"THE END"

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mercoledì 17 aprile 2013

Stress, emozioni, immunità e malattia

di Maria Vittoria Bossolasco

Quando siamo stanchi e con il morale a terra ci accade con maggior probabilità di ammalarci di influenza o di notare la comparsa sul nostro volto del fastidioso herpes labiale. Lo stress, poi, quando insorge in seguito ad eventi di perdita emozionale e in condizione di lutto, può creare le condizioni favorevoli per la comparsa di malattie più gravi, comportandosi come concausa nell’insorgenza e/o nel decorso di alcuni tumori e delle malattie autoimmuni. Si è anche visto che negli individui infettati dal virus dell’AIDS, e che presentano un tono dell’umore, la sintomatologia è più grave ed il decorso della malattia è influenzato in senso sfavorevole. D’altra parte, da vecchia data ormai è parte della saggezza popolare il detto "il riso fa buon sangue", che ci invita a far leva sul senso dell’umorismo per moderare il calo delle difese immunitarie in condizioni di stress.

Recente è invece la scoperta che il buonumore preserva dalle infezioni, perché in condizioni di stress mantiene le IgA a livelli ancora sufficientemente elevati e stimola la produzione delle beta-endorfine, che potenziano il sistema immunitario. Questi dati, inspiegabili fino a non molti anni fa, trovano ora possibilità di comprensione nella prospettiva psiconeuroendocrinoimmunologica, che rivoluziona il modo di concepire i grandi sistemi dell’organismo e le relazioni che li connettono. Appare ormai assodato che il cervello, il sistema endocrino ed il sistema immunitario comunicano a vari livelli e sono interrelati attraverso un complesso network in cui sono coinvolte molecole informazionali come neuropeptidi, ormoni, citochine e vari recettori, centrali e periferici. In quest’ottica appare verosimile che le emozioni esercitino un ruolo determinante sullo stato di salute psichico e fisico anche attraverso la loro azione sul sistema dello stress, che contribuiscono a regolare o disregolare.

Ogni attivazione emozionale ha la sua struttura portante nel sistema limbico, definito da Eisler una sorta di “contatore Geiger dello stress” per la sua capacità di reagire tempestivamente a qualsiasi tensione o mutamento dell’ambiente esterno e del mondo interiore. Il sistema limbico è composto da un insieme di nuclei posti al confine tra le attività mentali superiori e quelle inferiori, tra cui spicca per importanza funzionale l’amigdala, che si comporta come una sentinella delle emozioni, cogliendo la tonalità emozionale di ogni esperienza, e come archivio delle impressioni e dei ricordi emotivi fin dalla vita prenatale. Quando riceve i segnali di pericolo dalla vista e dall’udito è in grado di attivare il sistema dello stress attraverso le sue efferenze con l’ipotalamo, che ricevendo segnali da varie strutture del sistema nervoso funziona come una centrale di scambio nella regolazione del benessere mente-corpo. Il sistema immunitario è regolato a due livelli: il primo livello è costituito dai meccanismi intrinseci di regolazione posti sotto il controllo genetico e assicurano il funzionamento di base del sistema stesso, il secondo che si sovrappone al precedente e modula la reattività immunitaria nelle sue varie fasi.

Quest’ultimo livello di regolazione è dato da complessi meccanismi nervosi ed endocrini che fanno sì che stimoli di natura emozionale modifichino la suscettibilità alla malattia, attraverso alterazioni della funzionalità immunitaria che possono insorgere sia nel suo versante umorale che in quello cellulare. Tra i tre sistemi relazionali di base, il sistema immunitario è quello caratterizzato dalla maggiore inerzia emozionale e dalla maggiore rigidità degli automatismi di autoregolazione. Questo comporta che le modificazioni del sistema immunitario prodotte da stimoli emozionali siano secondarie alle modificazioni indotte dagli stressor sul sistema endocrino e sul sistema nervoso vegetativo. L’interesse recentemente sviluppatosi per lo studio dei rapporti tra stress e sistema immunitario ha portato a vari studi sperimentali sistematici non solo negli animali ma anche nell’uomo, con risultati molto interessanti. Alcuni studi sembrano fornire interessanti informazioni sui possibili mediatori neuroendocrini implicati. Spesso si è osservato nei soggetti che si sarebbero ammalati, un aumento consistente degli ormoni dello stress, come il cortisolo e l’adrenalina, nei giorni precedenti la comparsa della sintomatologia.

Tuttavia questi dati non permettono di confermare in modo definitivo l’ipotesi che anche nell’uomo lo stress emozionale, attraverso la mediazione di alterazioni neuroendocrine, produca un’aumentata suscettibilità alla malattia. In situazione di stress acuto entra in azione l’asse ipotalamo-ipofisi-surrene con liberazione di adrenalina e cortisolo: lievi rialzi di tali ormoni hanno un effetto potenziante la funzionalità immunitaria, contribuendo alla mobilitazione dei leucociti periferici dai depositi. Si tratta probabilmente di una risposta adattiva, al pari di altre evocate dalla situazione di stress, come l’ incremento del tono cardiovascolare e polmonare, l’aumento della pressione arteriosa, l’attivazione del sistema muscolo-scheletrico ed il miglioramento della capacità di concentrazione e dell’attenzione. Diversamente, in situazione di stress cronico, questi ormoni collocano la risposta immunitaria su una posizione inadatta sia a combattere microrganismi e tumori, sia a preservare la tolleranza immunitaria nei confronti della propria identità biologica.

In questi casi, il livello plasmatico del cortisolo può aumentare sino a triplicare i valori corrispondenti al picco circadiano, esercitando un potente effetto immunosoppressivo che contribuisce all’instaurarsi del terreno organico che rende l’individuo vulnerabile a malattie infettive spesso banali e transitorie, a volte molto più serie e compromettenti. Il sistema immunitario è anche sensibile ad altri ormoni che sono prodotti durante lo stress psicologico: il GH, il TSH, la prolattina, l’ossitocina, la vasopressina, il testosterone, le prostaglandine, gli oppioidi endogeni, la melatonina. Le risposte ormonali multiple indotte dallo stress possono essere in interrelazione tra loro, e proseguono tuttora le ricerche volte ad indagare il loro effetto metabolico ultimo a livello delle cellule immunocompetenti. Dati sperimentali e clinici mettono in evidenza che in molti casi le emozioni, i traumi, gli eventi stressanti, sono in grado di disregolare il sistema dello stress, con ripercussioni sulla funzionalità immunitaria. In conseguenza a stati di attivazione emozionale, soprattutto se intensi e protratti, sono state rilevate varie alterazioni dei parametri immunitari: depressione e ritardo nella sintesi di anticorpi, riduzione della reattività dei linfociti B e T ai mitogeni, dei fenomeni di ipersensibilità immediata e ritardata, della citotossicità NK, della produzione di interferon, del numero dei linfociti T suppressor e persino la comparsa in circolo di autoanticorpi. Ma non sempre si registrano tali variazioni: si potrebbe affermare che la reazione emozionale di per se stessa non ha un significato patogeno, ma deve essere considerata una reazione fondamentalmente adattativa e utile, in analogia allo stress fisiologico. Al contrario, assumono un significato patogenetico le modalità sbilanciate o asimmetriche di espressione emozionale. L’entità delle alterazioni biologiche, in presenza di eventi esistenziali stressanti, non è in relazione con la semplice presenza di uno stressor, con le sue caratteristiche oggettive, ma dipende anche da variabili relative all’individuo, come la valutazione cognitiva dello stimolo e la reazione emozionale che esso suscita nell’individuo, oltre che con lo stile individuale di affrontare le situazioni di stress.

Bibliografia
1.Bottaccioli F. – Psiconeuroimmunologia – Red Edizioni, Como, 1995
2.LeDoux J. – Il cervello emotivo. Alle origini delle emozioni – Baldini & Castoldi, Milano,1998
3.Pancheri P. – Stress, emozioni, malattia – EST Mondadori, Milano, 1980
4.Pearsall P. – Superimmunità – Gruppo Editoriale Armenia, Pan, Geo s.p.a., Milano, 1996

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