La capacità di gestione delle masse è stata in ogni tempo la
principale preoccupazione per chi detiene il potere, che operi su piani
visibili oppure più celati.
Governare significa infatti riuscire ad indurre
all’obbedienza una grande quantità di persone, infinitamente maggiore nel
numero rispetto a coloro che gli ordini li emettono, si tratta di comprendere
ed applicare quei meccanismi che permettono a pochi di poter disporre e
direzionare le vite dei molti.
Un compito sicuramente non semplice, che ha trovato nei
secoli diversi metodi per essere portato a termine.
Benchè la violenza, la coercizione e l’intimidazione siano
le modalità più sfruttate, occorre sempre tenere presente che la sproporzione
tra il numero dei soggiogati rispetto a quello dei controllori ha fatto in modo
che fosse richiesto anche dell’altro: in qualche modo, andava conquistata anche
la volontà dei sudditi, essendo la loro predisposizione all’obbedienza
necessaria per il compimento del progetto.
E tra tutti i regimi che l’umanità ha sperimentato,
sicuramente quello democratico si è dimostrato il più adeguato allo scopo, dal
momento che è quello che maggiormente coinvolge la massa lasciandola nella
convinzione di essere essa stessa “artefice del proprio destino”.
Si tratta, in altre parole, di un piccolo capolavoro
strategico.
Per tutti questi motivi lo studio di quella che la modernità
ha chiamato “psicologia delle masse” è stata argomento di massimo interesse per
coloro che detengono il potere, in ogni epoca, una scienza riservata a pochi e
per molti secoli gelosamente custodita.
Fu solo nel XX secolo che comparvero i primi testi che si
occuparono della materia in una maniera che oggi chiameremo “divulgativa”, una
ricerca che ebbe il suo massimo interprete in Gustave Le Bon, autore di quel
“Psicologia delle folle” che divenne il testo di riferimento di dittatori quali
Mussolini, Hitler e Stalin.
Saper gestire e condizionare con successo le masse, inoltre,
permette ai concorrenti dei depositari del potere di trovare lo strumento
necessario per portare avanti il proprio progetto di sovversione, dal momento
che i grandi ribaltamenti sociali necessitano a volte di un ampio numero di
pedine sacrificabili.
La rivoluzione francese, così come quella russa, non
avrebbero mai potuto avere luogo se non fosse stato per i milioni di individui
convinti dagli scaltri burattinai a sacrificare le proprie vite in nome di un
“ideale” più alto.
Negli estratti che seguono, il padre della psicologia
moderna Sigmund Freud riprende il testo di Le Bon e lo analizza, portandone
agli estremi i ragionamenti ed inserendoli all’interno della propria visione
psicanalitica.
Nonostante siano passati circa cento anni dalla stesura di
tale testo, e forse le “masse” del XX secolo oggi non esistono più, e benchè vi
sia molto da commentare sulle teorie controverse, come minimo, dello stesso
Freud, i passi riportati mantengono comunque ancora un certo interesse, e
sicuramente offrono ampio materiale di riflessione.
da “Psicologia delle masse e analisi dell’io”, di Sigmund
Freud.
(grassetti miei)
La massa è impulsiva, mutevole e irritabile.
A seconda delle circostanze gli impulsi cui la massa
obbedisce possono essere generosi o crudeli, eroici o pusillanimi; sono però
imperiosi al punto da non lasciar sussistere l’interesse personale, neanche
quello dell’autoconservazione.
Nulla in essa è premeditato.
Pur potendo desiderare le cose appassionatamente, non le
desidera mai a lungo, è incapace di volontà duratura.
Non tollera alcun indugio fra il proprio desiderio e il
compimento di ciò che desidera.
Si sente onnipotente, per l’individuo appartenente alla
massa svanisce il concetto dell’impossibile.
La massa è straordinariamente influenzabile e credula, è
acritica, per essa non esiste l’inverosimile.
Pensa per immagini, che si richiamano vicendevolmente per
associazione come, nel singolo, si adeguano le une alle altre negli stati di
libera fantasticheria: queste immagini non vengono valutate da alcuna istanza
ragionevole circa il loro accordo con la realtà.
I sentimenti della massa sono sempre semplicissimi e molto
esagerati.
La massa non conosce quindi né dubbi né incertezze.
Corre subito agli estremi, il sospetto sfiorato si trasforma
subito in evidenza inoppugnabile, un’antipatia incipiente in odio feroce.
Pur essendo incline a tutti gli estremi, la massa può venir
eccitata solo da stimoli eccessivi.
Chi desidera agire su essa, non ha bisogno di coerenza
logica fra i propri argomenti; deve dipingere nei colori più violenti,
esagerare e ripetere sempre la stessa cosa.
Poiché riguardo al vero e il falso la massa non conosce
dubbi ed è però consapevole della sua grande forza, essa è a un tempo
intollerante e pronta a credere all’autorità.
Rispetta la forza e soggiace solo moderatamente all’influsso
della bontà, che ai suoi occhi costituisce solo una sorta di debolezza.
Ciò che essa richiede ai propri eroi è la forza o
addirittura la brutalità.
Vuole essere dominata ed oppressa e temere il proprio
padrone.
[…]
Per giudicare correttamente la moralità della masse, occorre
tener conto del fatto che, nello stare insieme degli individui riuniti in una
massa, tutte le inibizioni individuali scompaiono e tutti gli istinti crudeli,
brutali, distruttivi, che nel singolo sonnecchiano quali relitti di tempi
primordiali, si ridestano ed aspirano al libero soddisfacimento pulsionale.
Per influsso della suggestione le masse sono però anche
capaci di realizzazioni più alte, quali l’abnegazione, il disinteresse, la
dedizione ad un ideale.
Mentre l’utile personale costituisce nell’individuo isolato
quasi l’unico incentivo, nelle masse predomina assai di rado.
Si può parlare della moralizzazione del singolo tramite la
massa.
Mentre la capacità intellettuale della massa è sempre assai
inferiore a quella del singolo, il suo comportamento etico può sia superare di
molto il livello di quello del singolo, sia esserne di gran lunga inferiore.
[…]
La massa soggiace inoltre alla potenza veramente magica di
parole che nell’anima delle moltitudini possono provocare o placare le più
formidabili tempeste.
“La ragione e gli argomenti logici non riuscirebbero a
lottare contro certe parole e certe formule. Vengono pronunciate con riverenza
davanti alle masse e, subito, i volti assumono una espressione di deferenza e
le teste si inchinano. Molti le considerano forze della natura, potenze
sovrannaturali”.
Basta in proposito rammentare i tabù dei nomi presso i
primitivi, le forze magiche che per essi si riallacciano ai nomi delle parole.
Le masse infine non hanno mai conosciuto la sete della
verità.
Hanno bisogno di illusioni e a queste non possono
rinunciare.
L’irreale ha costantemente in esse la precedenza sul reale,
soggiacciono all’influsso di ciò che non è vero quasi altrettanto che a quello
di ciò che è vero.
Hanno l’evidente tendenza a non fare alcuna distinzione tra
i due.
si veda anche:
http://www.santaruina.it
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