banche centrali, invece di essere enti di proprietà pubblica, sono invece proprie delle S.p.A. private.
Proviamo per un momento a immaginare che, dopo aver lavorato per un intero mese, qualcuno venga a sottrarvi il vostro stipendio, ponendovi peraltro degli interessi su di esso. Dopo un certo periodo di tempo, essi si approprieranno anche della vostra casa o di altri vostri possedimenti, così come allo stesso modo le banche centrali si appropriano dei beni dello stato – e quindi dei nostri –, come autostrade, fonti energetiche, poste, telecomunicazioni ecc. Se questo succedesse a voi direttamente, vi ribellereste immediatamente, denunciando e mandando in galera il ladro che vi ha depauperato. L'amara morale della vicenda è che, trasportata su piano nazionale, essa risulta drasticamente appropriata per descrivere l'attuale stato di cose nonché la presente situazione politica americana ed europea. Tornando dunque alla domanda iniziale, a cosa servono le tasse, se uno stato avesse una propria sovranità monetaria?
Se lo stato è in grado di stampare moneta pari al valore sommario del PIL, che senso avrebbe far tornare indietro nelle sue casse parte dei soldi che ha stampato, quando potrebbe stamparne altri senza generare inflazione? Sin dall'antichità, l'unico scopo della tassazione da parte degli stati, o degli imperi, era unicamente quello di far sì che la ricca classe aristocratica o senatoria non riuscisse ad accumulare grandi quantità di denaro – e quindi di potere – con un presunto fine di arrivare a compiere un golpe di stato. Basterebbe, quindi, una patrimoniale che venga applicata sopra un certo reddito per evitare questa infausta situazione. La principale questione, essenziale da espletare per il risanamento del debito, è la perdita della nostra sovranità monetaria, che esercitiamo unicamente sulle monete metalliche, e l'iniquo addebito del denaro stampato – o creato elettronicamente dal nulla – dalle banche centrali, anziché un più corretto accredito, compiendo un usura del il 200%, nonostante il denaro non abbia più una convertibilità in oro.
Tutto questo sta facendo in modo che gli stati e i popoli siano stati resi schiavi di una élite di banchieri, grazie anche alla compiacenza del tradimento dei politici, precludendo il nostro presente e il futuro dei nostri figli, nonché la dignità di noi tutti. Personalmente, auspico che se un giorno riusciremo ad abbattere questa dittatura si faccia di tutto affinché, corrotti e corruttori, subiscano le giuste conseguenze delle loro azioni e vengano espropriati di tutti i beni illecitamente – e a nostre spese! – accumulati.
Alessandro De Angelis
scrittore e ricercatore antropologo
Altro giornale
Pensiero creativo: vietato agli economisti?
Posted By Alberto Medici On 5 maggio 2013
Domanda: è possibile collegare tutti e 9 i puntini sopra, con solo 4 segmenti retti (senza curve), collegati fra di loro (senza cioè staccare la penna dal foglio)?
In questo come in molti altri gochi del genere, esiste di solito una difficoltà che deriva dai limiti che il partecipante si auto-impone: limiti, si badi bene, che non sono contenuti nell’enunciato del gioco, ma che, per convenzione, per abitudine, per tradizione, sono in qualche misura “dati per scontati“.
Per questo si usa il modo di dire: “to think out of the box“: per risolvere un problema apparentemente insolubile bisogna avere la capacità di abbandonare schemi consolidati, affrontare nuovi percorsi, strade mai battute prima. A pensarci bene, è il cosiddetto “uovo di Colombo“: nessuno dei partecipanti avrebbe mai pensato che si potesse rompere, schiacciandolo alla base: eppure, nelle ipotesi iniziali non si era detto “… senza romperlo“.
Da qualche parte ho letto che se si mette un’ape in una bottglia di vetro trasparente rovesciata con l’imboccatura verso il basso, questa cercherà ostinatamente di uscire andando verso l’alto, perchè, nel suo DNA è scritto che l’uscita è verso l’alto. E morirà nella bottiglia, impossibilitata a pensare che possa esistere una soluzione opposta a quella che il suo istinto le dice. Mentre una mosca, convenzionalmente vista come più stupida dell’ape (avete presente la grande capacità organizzativa delle api? Le loro gerarchie, le procedure, ecc.? Tutto un altro mondo rispetto ad una stupida, individualista mosca) a forza di provare, sbattere e risbattere, prima o poi uscirà dal basso della bottiglia.
Mi vengono in mente queste considerazioni quando ascolto economisti, politici, pensatori, maestri, ecc. che parlano della crisi economica. E il loro disperato affannarsi intorno a un punto in più o in meno di IVA, o IMU sì o IMU no, e facciamo ripartire lo sviluppo, ma sì riparte, ma no non riparte, e diamo qualche stimolo all’economia, e via dicendo, mi ricorda tanto lo sbattere continuo, ostinato dell’ape sull’alto della bottiglia, contro il vetro duro. Loro non sono in grado di abbandonare alcune verità intoccabili, come quella, ad esempio, che il denaro è una convenzione, e che non è detto che perchè negli ultimi 250 anni è sempre stato creato da banchieri privati che si sono impadroniti del mondo, con questo meccanismo, debba sempre andare così. Niente. Non riescono ad immaginare un sistema diverso, e anzi si offendono (uno per tutti: Oscar Giannino) se qualcuno osa proporre qu alcosa di diverso. In una trasmissione televisiva, durante la campagna elettorale, alla Francesca Salvador che accennava al signoraggio, Giannino osò rispondere che lui aveva studiato, commenttendo un triplice errore:
primo, dava dell’ignorante alla contropoarte;
secondo, non rispondeva nel merito ma si trincerava dietro ad una presunta competenza (che però non gli bastava per rispondere nello specifico),
terzo, col senno di poi, quando si scoprì delle lauree finte, avrebbe fatto certamente meglio a stare zitto.
Non abbiamo bisogno di economisti che, come i cani di Pavlov, rispondono in coro addestrati secondo le direttive che le scuole di economia, finanziate dal sistema bancario, hanno inculcato loro. Abbiamo bisogno di chi sappia usare l’intelligenza senza conflitti di interesse e senza paura di osare il nuovo.
PS: la soluzione al giochino di sopra è qui sotto. Il limite che di solito ci si impone, in questo caso, è quello di non uscire dal perimetro del quadrato; limite che, ovviamente, non è assolutamente stato detto nell’enunciato del problema.
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