In un microcosmo sclerotico, gerarchico, ipocrita e dogmatico come la curia vaticana, ove nel passato e ancora oggi può avvenire e di fatto avviene di tutto purché non trapeli nulla fuori da quelle mura, ebbene proprio lì finalmente vale una volta di più la saggezza di “oportet ut scandala eveniant”. Sì, poiché in un mondo ingessato, pietrificato, imbalsamato sui loro canoni narcisistici e autoreferenziali, si vorrebbe, e si pretende, che un papa non possa comportarsi da individuo, lui, ritenuto come i centauri mezzo divino e mezzo umano, non dovrebbe potersi permettere di ricorrere ad un istituto, le dimissioni, che sa di codice civile o di contratto collettivo sindacale.
Il mondo vaticano e cattolico, con crudeltà circense, avrebbe di gran lunga propeso per una pantomima macabra come quella che Wojtyła, da quel grande attore consumato che era, istrionico, affabulatore, esibizionista e malato di protagonismo a fini di proselitismo, recitò negli ultimi periodi di malattia davanti alle telecamere delle TV mondiali, trascinandosi, con maestria, stanco e sofferente con un pastorale o una croce in mano per la gioia dei portatori di cilicio e del variegato masochismo missionario.
No, Ratzinger non ama calcare il proscenio della cronaca, meno ancora quella da grand guignol che sarebbe piaciuto al pubblico di piazza S. Pietro, e d’un tratto ha saputo interpretare lo zeitgeist, lo spirito del tempo, quello che viviamo, quello dei diritti della persona, quello che sancisce le scelte individuali, quello che ritiene anche il potente di turno come uno di noi, dei tanti, degli uguali nei diritti e nei doveri, quello scaturito dall’Illuminismo e da liberté-egalité-fraternité.
Il colto Ratzinger ha interpretato la logica e l’etica di quella classe sociale cui, più di ogni altra, l’umanità moderna deve il contributo culturale, sia esso scientifico che umanistico: la borghesia, e da borghese ha deciso in proprio quale dovesse essere il proprio destino. Stanco per l’età, stanco di scandali e verminai di curia, lui, l’apparentemente timido uomo di chiesa, ha saputo sorprendere tutti, sfidare secolari conformismi ed optare per il proprio sé.
Ha preferito i suoi cari ozi letterari al ruolo bugiardo di un candido re nudo.
www.riflessioni.it
Il mondo vaticano e cattolico, con crudeltà circense, avrebbe di gran lunga propeso per una pantomima macabra come quella che Wojtyła, da quel grande attore consumato che era, istrionico, affabulatore, esibizionista e malato di protagonismo a fini di proselitismo, recitò negli ultimi periodi di malattia davanti alle telecamere delle TV mondiali, trascinandosi, con maestria, stanco e sofferente con un pastorale o una croce in mano per la gioia dei portatori di cilicio e del variegato masochismo missionario.
No, Ratzinger non ama calcare il proscenio della cronaca, meno ancora quella da grand guignol che sarebbe piaciuto al pubblico di piazza S. Pietro, e d’un tratto ha saputo interpretare lo zeitgeist, lo spirito del tempo, quello che viviamo, quello dei diritti della persona, quello che sancisce le scelte individuali, quello che ritiene anche il potente di turno come uno di noi, dei tanti, degli uguali nei diritti e nei doveri, quello scaturito dall’Illuminismo e da liberté-egalité-fraternité.
Il colto Ratzinger ha interpretato la logica e l’etica di quella classe sociale cui, più di ogni altra, l’umanità moderna deve il contributo culturale, sia esso scientifico che umanistico: la borghesia, e da borghese ha deciso in proprio quale dovesse essere il proprio destino. Stanco per l’età, stanco di scandali e verminai di curia, lui, l’apparentemente timido uomo di chiesa, ha saputo sorprendere tutti, sfidare secolari conformismi ed optare per il proprio sé.
Ha preferito i suoi cari ozi letterari al ruolo bugiardo di un candido re nudo.
www.riflessioni.it
Nessun commento:
Posta un commento