DI LAURA TUSSI
Per quanto concerne la rappresentazione diretta della violenza, i programmi televisivi ne propongono in abbondanza, mentre altri mezzi di comunicazione si sono imposti varie forme di autocensura. La maggiore assuefazione a tali fenomeni, deriva dal fatto che il contenuto violento è recapitato direttamente in una casa, in una famiglia, al bambino. Da queste preoccupazioni ha preso inizio un assiduo studio di ricerca sui risvolti dell’utilizzo frequente della televisione, soprattutto da parte dei bambini. Risulta abbondantemente dimostrato l’effetto dell’esposizione a questi modelli televisivi sul comportamento di adulti e bambini.
Le modalità in cui la violenza è rappresentata riduce le inibizioni, presentando giustificazioni abbondanti per aggirare le remore morali. L’aggressione fisica è presentata regolarmente come risoluzione ultima dei conflitti, assumendo una connotazione di giustizia e di prestigio. Un’analisi puntuale dei contenuti televisivi dimostra che i maggiori produttori di cadaveri in televisione sono gli eroi positivi ed i supereroi in genere. Il messaggio diretto ed esplicito consiste nel dimostrare che la violenza è lo strumento principale per il trionfo del bene sul male. Favorendo l’identificazione con il modello aggressivo, questa connotazione di valore ne pone in rilievo l’efficacia didattica. Le dinamiche violente ed aggressive dei contenuti televisivi comportano negli atteggiamenti infantili degli stati di emulazione che possono rivelarsi altamente dannosi nelle relazioni tra bambini che manifestano azioni intimidatorie durante i momenti di gioco e di svago con conseguenti atteggiamenti di odio e vendetta tra pari. Il palinsesto televisivo dovrebbe sempre tener conto della influenzabilità e suscettibilità dei bambini che facilmente imitano i personaggi “vincenti” della televisione. Di conseguenza sarebbe necessario proporre contenuti alternativi portatori di valori inerenti l’importanza del dialogo anche tra persone e personaggi differenti, la necessità di una relazione positiva in cui si rispetti sempre l’idea dell’altro, traendone ricchezza e giovamento.
Dall’interazione reciproca non deve scaturire violenza e competizione esasperata, ma ricchezza interiore, creatività, contenuto nei valori del dialogo e della pace che sorgono da un incontro proficuo tra persone, comunque sempre portatrici di implicite differenze ed intrinseche diversità.
Bibliografia
Bandura A., La violenza nella vita quotidiana, in “Psicologia Contemporanea”, 1981
Varin D., in “Vita e Pensiero”, 1985
Winn M., La droga televisiva, Armando, Roma, 1978
FONTE: PSICOPEDAGOGIKA
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