"THE END"

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sabato 16 febbraio 2013

Sulla psicologia delle masse

La capacità di gestione delle masse è stata in ogni tempo la principale preoccupazione per chi detiene il potere, che operi su piani visibili oppure più celati.

Governare significa infatti riuscire ad indurre all’obbedienza una grande quantità di persone, infinitamente maggiore nel numero rispetto a coloro che gli ordini li emettono, si tratta di comprendere ed applicare quei meccanismi che permettono a pochi di poter disporre e direzionare le vite dei molti.

Un compito sicuramente non semplice, che ha trovato nei secoli diversi metodi per essere portato a termine.

Benchè la violenza, la coercizione e l’intimidazione siano le modalità più sfruttate, occorre sempre tenere presente che la sproporzione tra il numero dei soggiogati rispetto a quello dei controllori ha fatto in modo che fosse richiesto anche dell’altro: in qualche modo, andava conquistata anche la volontà dei sudditi, essendo la loro predisposizione all’obbedienza necessaria per il compimento del progetto.

E tra tutti i regimi che l’umanità ha sperimentato, sicuramente quello democratico si è dimostrato il più adeguato allo scopo, dal momento che è quello che maggiormente coinvolge la massa lasciandola nella convinzione di essere essa stessa “artefice del proprio destino”.

Si tratta, in altre parole, di un piccolo capolavoro strategico.



Per tutti questi motivi lo studio di quella che la modernità ha chiamato “psicologia delle masse” è stata argomento di massimo interesse per coloro che detengono il potere, in ogni epoca, una scienza riservata a pochi e per molti secoli gelosamente custodita.

Fu solo nel XX secolo che comparvero i primi testi che si occuparono della materia in una maniera che oggi chiameremo “divulgativa”, una ricerca che ebbe il suo massimo interprete in Gustave Le Bon, autore di quel “Psicologia delle folle” che divenne il testo di riferimento di dittatori quali Mussolini, Hitler e Stalin.

Saper gestire e condizionare con successo le masse, inoltre, permette ai concorrenti dei depositari del potere di trovare lo strumento necessario per portare avanti il proprio progetto di sovversione, dal momento che i grandi ribaltamenti sociali necessitano a volte di un ampio numero di pedine sacrificabili.

La rivoluzione francese, così come quella russa, non avrebbero mai potuto avere luogo se non fosse stato per i milioni di individui convinti dagli scaltri burattinai a sacrificare le proprie vite in nome di un “ideale” più alto.



Negli estratti che seguono, il padre della psicologia moderna Sigmund Freud riprende il testo di Le Bon e lo analizza, portandone agli estremi i ragionamenti ed inserendoli all’interno della propria visione psicanalitica.

Nonostante siano passati circa cento anni dalla stesura di tale testo, e forse le “masse” del XX secolo oggi non esistono più, e benchè vi sia molto da commentare sulle teorie controverse, come minimo, dello stesso Freud, i passi riportati mantengono comunque ancora un certo interesse, e sicuramente offrono ampio materiale di riflessione.





da “Psicologia delle masse e analisi dell’io”, di Sigmund Freud.

(grassetti miei)



La massa è impulsiva, mutevole e irritabile.

E’ governata quasi per intero dall’inconscio.



A seconda delle circostanze gli impulsi cui la massa obbedisce possono essere generosi o crudeli, eroici o pusillanimi; sono però imperiosi al punto da non lasciar sussistere l’interesse personale, neanche quello dell’autoconservazione.

Nulla in essa è premeditato.

Pur potendo desiderare le cose appassionatamente, non le desidera mai a lungo, è incapace di volontà duratura.

Non tollera alcun indugio fra il proprio desiderio e il compimento di ciò che desidera.

Si sente onnipotente, per l’individuo appartenente alla massa svanisce il concetto dell’impossibile.

La massa è straordinariamente influenzabile e credula, è acritica, per essa non esiste l’inverosimile.

Pensa per immagini, che si richiamano vicendevolmente per associazione come, nel singolo, si adeguano le une alle altre negli stati di libera fantasticheria: queste immagini non vengono valutate da alcuna istanza ragionevole circa il loro accordo con la realtà.

I sentimenti della massa sono sempre semplicissimi e molto esagerati.

La massa non conosce quindi né dubbi né incertezze.

Corre subito agli estremi, il sospetto sfiorato si trasforma subito in evidenza inoppugnabile, un’antipatia incipiente in odio feroce.

Pur essendo incline a tutti gli estremi, la massa può venir eccitata solo da stimoli eccessivi.

Chi desidera agire su essa, non ha bisogno di coerenza logica fra i propri argomenti; deve dipingere nei colori più violenti, esagerare e ripetere sempre la stessa cosa.

Poiché riguardo al vero e il falso la massa non conosce dubbi ed è però consapevole della sua grande forza, essa è a un tempo intollerante e pronta a credere all’autorità.

Rispetta la forza e soggiace solo moderatamente all’influsso della bontà, che ai suoi occhi costituisce solo una sorta di debolezza.

Ciò che essa richiede ai propri eroi è la forza o addirittura la brutalità.

Vuole essere dominata ed oppressa e temere il proprio padrone.

[…]

Per giudicare correttamente la moralità della masse, occorre tener conto del fatto che, nello stare insieme degli individui riuniti in una massa, tutte le inibizioni individuali scompaiono e tutti gli istinti crudeli, brutali, distruttivi, che nel singolo sonnecchiano quali relitti di tempi primordiali, si ridestano ed aspirano al libero soddisfacimento pulsionale.

Per influsso della suggestione le masse sono però anche capaci di realizzazioni più alte, quali l’abnegazione, il disinteresse, la dedizione ad un ideale.

Mentre l’utile personale costituisce nell’individuo isolato quasi l’unico incentivo, nelle masse predomina assai di rado.

Si può parlare della moralizzazione del singolo tramite la massa.

Mentre la capacità intellettuale della massa è sempre assai inferiore a quella del singolo, il suo comportamento etico può sia superare di molto il livello di quello del singolo, sia esserne di gran lunga inferiore.

[…]

La massa soggiace inoltre alla potenza veramente magica di parole che nell’anima delle moltitudini possono provocare o placare le più formidabili tempeste.

“La ragione e gli argomenti logici non riuscirebbero a lottare contro certe parole e certe formule. Vengono pronunciate con riverenza davanti alle masse e, subito, i volti assumono una espressione di deferenza e le teste si inchinano. Molti le considerano forze della natura, potenze sovrannaturali”.

Basta in proposito rammentare i tabù dei nomi presso i primitivi, le forze magiche che per essi si riallacciano ai nomi delle parole.

Le masse infine non hanno mai conosciuto la sete della verità.

Hanno bisogno di illusioni e a queste non possono rinunciare.

L’irreale ha costantemente in esse la precedenza sul reale, soggiacciono all’influsso di ciò che non è vero quasi altrettanto che a quello di ciò che è vero.

Hanno l’evidente tendenza a non fare alcuna distinzione tra i due.



si veda anche:


http://www.santaruina.it

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