L’idea viene dagli Stati Uniti e si inserisce perfettamente nel dibattito italiano sull’IMU. Lui è Dean Baker, condirettore del Center for Economic and Policy Research di Washington D.C., che da anni si occupa di politiche sociali finalizzate a conseguire una maggiore inclusività e una più equa redistribuzone del reddito. Premessa alla sua proposta, ci tiene a evidenziare Baker in una lunga chiacchierata con Linkiesta, è che prima di tutto la politica di austerità oggi tanto in voga a Bruxeles e Berlino va ripensata in maniera profonda. Ma in assenza di una svolta radicale che lo stesso Baker dubita, il condirettore del centro studi di Washington ha escogitato un piano B che potrebbe, almeno nel corto periodo, dare una mano ai paesi del sud Europa.
«In presenza di una moneta unica, uno dei tanti obiettivi dell’austerità è quello di svalutare internamente il costo del lavoro in modo da far riguadagnare ai paesi meno ‘virtuosi’ maggiore competitività rispetto alla Germania. C’è però un altro elemento su cui si potrebbe fare leva per svalutare: le proprietà immobiliari. è li che paesi come l’Italia possono andare a colpire», spiega a Linkiesta. Le ragioni sono tante. La prima: abbassare il costo del lavoro non è un processo facile o possibile nel breve periodo. Servono almeno dieci anni a causa di numerose resistenze interne. E se le politiche di svalutazione si concentrano soltanto sul costo del lavoro la stagnazione economica è quasi garantita per i prossimi dieci anni.
La seconda: far scendere il valore delle proprietà è un processo molto più rapido e indolore. Cosa fare dunque? Colpire case, edifici e immobili lasciati sfitti attraverso un’imposta pari all’1 per cento del valore catastale dell’immobile (questo non tiene conto degi squilibri catastali presenti in Italia e andrebbe probabilmente tarata in base alle esingenze del territorio). Questa andrebbe ad aggiungersi all’imposta sulla proprietà che la casa deve già pagare (in Italia l’IMU per la case sfitte è già leggermente più alto) e costrigerebbe i propretari di edifici vuoti a vendere o ad affittare forzando i prezzi verso il basso.
Questo a sua volta aiuterebbe chi paga l’affitto, solitamente la parte meno abbiente della popolazione e quella più giovane, le categorie che in Italia soffrono di più la crisi. Spiega Baker: «Diciamo che dopo un anno il prezzo medio degli affitti scende del 10 per cento. Consideriamo anche che una famiglia di reddito medio-basso spende tra il 30 e il 50 per cento del suo stipendio per affitto. Se il prezzo cala del 10 per cento ne consegue che il reddito disponibile aumenta per un valore compreso tra il 3 e il 5 per cento. Reddito che andrebbe ad aumentare i consumi interni».
Guardiamo più nel dettaglio il caso Italia. Dati su appartamenti, case ed edifici vuoti presenti sul nostro territorio sono nebulosi (una bella iniziativa di Salviamo il Paesaggio da mesi raccoglie i numeri con l’aiuto dei comuni senza però essere ancora giunta ad una conclusione). Quello che si può fare è comunque provare a fare una stima approssimativa. Secondo i dati Istat citati da Salviamo il Paesaggio a Linkiesta lo stock nazionale di edifici è oggi superiore ai 14 milioni, l’11 per cento in più rispetto al 2001. In particolare gli edifici residenziali sono aumentati del 4,3 per cento nel corso del decennio, raggiungendo la cifra di 11.714.262. Le abitazioni sono invece 28.863.604, il 5,8 per cento in più del 2001. Di queste, circa l’83 per cento (23.998.381) risulta occupato da persone residenti. Le abitazioni vuote sono dunque poco meno di 5 milioni. Ancora più nello specifico prendiamo Roma.
Secondo i dati dell’Istituto Ambiente nella capitale ci sono circa 245mila abitazionisfitte e 30mila persone in attesa di un alloggio popolare. Perchè allora costruirne di nuove? Un ottimo documentario realizzato da 101 Film mostra le conseguenze e la reazione degli abitanti locali ai progetti di nuova costruzione sul Comprensorio Casilino, periferia est di Roma: «La fine dell’unico spazio verde in uno dei quartieri più densamente popolati d’Italia», sintetizza aLinkiesta Davide Morandini, tra i produttori del documentario. La domanda sorge allora spontanea: invece di costruire perchè non cercare di implementare la tassa proposta da Baker per far abbassare i prezzi degli affitti e accomodare almeno alcune delle persone sulla liste per le case popolari?
Qualcuno critica l’imposta Baker perchè la sua implementazione punirebbe i proprietari di case. A queste critiche l’analista americano risponde asciutto che ci sarà chi perde, ma che il processo di riaggiustamente dei prezzi mmobiliare è un processo già avviato che la la sua politica accelererebbe soltanto. «Il problema – conclude – non è una coppia di cinquant’anni si ritrova con un appartamento che vale 250mila euro invece che 280mila euro. La causa è la bolla speculativa che si è creata e il colpevole è chi ha lasciato che si formasse. Bisogna anche capire che quella che propongo è una politica di redistribuzione del reddito e che siccome qualcuno deve perderci è meglio che sia chi una casa c’è l’ha piuttosto che chi un affitto fatica a pagarselo».
Fonte: http://www.linkiesta.it/tassa-case-sfitte#ixzz2UNlssqgQ
http://www.informarexresistere.fr/
«In presenza di una moneta unica, uno dei tanti obiettivi dell’austerità è quello di svalutare internamente il costo del lavoro in modo da far riguadagnare ai paesi meno ‘virtuosi’ maggiore competitività rispetto alla Germania. C’è però un altro elemento su cui si potrebbe fare leva per svalutare: le proprietà immobiliari. è li che paesi come l’Italia possono andare a colpire», spiega a Linkiesta. Le ragioni sono tante. La prima: abbassare il costo del lavoro non è un processo facile o possibile nel breve periodo. Servono almeno dieci anni a causa di numerose resistenze interne. E se le politiche di svalutazione si concentrano soltanto sul costo del lavoro la stagnazione economica è quasi garantita per i prossimi dieci anni.
La seconda: far scendere il valore delle proprietà è un processo molto più rapido e indolore. Cosa fare dunque? Colpire case, edifici e immobili lasciati sfitti attraverso un’imposta pari all’1 per cento del valore catastale dell’immobile (questo non tiene conto degi squilibri catastali presenti in Italia e andrebbe probabilmente tarata in base alle esingenze del territorio). Questa andrebbe ad aggiungersi all’imposta sulla proprietà che la casa deve già pagare (in Italia l’IMU per la case sfitte è già leggermente più alto) e costrigerebbe i propretari di edifici vuoti a vendere o ad affittare forzando i prezzi verso il basso.
Questo a sua volta aiuterebbe chi paga l’affitto, solitamente la parte meno abbiente della popolazione e quella più giovane, le categorie che in Italia soffrono di più la crisi. Spiega Baker: «Diciamo che dopo un anno il prezzo medio degli affitti scende del 10 per cento. Consideriamo anche che una famiglia di reddito medio-basso spende tra il 30 e il 50 per cento del suo stipendio per affitto. Se il prezzo cala del 10 per cento ne consegue che il reddito disponibile aumenta per un valore compreso tra il 3 e il 5 per cento. Reddito che andrebbe ad aumentare i consumi interni».
Guardiamo più nel dettaglio il caso Italia. Dati su appartamenti, case ed edifici vuoti presenti sul nostro territorio sono nebulosi (una bella iniziativa di Salviamo il Paesaggio da mesi raccoglie i numeri con l’aiuto dei comuni senza però essere ancora giunta ad una conclusione). Quello che si può fare è comunque provare a fare una stima approssimativa. Secondo i dati Istat citati da Salviamo il Paesaggio a Linkiesta lo stock nazionale di edifici è oggi superiore ai 14 milioni, l’11 per cento in più rispetto al 2001. In particolare gli edifici residenziali sono aumentati del 4,3 per cento nel corso del decennio, raggiungendo la cifra di 11.714.262. Le abitazioni sono invece 28.863.604, il 5,8 per cento in più del 2001. Di queste, circa l’83 per cento (23.998.381) risulta occupato da persone residenti. Le abitazioni vuote sono dunque poco meno di 5 milioni. Ancora più nello specifico prendiamo Roma.
Secondo i dati dell’Istituto Ambiente nella capitale ci sono circa 245mila abitazionisfitte e 30mila persone in attesa di un alloggio popolare. Perchè allora costruirne di nuove? Un ottimo documentario realizzato da 101 Film mostra le conseguenze e la reazione degli abitanti locali ai progetti di nuova costruzione sul Comprensorio Casilino, periferia est di Roma: «La fine dell’unico spazio verde in uno dei quartieri più densamente popolati d’Italia», sintetizza aLinkiesta Davide Morandini, tra i produttori del documentario. La domanda sorge allora spontanea: invece di costruire perchè non cercare di implementare la tassa proposta da Baker per far abbassare i prezzi degli affitti e accomodare almeno alcune delle persone sulla liste per le case popolari?
Qualcuno critica l’imposta Baker perchè la sua implementazione punirebbe i proprietari di case. A queste critiche l’analista americano risponde asciutto che ci sarà chi perde, ma che il processo di riaggiustamente dei prezzi mmobiliare è un processo già avviato che la la sua politica accelererebbe soltanto. «Il problema – conclude – non è una coppia di cinquant’anni si ritrova con un appartamento che vale 250mila euro invece che 280mila euro. La causa è la bolla speculativa che si è creata e il colpevole è chi ha lasciato che si formasse. Bisogna anche capire che quella che propongo è una politica di redistribuzione del reddito e che siccome qualcuno deve perderci è meglio che sia chi una casa c’è l’ha piuttosto che chi un affitto fatica a pagarselo».
Fonte: http://www.linkiesta.it/tassa-case-sfitte#ixzz2UNlssqgQ
http://www.informarexresistere.fr/
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