Marco Cedolin
Leggendo questo interessante articoletto, pubblicato ieri (e subito scomparso) sul Corriere della Sera, a riprendere un’inchiesta del Daily Mail, si fatica molto a comprendere se la Londra in oggetto sia quella dell’opulenza e della modernità contemporanea, o piuttosto quella d’inizio ottocento, quando iniziava la colonizzazione della rivoluzione industriale.
Lavoratori deputati a garantire la pulizia in occasione delle olimpiadi 2012, costretti a vivere in una sorta di lager fatiscente e maleodorante, con tanto di cancello chiuso a chiave e tassativo divieto di ricevere parenti o amici e parlare con la stampa, naturalmente per ragioni di sicurezza, dal momento che Londra 2012, prima che una festa di sport ha assunto i connotati di una fiera degli armamenti dove esporre al meglio tutto il campionario delle industrie di morte.
Capanne di lamiera arrugginita dove piove dentro, illuminate da minuscole finestre e affogate in un terreno costituito da fango e acqua stagnante. In ogni stanza ammassate dieci persone, ogni bagno lurido condiviso fra 28 lavoratori ed ogni doccia fra 75. E per godere appieno dei confort e del lusso di questo Grand Hotel una rata giornaliera di affitto di 18 sterline.
Gli schiavi del progresso arrivano a Londra da un pò tutta Europa, dalla Spagna, dall’Ungheria, probabilmente anche dall’Italia, spinti da una crisi economica costruita a tavolino e costretti ad inseguire un lavoro che non c’è. Così come ad inizio ottocento arrivavano a Manchester ed a Leeds, dove le case erano nere per il fumo, il fiume somigliava al contenuto di un bidone di vernice e la vita media era di 18 anni, cacciati a forza dai propri cottage, dalla fame e da una crisi costruita a tavolino.
Craig Lovett, responsabile della compagnia Spotless International Services che fornisce i servizi di pulizia olimpici, ha dichiarato che nonostante i bagni e le docce non siano adeguati, il campo rientra negli standard sanitari, innescando non poche perplessità sulla natura di codesti standard. E ha aggiunto che nessuno è costretto con la forza a rimanere nel campo, possono sempre andarsene, ma molti sono felici di aver trovato un lavoro data l’alta disoccupazione che affligge il nostro Paese e il resto del mondo.
Già, l’alta disoccupazione, creata con lo scopo precipuo di rendere “affascinante” anche un campo di concentramento marcescente, dove si pagano 18 sterline al giorno di affitto, pur di potere raccogliere l’immondizia delle Olimpiadi, per qualche sterlina di più.
Marco Cedolin
Tratto da
http://www.informarexresistere.fr
Leggendo questo interessante articoletto, pubblicato ieri (e subito scomparso) sul Corriere della Sera, a riprendere un’inchiesta del Daily Mail, si fatica molto a comprendere se la Londra in oggetto sia quella dell’opulenza e della modernità contemporanea, o piuttosto quella d’inizio ottocento, quando iniziava la colonizzazione della rivoluzione industriale.
Lavoratori deputati a garantire la pulizia in occasione delle olimpiadi 2012, costretti a vivere in una sorta di lager fatiscente e maleodorante, con tanto di cancello chiuso a chiave e tassativo divieto di ricevere parenti o amici e parlare con la stampa, naturalmente per ragioni di sicurezza, dal momento che Londra 2012, prima che una festa di sport ha assunto i connotati di una fiera degli armamenti dove esporre al meglio tutto il campionario delle industrie di morte.
Capanne di lamiera arrugginita dove piove dentro, illuminate da minuscole finestre e affogate in un terreno costituito da fango e acqua stagnante. In ogni stanza ammassate dieci persone, ogni bagno lurido condiviso fra 28 lavoratori ed ogni doccia fra 75. E per godere appieno dei confort e del lusso di questo Grand Hotel una rata giornaliera di affitto di 18 sterline.
Gli schiavi del progresso arrivano a Londra da un pò tutta Europa, dalla Spagna, dall’Ungheria, probabilmente anche dall’Italia, spinti da una crisi economica costruita a tavolino e costretti ad inseguire un lavoro che non c’è. Così come ad inizio ottocento arrivavano a Manchester ed a Leeds, dove le case erano nere per il fumo, il fiume somigliava al contenuto di un bidone di vernice e la vita media era di 18 anni, cacciati a forza dai propri cottage, dalla fame e da una crisi costruita a tavolino.
Craig Lovett, responsabile della compagnia Spotless International Services che fornisce i servizi di pulizia olimpici, ha dichiarato che nonostante i bagni e le docce non siano adeguati, il campo rientra negli standard sanitari, innescando non poche perplessità sulla natura di codesti standard. E ha aggiunto che nessuno è costretto con la forza a rimanere nel campo, possono sempre andarsene, ma molti sono felici di aver trovato un lavoro data l’alta disoccupazione che affligge il nostro Paese e il resto del mondo.
Già, l’alta disoccupazione, creata con lo scopo precipuo di rendere “affascinante” anche un campo di concentramento marcescente, dove si pagano 18 sterline al giorno di affitto, pur di potere raccogliere l’immondizia delle Olimpiadi, per qualche sterlina di più.
Marco Cedolin
Tratto da
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