"THE END"

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giovedì 9 maggio 2013

LA GRANDE SOLITUDINE

Ciò che oggi accomuna e aggrega i soggetti sociali, è la condivisione della solitudine. Un atto di codardia di massa, una condizione di dipendenza psicologica che nel “male comune mezzo gaudio” trova la risposta ad un disagio esistenziale patologico. In verità tali soggetti, si detestano, si odiano e si disprezzano reciprocamente, non sopportandosi per definizione e proiettando sugli altri, tutti quelli che sono in realtà i loro difetti.

Tutto ciò è molto singolare se partiamo dal fatto che si tratta di individui omologati appiattiti sull’idea dominante e condivisa, imposta dal Sistema Potere.
Ci si aspetterebbe di fatto, comportamenti e atteggiamenti volti alla solidarietà, alla comune comprensione, ad una cristiana accettazione delle circostanze, contrariamente da quello stato di astio e livore che li caratterizza.

Solitamente, in tempi “normali”, la condizione di schiavitù, di subalternità sociale e di emarginazione, compattava gli individui dentro una sorta di patto non scritto, sancito dalle comuni intenzioni di riscatto che si esprimevano in una lotta di classe (armata o civile che fosse) al fine di ripristinare i diritti violati o elusi, l’equità sociale e il valore della dignità.

Ma di questi tempi (tempi bui), dove tutto è ribaltato e relativizzato, ogni concetto di logica, raziocinio e di capacità critica, tradiscono ogni loro autentico e più profondo significato. E per tanto, i nuovi e moderni soggetti sociali, ben lungi dall’idea di vivere un’esistenza solitaria e autonoma, si adeguano a coabitare spalla a spalla in caotiche, velenose e assordanti metropoli, allo scopo di condividere la loro frustrazione e repressione, le fobie, le angosce e quel pungente tormento depressivo che scandisce ogni attimo della loro triste vita.



La forza di volontà, poi, che aveva la funzione, lo scopo e la potenza di produrre diversità e merito, è venuta meno, per trasfigurare in omologazione e supina accettazione; cause, a loro volta, di in un martirio incompreso, risultato estremo di un autolesionismo indotto.
Questo singolare individuo moderno, è il solo e unico attore protagonista, regista e sceneggiatore, di una commedia dell’orrore, nella quale ha trasformato la sua vita.

Siamo uomini monchi, perché privi del sentimento della passione, dalla quale ricavare le risposte ai nostri interrogativi e, senza la quale, non può esistere alcuna forma di vita, essendo, la nostra esistenza, una sua estensione.
Il frenetico adoperarsi di api e formiche, nel loro instancabile e incessante andirivieni strutturato da regole ferree e codici etici, è l’espressione di una volontà e di un’intelligenza superiore che attingono la loro energia nel sentimento della passione. Oggi, non siamo che cicale e termiti!

Gli stessi “schiavi” d’Egitto, innalzarono le piramidi sotto la spinta propulsiva di una smisurata passione. E non era il denaro, il potere e la vanità, lo spartiacque fra la gioia e il dolore, fra la vita e la morte e fra la bellezza e l’orrore, ma quella capacità di amare e di sperare che, da sempre, avevano contraddistinto gli individui delle civiltà del passato – un mondo perfetto, messo a tacere per sempre, dalla stupidità dell’uomo moderno.

Siamo uomini incompiuti, perché privi della forza di volontà, costantemente riversi su noi stessi, relegati dentro un labirinto di parole in virtù delle quali immaginiamo (attraverso un’analisi introspettiva di natura opportunistica), di trovare una motivazione logica alla nostra condizione di parassiti della società.L’uomo senza volontà, ha sostituito all’azione e ai fatti, le attenuanti e l’auto-commiserazione al fine di prescrivere ed assolvere la sua indolenza fisica e morale e rendere legittime ogni debolezza, dipendenza e paura.

Questo soggetto (privo di volontà), è incline al servilismo, alla diffamazione e al tradimento, tratti caratteriali di un’indole epurata da ogni oggettivo parametro di riferimento, scale di valori e buon senso.Quest’uomo non è capace di veri sentimenti ai quali predilige una grottesca messinscena, permeata di enfasi, costernata commozione e sentita preoccupazione.

Per questo tipo di individui, in stato di dissociazione perenne, il confine fra la finzione e la realtà (con il tempo e la pratica costante) viene azzerato, incorrendo, così, nel serio rischio di non sapere più distinguere l’una dall’altra.
Del resto, anche la qualità e la forza delle emozioni sono il risultato di impegno, di consapevolezza e discernimento, e tutte, fanno capo a quell’impulso rigeneratore e rivoluzionario che trasforma l’uomo in credente: la volontà.


Gianni J. Tirelli

http://caneliberonline.blogspot.it/

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