« Le baccanti cominciano ad agitare il tirso per i loro riti...
l'eccitazione si era trasmessa all'intero bosco, alle belve:
Dioniso, la storia
Dioniso è una delle più affascinanti e contraddittorie divinità della mitologia greca.
In senso generale Egli rappresenta la prorompente energia della natura dal momento del suo risveglio, quella forza vitale e istintiva che accompagna i frutti alla maturazione, e in quanto tale è visto come una divinità benefica, da cui dipendono i doni della natura stessa.
Ma, forse perché questa energia tende a scomparire con l’inverno, gli antichi gli attribuirono anche una serie di simbologie connesse ad un’idea di sofferenza, persecuzione e follia.
Conosciuto soprattutto per aver introdotto il vino, bevanda “dionisiaca” per eccellenza, come vedremo il suo mito offre un ben più ampio simbolismo e molti sono i doni di questo Dio di sesso maschile ma dall’indole profondamente femminile, amato e odiato, più di una volta ucciso e poi rinato, simbolo della “diversità”, della follia, del piacere senza limiti e di tutto ciò che viene rinnegato soprattutto perché fa paura.
Bacco ne è il corrispettivo nell’antica Roma, Fuflunus per gli etruschi, Maimone per i sardi mentre Liber Pater è la divinità italica che gli corrisponde. continua ...
l'eccitazione si era trasmessa all'intero bosco, alle belve:
non c'era più niente di fermo, tutto si agitava in frenesia. »
(Euripide, Le Baccanti)
(Euripide, Le Baccanti)
Dioniso, la storia
La nascita
Come per molti altri dei, la maggior parte dei racconti relativi a
Dioniso riguarda la nascita e l'infanzia del dio. La versione più nota del mito
presenta la nascita di Dioniso da Zeus e da Semele, figlia del re di Tebe,
Cadmo. Poiché Zeus aveva promesso alla amata Semele di esaudire ogni suo
desiderio, la sposa di Zeus, Era, gelosa di Semele, la induce perfidamente a
chiedere al suo divino amante di mostrarsi a lei in tutto il suo splendore. Per
accontentarla Zeus le compare circondato di lampi e folgori, che inceneriscono
Semele e il suo palazzo a Tebe. Zeus salva però l'embrione di Dioniso, frutto
del suo amore con Semele e, per evitare le insidie della gelosa Era, lo cuce
nella sua coscia fino al giorno stabilito per la nascita.
Non è da escludere che le componenti di questo mito siano parte di un
nucleo pre-dionisiaco in riferimento alla divinità da cui il Dioniso
ellenizzato è derivato. La stessa coppia Semele-Dioniso, se si accetta
l'ipotesi che in origine fosse quella formata da una dea-madre e da un
dio-figlio, potrebbe essere il risultato di una associazione realizzatasi in
tutto un insieme di antichi culti pre-ellenici o anatolici. Il nome di Semele
appartiene infatti a una lingua non greca e si riferisce a una dea-terra madre
di un figlio divino. Anche in epoca tarda Dioniso sarà spesso designato con
l'appellativo di concepito nel fuoco o di nato nel
fuoco, con riferimento alla folgore di Zeus: la prima parte del suo nome sembra
infatti rinviare a una filiazione da parte del dio celeste indoeuropeo.
Tali informazioni andrebbero dunque a costituire un mito naturalistico
elementare assai plausibile. Questa componente naturalistica è però assente
dalla figura della madre Semele che, al pari di altre donne mortali, è amata da
Zeus. La sua folgorazione accentua la natura divina di Dioniso: Zeus gli fa
infatti da seconda madre e il figlio di Semele giunge a compimento nella coscia
del padre di cui sarà una promanazione diretta. Il carattere eccezionale della
filiazione sembra tuttavia soprattutto rispondere alla preoccupazione di
elevare il nuovo dio nella discendenza da Zeus, preoccupazione forse dovuta
all'antagonismo tra culti di giovani dei alla ricerca di una legittimazione. Il
racconto è inoltre da riferirsi al periodo dell'introduzione di una concezione
patriarcale nel mondo greco per cui gli dei nati da dee-madri di stampo
asiatico vengono elevati sull'Olimpo in nome di una parentela più o meno
diretta con il grande dio degli Elleni.
La nascita di Dioniso da una donna mortale rende certamente più suggestiva
la sua figura in quanto lo presenta come un immortale che pur restando tale
partecipa dell'umanità. Egli frequenta continuamente i mortali ai quali infonde
il sentimento della sua presenza reale e non si abbassa sino a loro, ma
piuttosto li innalza sino a sé; tutto il racconto costituisce inoltre un motivo
atto a suscitare emozioni nelle donne che vedevano il figlio di una come loro
elevato al grado di divinità.
Se il nome di Dioniso è poco familiare oggi, molto popolare è invece
quello di Bacco. Negli autori greci questo termine è soltanto un epiteto del
dio, estraneo tuttavia alla visione moderna e tardoantica di Dioniso come dio
del vino.
L'appellativo è comune al dio e ai suoi fedeli, i baccanti, che non
l'hanno però assunto considerandosi una momentanea incarnazione del dio, bensì
è Dioniso stesso che lo ha tratto dai suoi seguaci. Egli è insomma il baccante
per eccellenza e del resto il termine bacchos è inscindibile dal
verbo baccheuein che designa un comportamento particolare, una sorta
di trance religiosa, anche in riferimento a culti estranei al dionisismo.
Il mito dionisiaco
Dopo la nascita dalla coscia di Zeus, Dioniso viene allevato dalla zia
materna Ino e dalle ninfe della valle di Nisa. Divenuto adulto, egli percorre
il mondo insegnando agli uomini la viticultura e istituendo ovunque il suo
culto, che viene spesso avversato con l'accusa di seminare disordine e
immoralità. Nella stessa Tebe, sua patria, Dioniso è perseguitato dal re
Penteo, che ne vieta il culto, praticato soprattutto in orge notturne nelle
quali i seguaci e soprattutto le donne, dette Menadi (cioè "folli"),
svolgono cerimonie sui monti, agitando fiaccole e tirsi in preda a una
eccitazione collettiva nel corso della quale cercano la comunione con il dio a
contatto con la natura e divorando carni crude di cerbiatti dilaniati. Ma la
forza del dio è irresistibile e il suo avversario Penteo viene ucciso dalla
madre stessa.
Dioniso non è una divinità indoeuropea: le vicende della nascita e le
forme del culto lo presentano come un dio mediterraneo della natura e della
vegetazione, dio della vita e della morte, che impone il suo culto con una
potenza terribile, nella quale trovano sublimazione gli impulsi segreti della
psiche umana, che chiedono una forma periodica di liberazione perché l'uomo
possa attingere la felicità nella comunione mistica con il dio della natura.
A te che sei tutto
E di tutto l’estremo contrario
Non è facile
Levare il canto
Per i molti tuoi doni
E gli insondabili abissi
Tra cui ti nascondi
E di tutto l’estremo contrario
Non è facile
Levare il canto
Per i molti tuoi doni
E gli insondabili abissi
Tra cui ti nascondi
Dioniso è una delle più affascinanti e contraddittorie divinità della mitologia greca.
In senso generale Egli rappresenta la prorompente energia della natura dal momento del suo risveglio, quella forza vitale e istintiva che accompagna i frutti alla maturazione, e in quanto tale è visto come una divinità benefica, da cui dipendono i doni della natura stessa.
Ma, forse perché questa energia tende a scomparire con l’inverno, gli antichi gli attribuirono anche una serie di simbologie connesse ad un’idea di sofferenza, persecuzione e follia.
Conosciuto soprattutto per aver introdotto il vino, bevanda “dionisiaca” per eccellenza, come vedremo il suo mito offre un ben più ampio simbolismo e molti sono i doni di questo Dio di sesso maschile ma dall’indole profondamente femminile, amato e odiato, più di una volta ucciso e poi rinato, simbolo della “diversità”, della follia, del piacere senza limiti e di tutto ciò che viene rinnegato soprattutto perché fa paura.
Bacco ne è il corrispettivo nell’antica Roma, Fuflunus per gli etruschi, Maimone per i sardi mentre Liber Pater è la divinità italica che gli corrisponde. continua ...
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