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mercoledì 9 ottobre 2013

PRECARI, FIGLI DI UN RICATTO

di Redazione Cadoinpiedi.it 

La disoccupazione giovanile in Italia è arrivata al 40%. E' il punto più basso dal 1977. E non è solo colpa della crisi economica. Perché dove il lavoro c'è, quasi sempre è a termine e sottopagato. Di chi è la colpa? E come sopravvivere? Ne abbiamo parlato con Giuseppe Allegri e Roberto Ciccarelli, autori di Il Quinto Stato (Ponte alle Grazie).

PRECARI, FIGLI DI UN RICATTOIl tasso di disoccupazione giovanile ha superato in Italia per la prima volta il 40%. È il dato peggiore dal 1977, secondo quanto ha spiegato l'Istat. E le brutte notizie non sono finite. Il Cnel, nel suo rapporto annuale, ha certificato che sono stati persi nell'ultimo anno un milione di posti di lavoro. La parte della forza-lavoro potenzialmente più produttiva si è ridotta tra il 2010 e il 2013 di quasi un sesto: da 6,3 milioni si è scesi a 5,3 milioni di occupati, ovviamente a causa della crisi economica. Ma non solo. E lì dove il lavoro c'è, è quasi sempre precario e sottopagato. Di chi è la colpa? E come sopravvivere? Ne abbiamo parlato con Giuseppe Allegri e Roberto Ciccarelli, autori di Il Quinto Stato, edito da Ponte Alle Grazie.

D: La disoccupazione aumenta e il lavoro, quando c'è, è sempre più precario. Ma l'incertezza in cui i giovani italiani si muovono oggi è colpa della politica e dei "cattivi imprenditori" o di un mercato del lavoro che sta cambiando?
Ciccarelli: Gli imprenditori, soprattutto piccoli e medi, hanno l'abitudine di abbassare il costo del lavoro e sfruttare la manodopera "usa e getta". La politica ha fatto tanti errori, il principale, commesso con il pacchetto Treu, è che esistono tanti contratti atipici e nessun tipo di tutela, e dopo non si è rimediato a questo.
Allegri: Le trasformazioni del capitalismo portano inevitabilmente da una parte a condizioni di maggiore inoccupazione, e dall'altra a forme del lavoro sempre più intermittenti e flessibili. Il punto è che il precariato non dovrebbe essere solo perdita di diritti e garanzie, ed è qui che la politica è responsabile.

D: Ma i giovani sognano ancora il posto fisso o c'è chi tutto sommato nella temporaneità dei rapporti di lavoro si trova bene?
Ciccarelli: Il posto fisso sembra una verità intramontabile, ma complice questa crisi difficilmente troverà un futuro. I giovani forse lo sognano, ma vedo nascere un atteggiamento sempre più pragmatico e anche disilluso, per cui se il posto fisso non c'è, meglio inventarsi qualcosa. Il punto è che bisognerebbe essere trattati in maniera degna, con retribuzione, pensione, garanzie di inserimento e reinserimento nel mondo del lavoro.
Allegri: Se diritti e garanzie passano ancora per il "posto fisso" anche le persone più indipendenti si trovano costrette a elemosinare qualsiasi lavoro pur di accedere a quella cittadinanza. Bisognerebbe ribaltare il discorso: il paradigma della cittadinanza dovrebbe passare anche per il lavoro atipico come già avviene in Europa.

D: Il precariato ha solo svantaggi o può avere anche dei risvolti positivi?
Ciccarelli: Il precariato in Italia porta alla marginalizzazione, cui si sfugge solo lavorando da poveri. Non c'è via d'uscita perché il paese è ostile a qualsiasi forma di inclusione di questi lavoratori, di lungimiranza. Da qui non si scappa finché questa struttura non verrà ribaltata, e non ci sono al momento forze in grado di farlo. Così come stanno le cose, il precariato non lascia speranza, serve una rivoluzione.
Allegri: Il precariato è figlio di un ricatto, dell'impossibilità di dire di no, e di praticare l'intermittenza sul lavoro facendo leva su diritti e garanzie che ti rendano più forte e meno solo, e riconoscere che questi strumenti permettono alle persone di essere un pochino più libere. Qui si sente la mancanza di una politica concreta che tuteli l'autonomia del lavoratore.

D: In questa situazione, che può fare il Quinto Stato per difendersi?
Ciccarelli:
Penso a forme di collaborazione, di condivisione di spazi e progetti, ma bisogna consolidare questa mentalità. Non tutti sognano di fare gli imprenditori, o di metter su una start up creativa. La soluzione più a portata di mano è quella dell'autotutela, e andrebbe considerata dalla politica, ma soprattutto serve una cultura che la legittimi.
Allegri: Si potrebbero riscoprire le forme di cooperazione sociale che permettono di uscire dall'individualismo del trentenne neoliberale, penso alle sperimentazioni sul co-working, e in generale mettersi insieme per ridurre i costi e migliorare le condizioni dei lavoratori. Bisognerebbe riscoprire l'origine del lavoro industriale, il mutuo soccorso, il sindacato come struttura orizzontale e diffusa che permetta un'immediata auto-organizzazione del lavoro. Sono tutte possibilità che per ora sono a livello sperimentale, ma che potrebbero arricchirsi dell'incontro con i datori di lavoro e magari di un'utilizzo innovativo dei fondi europei.

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